Religione e società in Croazia
Con la perdita – possibilità da non escludersi – della partecipazione al potere politico delle forze leali alla Chiesa, le ambizioni di costituire un’egemonia spirituale diverrebbero irraggiungibili
L’ingerenza della Chiesa cattolica nella vita politica della Croazia, le critiche al governo, la paura di perdere una posizione di riguardo nella partecipazione al potere politico. E viceversa i timori del governo per un rafforzamento dell’influenza della Chiesa sulla popolazione.
L’articolo si potrebbe intitolare anche "La Chiesa cattolica e la società in Croazia" perché le altre comunità religiose, con eccezione della Chiesa ortodossa serba di Croazia che però ha rilevanza soprattutto per le relazioni interetniche, non hanno molta influenza nella e sulla società croata. Secondo il censimento del 1991 più dell’80% della popolazione si era dichiarata di fede cattolica. La percentuale è ora aumentata a più del 90%. Secondo indagini statistiche, la percentuale dei cattolici praticanti si trova tra il 30 e il 75% a seconda delle aree geografiche del paese. Questo divario dipende dalle differenze culturali esistenti tra la costa adriatica settentrionale e le zone confinanti con l’Erzegovina, ma anche tra le zone urbane e quelle rurali.
Ingerenza legalizzata?
La Chiesa cattolica ha svolto un ruolo importante nell’ascesa dell’HDZ al potere. Dal secondo dopoguerra, con il costituirsi della Federazione Socialista Jugoslava, essa era guardata in primo luogo in veste anticomunista perché contraria al processo di laicizzazione in corso, ma anche fonte del nazionalismo croato insito nel sentire religioso popolare. Al contrario, negli anni novanta il governo dell’HDZ firmò un Concordato con la Santa Sede, grazie al quale la Chiesa gode oggi di privilegi che sotto alcuni aspetti contraddicono la definizione costituzionale della Croazia come Stato laico. Ciò offre alla Chiesa un ampio spazio di ingerenza, dal diritto di nomina degli insegnanti di religione nelle scuole pubbliche, all’ottenimento di finanziamenti statali per le attività religiose – inclusi gli stipendi per sacerdoti e assistenti pastorali-, ma anche alla dipendenza delle festività nazionali alle feste religiose definite dal Concordato. Alcuni critici definiscono la Croazia come l’ultimo Stato cattolico esistente in Europa, sebbene sia evidente che i privilegi di cui gode la Chiesa in Croazia non dipendono soltanto dal fatto che i suoi fedeli rappresentano la maggioranza assoluta della popolazione nazionale.
Dopo la svolta del 3 gennaio 2000, il nuovo governo d’orientamento laico che tra le sue fila ha anche un’importante presenza dell’HSS (partito molto vicino alla gerarchia cattolica), non ha sostanzialmente cambiato i rapporti con la Chiesa. Sotto lo slogan Pacta sunt servanta la cooperazione tra Governo e Chiesa continua, ma alcuni problemi si sono di fatto aperti. Il procedimento d’approvazione della nuova legge sulle comunità religiose, ha messo in evidenza le contraddizioni esistenti tra la definizione costituzionale dello Stato e la situazione reale che favorisce la Chiesa cattolica a discapito delle altre comunità religiose. Ecco il motivo della proposta fatta nel novembre di quest’anno da alcuni funzionari dell’SDP, che prevedeva l’introduzione del modello italiano di finanziamento pubblico delle comunità religiose, grazie al quale ogni contribuente avrebbe potuto scegliere liberamente a quali istituzioni religiose versare la propria quota, oppure allo Stato come contributo umanitario. Così, la Chiesa cattolica non godrebbe più un finanziamento automatico da parte dei cittadini indipendentemente dalla loro appartenenza alla Chiesa. Ma sono scattate subito le prime dure reazioni contrarie. Innanzitutto da parte dell’HSS, secondo il quale i fedeli pagano già contributi e tasse aggiuntive per le specifiche necessità religiose. Ma anche la Chiesa, per voce del Vicario generale della diocesi di Spalato – Don Ivan Cubelic, ha dichiarato che la Croazia è un paese troppo piccolo per l’applicazione efficiente di questo modello, senza peraltro spiegare le ragioni di questa valutazione. Prevale, come sembra, il timore che l’introduzione della libera scelta dimostrerebbe il reale spessore del cattolicesimo croato, secondo cui non più del 50% dei cattolici dichiarati sarebbero disposti a pagare per le spese ecclesiastiche. In seguito alle critiche, i funzionari dell’SDP hanno infine rinunciato alla proposta di legge.
