Morti nel canale di Otranto: intervista a Fatos Lubonja

L’Albania non è un paese in transizione verso la liberaldemocrazia. Soltanto una piccola parte della sua economia è legale. La criminalità imperversa ovunque. Parla lo scrittore Fatos Lubonja, premio Moravia 2002

14/01/2004, Claudio Bazzocchi -

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Fatos Lubonja

La seguente intervista è stata pubblicata sul quotidiano "Il Manifesto" martedì 13 gennaio con il titolo: «Ma Tirana annega nell’illegalità»

Abbiamo intervistato a partire dal tragico evento di Valona lo scrittore Fatos Lubonja, l’intellettuale albanese più lucido nell’analizzare la realtà sociale e politica del suo paese. Di Lubonja, premio Moravia nel 2002, è in uscita presso la Casa editrice il Ponte un libro intervista sulla sua storia di prigioniero politico ai tempi di Hoxha e sulla situazione attuale dell’Albania e dell’est europeo.

Claudio Bazzocchi: In Italia ci si meraviglia di quanto è successo, dal momento che si pensava che il traffico di esseri umani dall’Albania fosse un problema superato

Fatos Lubonja: Solo chi non conosce bene l’Albania, può meravigliarsene. L’Albania non è un paese in transizione che si avvia verso la liberaldemocrazia e il libero mercato. Il fabbisogno albanese è di 2 miliardi di dollari. Di questi solo 350 milioni derivano dall’economia legale. Altri 350 provengono dal traffico di droga ed esseri umani, 175 milioni dalla prostituzione e 600 dalle rimesse degli albanesi che lavorano all’estero. Il rimanente delle entrate albanesi è rappresentato dai crediti e dagli aiuti stranieri. Se queste sono le cifre come si può pensare che il traffico di esseri umani finisca? Esso è parte integrante di un’economia del genere!

CB: Ma perché comunque il fenomeno è stato meno visibile negli ultimi mesi?

FL: Il governo è stretto fra le pressioni dell’economia criminale e quelle dell’Occidente. Si è allora trovato il modo di rendere i traffici meno visibili, anche concentrandosi di più sul traffico di droga che su quello esseri umani. Dobbiamo sapere inoltre che, a differenza dei tempi di Berisha, ora tutta l’economia albanese, compresa quella criminale, è in mano a pochi monopoli, e per questo motivo le iniziative criminali sono meno visibili. Nei primi anni Novanta tu potevi vedere le persone che partivano dalle spiagge di Valona sotto gli occhi di tutti. Ora l’impresa criminale monopolista s’è fatta più accorta e nulla viene lasciato allo spontaneismo.

CB: Hai parlato di grandi monopoli criminali, e ho capito che non ti riferivi solo ai traffici

FL: Sì è così, alcuni grandi monopoli – o famiglie se preferisci – gestiscono tutta l’economia e sono i veri padroni della scena politica. In Albania non esiste il problema del crimine organizzato, l’Albania è gestita dal crimine organizzato e la classe dirigente albanese è al servizio dell’economia criminale a partire da Fatos Nano, che non può e non vuole fare nulla contro di essa. Un esempio. In Albania, gli stessi pomodori provenienti dalla Macedonia costano 4 volte di più che sul mercato bulgaro. Il perché è semplice. Il ministro dell’agricoltura Duka è quello che da anni detiene il controllo di tutto il mercato alimentare albanese e dalla sua posizione attuale di ministro dell’agricoltura si arricchisce sempre di più sulla pelle della povera gente, costretta a comprare i prodotti al prezzo deciso dal suo apparato monopolistico. Ora questo ministro è diventato anche padrone di una televisione privata ed è uno degli uomini più vicini a Fatos Nano.

CB: È ancora possibile definire il partito socialista un partito di sinistra?

FL: Assolutamente no. Se nel periodo comunista noi eravamo in un sistema caratterizzato dal massimo di eguaglianza e dal massimo di autoritarismo, ora abbiamo un sistema con il massimo di ineguaglianza e il massimo di autoritarismo, insomma un sistema fascista che attua la spoliazione sistematica delle risorse della povera gente. Sempre più businessman entrano nel partito socialista, anzi possiamo dire che ne sono i veri padroni. Non è un caso che alle ultime elezioni amministrative dell’autunno scorso la percentuale dei votanti sia stata solo del 25%. C’è una forte crisi di rappresentanza del sistema politico albanese, e la stessa base delle tradizionali roccaforti socialiste non va più a votare perché non si sente rappresentata da questi ricchissimi uomini d’affari.

CB: L’esempio di Tirana, soffocata dalla speculazione edilizia sotto la gestione di quella che era una ex giovane promessa della sinistra albanese – Edi Rama – è molto significativo da questo punto di vista

FL: Tirana è in mano a pochi grandi costruttori e ad una gigantesca speculazione edilizia, che elimina giorno per giorno gli spazi pubblici della città e non si cura affatto dei bisogni sociali della popolazione. Tu puoi vedere grandi palazzi, casermoni bruttissimi senza verde e senza servizi, grandi magazzini che nascono da un giorno all’altro, mentre i bambini non hanno scuole degne di questo nome, né servizi sanitari, biblioteche, piscine ecc… È questa la politica di sinistra del sindaco socialista di Tirana? Proprio Edi Rama è uno di quelli che nei dibattiti televisivi dice che l’Albania ha bisogno di riforme standard, che non esistono riforme di destra e di sinistra e che il pubblico va privatizzato per il bene del paese. Ovviamente non si limitano a privatizzare. Gli introiti della privatizzazione servono infatti a foraggiare una burocrazia corrotta e avventuriera, la stessa che abbiamo visto all’opera nella tragedia di sabato scorso: il capo dell’antit[]ismo, il capo della polizia stradale di Valona e il vicedirettore del porto.

CB: Possiamo allora dire che l’economia criminale ha approfittato in questi anni della deregulation imposta dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale?

FL: Sì certo, hanno approfittato dello smantellamento dello stato e delle sue prerogative, anche se va ricordato che gli albanesi all’inizio, a causa della loro chiusura precedente, non avevano una cultura civile e gli anticorpi sociali e politici in grado di controllare il potere. Diciamo che non è stato solo colpa della Banca Mondiale, anche se quello che dici è vero.

CB: Di tutto questo gli intellettuali in Albania discutono?

FL: I più sono parte del sistema, e si alimentano del sangue e del sudore della gente. I giornali in cui scrivono, le case editrici per le quali lavorano, i ristoranti e gli hotel che frequentano sono stati costruiti con i soldi del sistema di potere criminale che tiene insieme affari, politica e sistema mediatico. È il modello Berlusconi!

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