Zenica: i cittadini contro l’ArcelorMittal
A Zenica, in Bosnia centrale, centinaia di cittadini hanno manifestato contro l’amministrazione dell’ArcelorMittal, l’acciaieria considerata responsabile dell’intollerabile livello di inquinamento atmosferico raggiunto in città. Intervista
Abbiamo incontrato Samir Lemeš, presidente dell’associazione Eko Forum Zenica, l’organizzazione ambientalista promotrice della manifestazione di domenica scorsa
Qual è la situazione a Zenica oggi? Quale è il livello di inquinamento che è stato raggiunto attualmente in città, e quanto secondo voi sono pericolose le acciaierie della ArcelorMittal per la salute dei cittadini?
La situazione dell’inquinamento della città è disastrosa, soprattutto per via delle polveri sottili che vengono prodotte largamente dagli impianti della ArcelorMittal . A Zenica c’è una battuta che è sempre molto popolare: qui, per spolverare, si fa prima a passare con le calamite che con lo straccio. Purtroppo è molto popolare perché rappresenta una situazione reale.
Certo, il livello dell’inquinamento dipende moltissimo anche dalle condizioni meteorologiche. Non tanto dalle emissioni dell’acciaieria, perché queste purtroppo sono sempre costanti e incontrollate. Nonostante le regole che prevedono delle autorizzazioni ambientali per svolgere la propria attività economica, gli investimenti per ridurre o limitare l’impatto ambientale dell’acciaieria sono sempre stati molto limitati, contrariamente a quanto avviene in altre industrie che appartengono sempre allo stesso gruppo, ma che si trovano in altre parti d’Europa.
Avete delle statistiche che rilevano l’andamento dei casi di cancro e malattie che possono essere collegate al problema?
Uno dei criteri che possiamo usare per capire quanto è pessima la qualità dell’aria di Zenica è, per esempio, la concentrazione del diossido di solforo: la quantità di particelle di SO2 nell’aria non dovrebbe eccedere i 125 microgrammi per metro cubo, per più di 3 giorni all’anno. A Zenica, questo limite è stato superato per 131 giorni, e questo solo nella prima metà del 2014. E questo non è l’unico agente dannoso per la salute. Ancora più preoccupante è la concentrazione di benzene, sulla quale malauguratamente non abbiamo alcun tipo di statistica. Le fonti principali per questo tipo di agente chimico sono le fornaci dell’acciaieria e le centrali a carbone, che vengono spesso usate per produrre energia in Bosnia Erzegovina.
Per quanto riguarda le statistiche sull’aumento del numero di casi di cancro, purtroppo, come è noto queste non sono disponibili, perché l’Istituto cantonale di Salute Pubblica non fornisce questo tipo di informazioni. Nemmeno le autorità sanitarie hanno rivelato questi dati, nonostante un tempo ci fosse solitamente un report, che dimostrava l’incremento dei casi di cancro mortali .
Abbiamo richiesto a più riprese informazioni riguardo ai problemi di salute causati dall’inquinamento in città (problemi genetici, cardiovascolari, respiratori, dell’apparato digestivo e – per l’appunto – tumori), ma non siamo mai riusciti a ottenere riposte adeguate da parte delle istituzioni.
Questa non è la prima volta che organizzate una protesta contro l’acciaieria. A oggi, ci sono delle richieste da parte vostra che sono state accolte? Come siete stati trattati dalle istituzioni e dall’amministrazione dell’impianto?
La nostra prima protesta risale ormai al dicembre 2012. Qualche piccolissimo risultato è stato ottenuto, ma si tratta di poca cosa: ora, se non altro, le autorità cominciano a rispondere alle nostre lettere di protesta, che fino a qualche tempo fa rimanevano sostanzialmente ignorate. Soprattutto, nel dicembre 2013 è entrato in funzione un sistema di controllo dell’aria. Quando la concentrazione di SO2 nell’aria ha superato i 1.400 microgrammi per metro cubo, le autorità hanno dichiarato lo stato d’emergenza, alla cittadinanza venne consigliato di rimanere all’interno delle proprie abitazioni oppure di recarsi nelle montagne. Pure i responsabili dell’inquinamento furono costretti a prendere delle misure, come per esempio diminuire la produzione, sostituire il carbone con il legname. In quel caso, la situazione migliorò nel giro di ore. Il che dimostra che migliorare la qualità dell’aria di Zenica è possibile.
