Il Montenegro è un paese senza giustizia
Intervista con Milka Tadić Mijović, una delle giornaliste di punta del Montenegro, presidentessa del Center for Investigative Journalism, da sempre in prima linea nella lotta per un paese migliore e per la difesa della libertà di espressione
Milka Tadić Mijović è una donna coraggiosa. Da più di trent’anni è in prima linea nella lotta per un Montenegro migliore, per un paese che non sia solo a parole europeo e filo-occidentale e in cui lo stato di diritto e la democrazia funzionale siano la quotidianità e non una chimera. Tadić Mijović è stata tra i fondatori del settimanale Monitor e dell’Associazione per l’Iniziativa Democratica Jugoslava (UJDI) – durante il tramonto sanguinoso dell’ex Jugoslavia – e tra gli attivisti contro la guerra. Per dieci anni ha combattuto contro il regime di Slobodan Milošević alla fine del 20esimo secolo, mentre negli ultimi 15 anni si è opposta al “captured state” di Milo Đukanović.
In questa intervista, la presidentessa del Center for Investigative Journalism (CIN) in Montenegro parla degli attacchi ai giornalisti, della loro posizione, nonché dei problemi che devono affrontare il Montenegro e il nuovo governo nell’operazione di smantellamento della fitta rete di relazioni legate al regime trentennale del Partito Democratico dei Socialisti (DPS), in particolare nella magistratura.
Perché i giornalisti in Montenegro sono così spesso bersaglio di aggressioni verbali e anche fisiche? Tra l’altro anche lei è stata aggredita verbalmente di recente…
Il Montenegro è tra gli ultimi paesi in Europa nell’indice di libertà di Reporter Senza Frontiere. Uno dei motivi è il gran numero di attacchi ai giornalisti che sono rimasti irrisolti: da Duško Jovanović a Olivera Lakić. Il mio caso non era così grave e pericoloso. Resta il fatto che i giornalisti ed i media ricevono molte minacce e pressioni. Il problema più grande non sono i continui attacchi, ma in nessuno di questi gravi episodi si vada a processo. La diffusa impunità è la ragione per cui ci sono così tanti attacchi ai giornalisti. Nessuno ha paura di aggredire i giornalisti perché nessuno è stato portato in tribunale, e quindi men che meno condannato. Quando vengono trovati accidentalmente gli autori di atti criminali contro i giornalisti, non vengono trovati i mandanti o coloro che stanno realmente dietro. L’obiettivo degli attacchi sono puntualmente persone e media che indagano sui legami tra la criminalità organizzata e i politici di spicco. I direttori del quotidiano montenegrino Dan e il settimanale croato Nacional (Duško Jovanović e Ivo Pukanić) sono stati uccisi. Anche Olivera Lakić ha scritto di loro e le hanno sparato. Il Montenegro è uno degli esempi più tragici di collusione e cooperazione di politica e criminalità organizzata. Questa connessione è così forte che spesso non è possibile tracciare il confine netto tra queste due realtà.
Quindi il problema è la magistratura che non fa il proprio lavoro?
Uno dei problemi chiave è la magistratura. Il nostro paese, come disse una volta Milovan Đilas, è “una terra senza giustizia”. La magistratura in Montenegro era ed è tuttora sotto il controllo della politica e talvolta sotto il controllo delle strutture criminali. I negoziati di adesione all’UE sono diventati i più lunghi della storia proprio perché la magistratura è un vero cancro nel nostro sistema. Non si riesce a dar vita nemmeno al principio dello stato di diritto in Montenegro.
La nomina di un nuovo Consiglio nazionale della magistratura inquirente è una precondizione per avviare la creazione dello stato di diritto?
Il precedente regime ha perso il potere alle elezioni del 30 agosto dell’anno scorso, ma non la sua forza. Loro hanno mantenuto le principali leve del potere economico e il controllo delle istituzioni. Il fatto stesso che un anno dopo le elezioni il nuovo esecutivo e la maggioranza non abbiano avuto la forza di fare sostanziali cambiamenti è sufficientemente eloquente. Questo la dice lunga su quanto sia difficile smantellare questo sistema che ha controllato tutto nel paese per 30 anni. Il capo procuratore e la procura indipendenti sarebbe il primo passo importante nella creazione dello stato di diritto. Non abbiamo mai avuto dei procuratori che non fossero controllati dalle élite politiche. Sarebbe davvero un grande passo avanti non solo per migliorare la situazione interna in Montenegro, ma anche una forte spinta verso l’adesione all’UE. Penso che chi ha perso il potere farà di tutto per non perdere il controllo della magistratura.
Quindi si può dire che il DPS di Đukanović, e gli altri partiti che facevano parte delle coalizioni governative nei decenni precedenti, parlavano usando un linguaggio europeo mentre governavano in modo autoritario?
