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L’iniziativa è come sempre firmata dal Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani, dall’Associazione Trentino con i Balcani, dall’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, dall’Associazione Progetto Prijedor e da Unimondo, con l’adesione di molti altri gruppi, associazioni, singole persone. Più o meno a quell’ora, quel 31 maggio, manifesteranno un altro centinaio di città europee.

Contemporaneamente, poi, migliaia di persone saranno in piazza proprio a Prijedor, città della repubblica Srpska – la parte serba della Bosna Erzegovina – , dove tutto è iniziato. Il 31 maggio del 2012, infatti, un ragazzo giovane, Emir Hodžić, si legò al braccio una fascia bianca e si mise solo, in piedi, nella piazza del municipio. Non disse nulla. Rimase zitto. Voleva protestare contro l’assordante silenzio delle autorità di Prijedor. Voleva si condividesse il ricordo di quello che era accaduto vent’anni prima, il 31 maggio 1992.

Quel giorno, a Prijedor, era arrivato l’odio. Le autorità serbe obbligarono tutti i cittadini non-serbi a mettere uno straccio o un lenzuolo bianco alle finestre di casa. Per essere riconoscibili anche fuori, in strada, furono obbligati a mettere una fascia bianca al braccio. Così, iniziò la tragedia. In pochi mesi 31.000 civili di Prijedor, tutti rigorosamente non serbo – ortodossi, vennero rinchiusi nei lager. 53.000 persone furono vittime di persecuzione e deportazione. Quelli uccisi furono 3.173. 102 erano bambini.


Video-messaggio da Edin Ramulić, promotore dell’iniziativa della Giornata Internazionale delle Fasce Bianche a Prijedor, nonché vittima diretta dell’odio che prevalse nella città negli anni ’90. Imprigionato a 22 anni dalle autorità serbe, perse il padre e il fratello che furono prima torturati e poi uccisi.

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