L’altro argomento che ha provocato una forte discussione pubblica, è la proposta inserita nel bilancio statale del 2002 secondo la quale il Ministero della difesa dovrebbe finanziare la costruzione della sede dell’Ordinariato militare, utilizzando i fondi che stanno sotto la voce "armamento militare". Le critiche nate in seguito alla proposta, finora sembrano non aver portato ad alcuna modifica del bilancio.
Le critiche al Governo…
Il problema centrale nei rapporti tra Governo e Chiesa deriva dalla lettera pastorale sottoscritta da parte del presidente della Conferenza episcopale croata Josip Bozanic, arcivescovo di Zagabria. L’anniversario dell’enciclica Rerum novarum ha rappresentato per i vescovi l’occasione di sottoporre a critica la politica governativa sociale. Infatti, secondo i vescovi, il Governo non tiene conto nelle sue politiche dei valori della solidarietà e della giustizia sociale. Il Ministro del lavoro e dell’assistenza sociale – Davorko Vidovic dell’SDP, ha reagito in modo alquanto duro, rispondendo che la Chiesa dovrebbe prima rinunciare ai privilegi che attualmente possiede, per avere il diritto morale di valutare la politica sociale perseguita dal Governo. Inoltre molti critici appartenenti agli ambienti governativi hanno insistito sulla somiglianza – se non sulla similitudine d’impostazione – tra le critiche provenienti dall’ambiente episcopale e le critiche che arrivano dagli esponenti della destra radicale. Sembra che nelle file governative stia crescendo la paura del rafforzamento dell’influenza della Chiesa sulla popolazione, quest’ultima delusa dallo scarso miglioramento della qualità della vita, dalla mancata revisione del processo di privatizzazione e dallo stato di costante corruzione esistente nel paese.
Effettivamente va detto che da un lato il Governo non tiene conto della Chiesa nell’elaborazione delle proprie politiche sociali ed economiche, quando invece una cooperazione tra i soggetti potrebbe essere utile per tutta la società in generale. D’altro canto però concede alla Chiesa ampi spazi d’influenza nell’ambito dell’educazione pubblica e nelle varie dimensioni della vita civile, togliendo quindi allo Stato la possibilità di definirsi realmente laico. Con questi presupposti si comprende il motivo della complessa relazione esistente tra Stato e Chiesa in Croazia. In ogni caso nessuno pensa alla revisione del Concordato, anzi si può dire che su questo piano esiste un consenso tra Chiesa e Governo, nonostante le pressioni di alcune forze civiche che vorrebbero vedere la società croata liberata dal patronato ecclesiastico.
…e la Chiesa divisa al suo interno
Esiste peraltro un certo numero di vescovi, soprattutto gli Arcivescovi Josip Bozanic e Ivan Devcic, che si mostrano sinceramente convinti della possibilità che la Chiesa diventi sede morale di "redenzione", fedele ai valori della giustizia sociale e della solidarietà, disgiunta dalla realtà politica. Altri vescovi però, specialmente l’ala radicale condotta dall’Arcivescovo di Spalato Marin Barisic e dal Vescovo militare Juraj Jezerinac, dimostrano chiaramente le proprie ambizioni politiche. Non vogliono soltanto costituire un potere ecclesiastico "al di sopra" della società, in grado di imporre la dottrina morale cattolica a tutti i cittadini (come la cancellazione del diritto all’aborto, il controllo dell’insegnamento scolastico, ecc) e su questo piano probabilmente ottenere consenso nella gerarchia cattolica croata, ma mirano anche ad obiettivi politici in senso stretto. E cioè il governo attuale deve essere rovesciato perché non è sufficientemente patriottico ed è parzialmente ateo, dimostrando che esiste un’evidente nostalgia dei "bei tempi" del governo Tudjman. Alcuni critici hanno sottolineato che la Chiesa ha più o meno taciuto quando venivano commessi crimini di guerra contro cittadini di differente etnia, e alcuni dei loro rappresentanti hanno dato esplicitamente sostegno a chi ha utilizzato toni e azioni di odio e vendetta. Ancor’oggi la Chiesa tace sui disastri economici provocati dal governo Tudjman, e continua a gettare la responsabilità sulle forze politiche comuniste o a considerare la situazione attuale conseguenza degli anni di governo comunista.