Sì, si potrebbe dire. Il modo in cui governavano era assolutamente autoritario. Noi non abbiamo una democrazia che funziona. È altrettanto vero che tutte le priorità di politica estera del Montenegro coincidono con le priorità dell’UE e degli USA. Ed è stato questo orientamento a mantenere il DPS al potere. L’Occidente ha sostenuto a lungo il governo del DPS, che ha usato questo appoggio come una delle principali leve per rafforzare il potere. La retorica del precedente governo era europea, ma la pratica era autoritaria. Si potrebbe dire che il Montenegro avesse un sistema che coincideva con quelli creati nelle ex repubbliche sovietiche, Kazakistan, Azerbaijan. Un gruppo esiguo di persone detiene il potere sia politico che economico.
Quindi qualcuno ha Aliyev, qualcuno Nazarbaev e il Montenegro Đukanović…
Se si guarda attentamente chi sono i maggiori investitori in Montenegro, si nota che provengono proprio da tali paesi. Abbiamo appena completato una indagine su investimenti e investitori in Montenegro. Quella ricerca ha mostrato che erano per lo più vari Aliyev, e oligarchi russi. Comunque una larga maggioranza di persone dell’est. La spiegazione è molto semplice: il modo di fare impresa e di gestire un’impresa è simile se non identico alle logiche applicate dal vecchio regime in Montenegro. Quindi, se si vuole portare a termine un affare, non è necessario avere conoscenze, competenze, un buon progetto, capacità di far fronte agli obblighi, essere competitivi. No, l’unica cosa importante è avere un buon legame con le massime autorità, ovvero il numero di telefono della persona giusta con cui parlare. Subito si spalanca la porta della posizione privilegiata sul mercato, negli affari con lo stato, ecc.
Torniamo alla posizione dei giornalisti e dei media in Montenegro. Sembra paradossale, ma nonostante la grande pressione, gli attacchi e persino gli omicidi, abbiamo ancora media professionali e indipendenti in Montenegro ed è un fatto di cui non possono vantarsi in molti nei Balcani occidentali. Come spieghi questo piccolo paradosso?
La cosa fondamentale è che in Montenegro i media accreditati negli anni ’90 come pacifisti sono riusciti a sopravvivere. A differenza per esempio di B92 in Serbia, i media montenegrini sono riusciti a sopravvivere e preservare una politica editoriale indipendente. Grazie a questo fatto abbiamo un paio di media professionali in Montenegro. Tuttavia, sono i colleghi impegnati nel giornalismo investigativo a subire la pressione maggiore. Succede anche che i giornalisti che hanno opinioni politiche forti siano sotto attacco. In altre parole, chiunque svolga il proprio lavoro in modo professionale può essere bersagliato.
I giornalisti in Montenegro possono vivere del loro lavoro, cioè degli stipendi che si guadagnano?
Molto difficile. In Montenegro non esiste un mercato libero e concorrenza leale come negli stati che hanno una storia democratica lunga o ben radicata. Il mercato pubblicitario è tra i più controllati, e gli esponenti del governo precedente tutt’oggi hanno in mano i maggiori inserzionisti e influenzano o provano a ricattare i media. Questo è il motivo per cui i media indipendenti sono in permanente lotta per sopravvivere economicamente, questo era il caso soprattutto nel periodo precedente quando solo alcuni media selezionati potevano ottenere inserzionisti e quindi incassare i soldi. La pandemia ha ulteriormente aggravato la posizione dei giornalisti. I salari diminuiscono e il costo della vita aumenta. Di conseguenza, molti giornalisti lasciano la professione e svolgono altri lavori che possono fornire loro un’esistenza migliore. I migliori giornalisti se ne vanno, ma ciò che mi incoraggia è che spuntano giovani con grande motivazione nell’indagare e nel lavorare in questo campo. Il giornalismo, generalmente parlando, è in crisi e la professione di giornalista non è più né prestigiosa né pagata come una volta.
Infine, come vede la retorica sempre più accesa relativa all’intronizzazione del metropolita Joanikije a Cetinje? Ha qualcosa a che fare con una serie di eventi non favorevoli al vecchio regime: il nuovo Consiglio della Procura, la nuova gestione della Radio-Televisione del Montenegro, gli avvicendamenti nel CDA della Prva banka? Si sta sgretolando il potere costruito del presidente Đukanović?
C’è del vero. Ma c’è anche una grande polarizzazione nella società. E ciò non va affatto bene. Le divisioni si stanno approfondendo. Ho amici che hanno smesso di parlarmi perché pensano che abbia tradito la nazione. Questa è l’atmosfera che porta acqua al mulino di quelli che hanno governato il Montenegro per 30 anni. Il consolidamento del Montenegro e l’implementazione dell’agenda europea non sono nell’interesse del DPS. L’unica cosa che loro possono offrire è un volgare nazionalismo. Il presidente serbo Vučić, invece, soffia sulla crisi cercando di compensare la perdita del Kosovo con il Montenegro e la Republika Srpska. Ci sono diversi grandi giochi in corso che non sono, affatto, nell’interesse dei cittadini di nessun paese della regione, il problema è che non sappiamo come andrà a finire tutto questo. Spero solo che la parte brutta della nostra storia recente non si ripeta.