Certo, tutto ciò ha un costo. E le autorità fino a questo momento non hanno dimostrato di saper stare dalla parte dei cittadini. Abbiamo cercato di fare sentire le nostre voci attraverso i media, abbiamo organizzato anche una seconda protesta, decidendo simbolicamente di farla al coperto, visto che le autorità avevano consigliato alla cittadinanza di non uscire. La nostra associazione ha tentato anche di ottenere il supporto di altre ONG ma la maggior parte di esse, sfortunatamente, ha scelto di non rispondere al nostro appello, per non perdere il sostegno delle autorità dalle quali dipendono per i fondi. Abbiamo aspettato un po’ di tempo per organizzare una nuova manifestazione, dopo i disordini di febbraio. Nel frattempo, abbiamo partecipato a molti forum e tavole rotonde, ma senza ottenere grandi risultati: nel corso di questi colloqui, avevamo costantemente l’impressione che i cittadini fossero da una parte, e le autorità e l’amministrazione della ArcelorMittal dall’altra. In particolare, il problema con i politici è stato che hanno risposto alle nostre critiche come se fossero delle accuse e noi stessimo semplicemente cercando un pretesto per attaccarli: quindi, si sono impegnati principalmente a trovare il modo di scansare le proprie responsabilità o a negare l’evidenza, piuttosto che a cercare dei rimedi.
La legislazione bosniaca è adeguata a proteggere i vostri diritti?
La nostra legislazione è piuttosto buona, ed è quasi totalmente in linea con quella europea. Il problema non sono le leggi, è il fatto che nessuno le mette in pratica. L’inquinamento eccessivo è considerato un atto criminale secondo la nostra legge, ma mancano strumenti di misurazione e rilevamenti…
Il problema dell’inquinamento atmosferico non è proprio solo di Zenica, ma anche di molte altre città in Bosnia Erzegovina, come Sarajevo o Tuzla. Avete mai pensato di sviluppare una rete di associazioni nazionale per portare avanti le vostre rivendicazioni insieme a cittadini di altri centri?
Ci abbiamo provato in passato ma ci sono alcune difficoltà al riguardo, non ultimo il fatto che la comunità internazionale non è molto disposta a sostenere questo tipo di iniziative, soprattutto sotto il profilo finanziario. Possiamo ricevere fondi solo se lavoriamo su tematiche che i donatori trovano rilevanti, come le energie rinnovabili, lo smaltimento dei rifiuti o l’efficienza energetica. L’inquinamento atmosferico non è tra le priorità dell’UE, né di altre organizzazioni internazionali. I paesi occidentali hanno risolto questo problema 30 anni fa, e di fatto si dimenticano che la Bosnia Erzegovina in molti casi ha una tecnologia che risale al ventesimo, o addirittura al diciannovesimo secolo.
I permessi ambientali che la fonderia detiene per svolgere la propria attività sono in scadenza. Pensate che ci sarà qualche cambiamento per la città di Zenica?
Cinque permessi ambientali su nove rilasciati in passato sono già scaduti. Se le cose cambieranno, però, cambieranno in peggio. Nonostante le nostre pressioni, il governo sembra infatti intenzionato ad approvare un nuovo permesso ambientale che permetterà all’acciaieria di continuare a funzionare. Il permesso sarà collettivo, cioè riguarderà l’impresa nel suo complesso, e questo rischia di essere una catastrofe per Zenica perché così rimarranno in funzione anche alcune parti che altrimenti verrebbero chiuse in quanto troppo inquinanti, come le fornaci a carbone. Nel frattempo, i progetti di diminuzione dell’impatto ambientale che erano stati annunciati già nel 2011 dovrebbero cominciare solo il prossimo anno: un ritardo enorme, per il quale ancora una volta nessuno è responsabile.
Qual è la soluzione che proponete? In Italia abbiamo avuto un problema simile con l’acciaieria di Taranto, e l’opinione pubblica era divisa tra la necessità di proteggere la salute della cittadinanza e quella di salvare i posti di lavoro. Si tratta di una divisione che c’è a Zenica, oppure i lavoratori dell’ArcelorMittal sostengono la vostra lotta?
Conosciamo bene il caso dell’ILVA. In effetti, fu uno dei detonatori delle nostre prime proteste. Non abbiamo mai voluto che l’acciaieria chiudesse. Chiediamo solo che la legge nazionale venga rispettata. Il che, sfortunatamente, non avviene. In effetti abbiamo avuto qualche problema con i sindacati, perché ci hanno accusato di volere fermare la produzione. Abbiamo provato a spiegare loro le nostre ragioni, ma senza successo. Apparentemente, non capiscono che respiriamo la stessa aria.