Non c’è però consenso tra i vescovi su quali siano le forze politiche meritevoli di fiducia e di sostegno. La situazione incerta ha provocato l’intervento del presidente dell’HSS e del Sabor – Zlatko Tomcic – che hanno proposto una nuova coalizione governativa: HSS-HSLS-DC ed eventualmente l’HDZ se prendesse le distanze dalla destra estrema. Tomcic ha avuto alcuni colloqui segreti con i maggiori esponenti della Chiesa in Croazia, chiedendo loro il sostegno alla sua proposta. Lui si dichiara seguace della dottrina sociale cattolica e perciò crede di poter diventare un protagonista dell’alternativa politica accettabile per la Chiesa. Il membro del suo partito – Vladimir Strugar – in qualità di Ministro dell’educazione pubblica ha dimostrato una lealtà massima alla Chiesa, promettendo alle ambiziose frange ecclesiastiche di porre l’educazione sotto il controllo clericale. Ma i vescovi non sono ancora d’accordo sul da farsi. Alcuni di loro vogliono che l’HDZ, nella versione radicale e con l’appoggio della destra più estrema, ritorni al potere. Secondo il giornalista specializzato in questioni ecclesiastiche – Darko Pavicic – questa è la posizione della maggioranza dei vescovi croati, ma che si trova contraria il vertice della gerarchia e della Santa Sede. Perciò, un consenso sull’intervento diretto della Chiesa nella lotta per il potere statale potrebbe basarsi sull’appoggio all’"alternativa moderata" offerta da Tomcic.
Oggi la proposta sembra essere ancora prematura. La Chiesa rimane, come spesso succede, molto prudente, anche se in caso di un aumento delle controversie tra il Governo di Ivica Racan e la Chiesa, i vescovi sceglierebbero per l’alternativa. Ma questa decisione potrebbe essere molto rischiosa per la Chiesa, che mira innanzitutto all’egemonia spirituale – non ancora raggiunta – del paese attraverso la pratica della religiosità più tradizionale e formale.
Con la perdita – possibilità da non escludersi – della partecipazione al potere politico delle forze leali alla Chiesa, le ambizioni di costituire un’egemonia spirituale diverrebbero irraggiungibili, con il rischio di arrivare anche all’emarginazione definitiva della Chiesa stessa e alla diminuzione dei fedeli praticanti. Perciò la Chiesa cerca di non correre troppi rischi e continua a muoversi con cautela, sperando di affermarsi come centro del potere spirituale nella società croata continuando a strumentalizzare il potere politico. Come dice un ecclesiastico conservatore, Don Zivko Kustic, in questo momento sarebbe necessario assicurare alla Chiesa una posizione extrapartitica e indipendente. Secondo Kustic, ciò sarebbe possibile tramite la costituzione di circoli politici trans-partitici d’orientamento cattolico, cioè costituiti da parlamentari e uomini politici appartenenti ai diversi partiti che hanno in comune la fede cattolica. I circoli dovrebbero orientarsi in primo luogo alla formazione di politici cattolici i quali, ispirati dalla dottrina ecclesiastica, non parlerebbero in nome della Chiesa ma agirebbero soltanto sulla base dell’insegnamento cattolico.
Un passo verso la clericalizzazione della politica e della società croata? C’e qualche cosa da fare contro la secolarizzazione progressiva? Le questioni restano aperte.
Vedi anche:
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