Whistleblowing: in attesa di tutela europea

Un approfondimento sul perché le istituzioni europee hanno posto la loro attenzione sulla necessità di tutelare i cosiddetti whistleblower, gli informatori.

27/10/2017, -

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Foto fillingthev0id CC BY-NC 2.0

AGGIORNAMENTO: Il 7 ottobre 2019 il Consiglio dell’UE ha adottato formalmente la Direttiva “riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione", proposta dalla Commissione il 23 aprile 2018 e approvata   dal Parlamento europeo il 16 aprile 2019. Gli Stati Membri avranno due anni per recepire le nuove norme nel diritto nazionale.

La pressante necessità di garantire tutela legale ai whistleblower tramite l’adozione di un quadro normativo a livello dell’Unione europea ha acquisito visibilità e urgenza in seguito ad alcuni recenti scandali. I casi più noti che hanno portato il tema all’attenzione dell’opinione pubblica sono l’affare Lux Leaks sui meccanismi di elusione fiscale (2014), i cosiddetti “Panama Papers ” che hanno rivelato dettagliate informazioni finanziarie di migliaia di entità offshore (2015) e lo scandalo doping russo prima delle Olimpiadi del 2016.

Il caso "Panama Papers" ha portato alla creazione di un apposito comitato nel Parlamento europeo, il PANA Committee

Il "whistleblowing" è ampiamente riconosciuto come strumento di contrasto a frode e corruzione: uno studio recente sui benefici economici della tutela dei whistleblower nel settore appalti pubblici nell’Unione europea ha rilevato importanti incentivi economici a favore dell’introduzione di meccanismi di protezione, poiché i benefici attesi superano di gran lunga i costi. Allo stesso tempo, la tutela dei whistleblower è essenziale per il giornalismo investigativo : la progressiva erosione della protezione delle fonti giornalistiche rappresenta una delle principali minacce alla libertà dei media a livello globale.

Nonostante il whistleblowing sia essenziale per l’interesse pubblico, quasi sempre chi sceglie di denunciare lo fa a proprio rischio e pericolo, esponendosi a costi professionali e personali . Le norme che dovrebbero tutelare i whistleblower sono spesso scavalcate dalle leggi anti-t[]ismo e di sicurezza nazionale, mentre l’era digitale pone nuove sfide relative alla crittografia e alla conservazione dei dati.

Lo stato dell’arte a livello dell’Unione europea

Nonostante tutte le maggiori organizzazioni internazionali di cui fanno parte i paesi UE riconoscano l’urgenza democratica di fornire un sostegno ai whistleblower, manca ancora una normativa complessiva a livello europeo.

Negli ultimi dieci anni, e di nuovo a ottobre 2017, il Parlamento europeo ha riconosciuto la necessità di agire sul tema, invitando ripetutamente la Commissione europea a metterlo in agenda.

Questo dossier, che riunisce una selezione dei contenuti raccolti nel Resource Centre sulla libertà dei media curato da OBC Transeuropa , intende contribuire al dibattito transnazionale che si spera prenderà corpo a seguito del dibattito nel Parlamento europeo.

Gli standard di Strasburgo

In assenza di un quadro UE, le normative nazionali a tutela dei whistleblower variano significativamente da paese a paese, con conseguenti lacune e disparità: alcuni stati membri tutelano i whistleblower attraverso le leggi anti-corruzione, altri attraverso le leggi sul pubblico servizio e altri ancora attraverso le leggi sul lavoro, il codice penale o specifiche norme di settore. Ecco perché la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (ECtHR) ha un ruolo chiave nello stabilire ed espandere gli standard di tutela dei whistleblower, insieme ai principi guida  formulati dalle Nazioni unite per aiutare i paesi a definire il proprio quadro normativo per la protezione dei whistleblower.

Per legiferare sui casi di whistleblowing, la Corte europea dei diritti dell’uomo fa riferimento al diritto alla libertà di espressione garantito dall’Articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che tutela la libertà di “ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera” e prevede restrizioni  in alcuni casi eccezionali. Nei casi di whistleblowing, tali restrizioni possono riguardare interessi legali quali il diritto alla privacy, la dignità personale e interessi superindividuali come la sicurezza nazionale. In qualsiasi caso, la Corte deve valutare se una restrizione alla libera espressione sia “necessaria in una società democratica”. A questo scopo è stato sviluppato un test in sei parti.

In casi recenti, la Corte ha confermato ed esteso il riconoscimento dell’importanza di tutelare i whistleblower, promuovendo maggiori livelli di protezione rispetto alle corti nazionali.

Con la sentenza Guja vs. Moldova  (2008), la Corte ha riconosciuto che il diritto di diffondere informazioni è stato violato quando Guja, un pubblico ufficiale presso la Procura generale moldava, è stato licenziato dopo aver rivelato un tentativo di corruzione dell’autorità giudiziaria. Questa sentenza ha sottolineato che i diritti garantiti dall’Articolo 10 si estendono ai pubblici ufficiali e alle questioni di lavoro, e che è opportuno evitare dure sanzioni che potrebbero avere un’azione inibitoria. In questo caso la diffusione delle informazioni è stata giudicata legittima in quanto rappresentava l’unica possibilità di tutela del pubblico interesse.

Anche nel caso Bucur vs Romania  (2013) la ECtHR ha sentenziato che l’arresto di un whistleblower sulla base della rivelazione di informazioni riservate violava il diritto alla libertà di espressione, nonostante il caso coinvolgesse la sicurezza nazionale e i servizi segreti.

Anche in casi riguardanti il giornalismo è emersa una posizione favorevole alla tutela dei whistleblower: in Matúz vs. Hungary  (2014) la Corte ha valutato che un giornalista che aveva rivelato la censura governativa sull’emittente pubblica avesse agito in “buona fede” e di conseguenza non potesse essere licenziato, poiché ciò avrebbe violato la sua libertà di espressione. Di nuovo, in Görmüş v. Turkey  (2016), la Corte ha dato priorità alla protezione delle fonti giornalistiche, condannando l’irruzione del governo nella sede della rivista Nokta in cerca dei documenti forniti dal whistleblower.

Questo ruolo positivo della Corte di Strasburgo nel sostegno ai whistleblower nelle utlime sentenze sembra essersi attenuato: come evidenziato dal professor Dirk Voorhoof, sono emerse di recente “tendenze preoccupanti”, fra cui la negazione della tutela in caso di ipotesi di reato rivelatesi infondate a seguito del procedimento giudiziario.

Il ruolo della Corte di Strasburgo rimane tuttavia fondamentale, insieme al dialogo fra ECtHR e la comunità della libertà dei media. A marzo 2017, la conferenza ECPMF è andata in questa direzione creando uno spazio per il dibattito sull’Articolo 10 e le migliori pratiche per la tutela della libertà di espressione, whistleblowing compreso.

Verso una normativa europea

Negli ultimi anni, dopo il terremoto WikiLeaks del 2006, altri casi hanno dimostrato il ruolo essenziale del whistleblowing a livello globale. Uno studio del 2017, richiesto dalla Commissione del Parlamento europeo su riciclaggio, elusione fiscale ed evasione fiscale, ha valutato l’impatto sull’UE dei meccanismi rivelati dai Panama Papers. È importante sottolineare che lo studio ha raccomandato la tutela dei whistleblower con misure speciali e di sostegno a livello tanto nazionale quanto europeo.

Come evidenziato dalla giornalista Kristof Clerix, la mancanza di tutele legali costringe i whistleblower a rimanere nell’ombra per anni. Analogamente, come notato dal presidente della European Federation of Journalists (EFJ) Mogens Blicher Bjerregård, “Antoine Deltour e Rafaël Halet – i whistleblower dietro il caso LuxLeaks – sono stati puniti quando avrebbero dovuto essere ringraziati e protetti”.

Norme comuni europee a tutela del whistleblowing potrebbero essere sviluppate sulla base dell’Articolo 325 del Trattato di Lisbona, che prevede una procedura legislativa ordinaria per l’elaborazione di norme a contrasto della frode all’interno dell’UE e degli stati membri. Come nota Pamela Bartlett Quintanilla, che segue questo tema per il gruppo Verdi Europei – Alleanza Libera Europea al Parlamento europeo: “La presunta assenza di linee guida legali è la spiegazione fornita dalle istituzioni europee quando manca la volontà politica di affrontare una questione. In realtà, il quadro legale esiste, ed è fondato sulla necessità di proteggere il mercato interno da distorsioni e i whistleblower da possibili rappresaglie dei datori di lavoro”.

Ad ottobre 2013, votando una Risoluzione su crimine organizzato, corruzione e riciclaggio, il Parlamento aveva già chiesto alla Commissione di presentare una “proposta legislativa per il settore pubblico e privato” entro la fine dell’anno. Due anni dopo, votando una Risoluzione sulle sentenze fiscali in risposta allo scandalo LuxLeaks, il Parlamento ha esplicitamente riconosciuto il ruolo del Consorzio internazionale giornalisti investigativi (ICIJ ), sottolineando l’importanza di whistleblower e giornalisti nella costruzione di una società pienamente democratica:

“Non è accettabile che cittadini e giornalisti siano processati piuttosto che tutelati quando, nel pubblico interesse, diffondono informazioni o riportano sospetti abusi, reati, frodi e attività illegali”.

Cosciente del ruolo ricoperto da “giornalisti investigativi, ONG e e comunità scientifica” nel portare alla luce casi di elusione fiscale e informare il pubblico, il Parlamento ha invitato la Commissione a proporre un quadro legale UE per un’efficace tutela dei whistleblower “entro giugno 2016”.

Dal momento che la Commissione continuava a rimandare, il gruppo Verdi Europei – Alleanza Libera Europea ha preso l’iniziativa lavorando indipendentemente a una bozza di direttiva : “La protezione dei whistleblower nel settore pubblico e privato nell’UE”. Presentata ai parlamentari il 4 maggio 2016, la bozza è stata formulata da un team di ricercatori, esperti legali e attivisti vicini ai Verdi e sottoposta a una consultazione online.

Anche la società civile europea si è attivata sul tema con diverse iniziative. A giugno 2016, una coalizione di sindacati, ONG e associazioni di giornalisti – fra cui Eurocadres, Transparency International, Whistleblowing International Network e l’European Federation of Journalists – ha lanciato la campagna “Whistleblowers need EU protection”.

Whistleblowers need Eu protection : la raccolta firme è ancora aperta

A novembre 2016, l’Annual Colloquium on Fundamental Rights della Commissione europea ha scelto il tema del pluralismo e della democrazia dei media, riunendo policy-maker a livello nazionale ed europeo, organizzazioni internazionali e della società civile, giornalisti, scienziati ed esperti legali. Il dibattito non è stato confinato al whistleblowing, ma è scaturito dai risultati di uno speciale sondaggio dell’Eurobarometro su pluralismo e democrazia dei media, da cui è emerso chiaramente che nessuno stato membro UE è esente dal fenomeno di erosione della libertà dei media. A marzo 2017, incoraggiato dalle iniziative parlamentari, il Dipartimento generale della Commissione europea per la giustizia e i consumatori ha lanciato una consultazione online sulla tutela dei whistleblower – i cui risultati sono scaricabili da qui – allo scopo di “raccogliere informazioni, punti di vista ed esperienze sui benefici, svantaggi e problemi generati a livello nazionale ed europeo dalle divergenze esistenti nell’UE”.

Nel frattempo, il 23-24 ottobre 2017, il Parlamento europeo in sessione plenaria ha discusso la bozza di report su “Misure legittime di protezione dei whistleblower che agiscono nel pubblico interesse nel momento in cui rivelano informazioni riservate di aziende ed enti pubblici”. Si trattava di una mozione di risoluzione, ovvero un atto non vincolante (il Parlamento europeo non può avviare iniziative legislative), formulata dalla radicale francese Virginie Rozière (S&D).

La proposta adotta una definizione ampia di whistleblowing, includendo qualsiasi tipo di rivelazione di informazioni nel pubblico interesse da parte di persone impiegate nel settore pubblico e privato. La nozione di impiegato si estende qui a lavoratori in appalto, tirocinanti ed ex dipendenti. Secondo la mozione, i whistleblower devono essere liberi di usare diversi canali di diffusione delle informazioni: oltre ai canali interni alle imprese o istituzioni, possono rivolgersi direttamente alla stampa o alle organizzazioni della società civile, anche in forma anonima. La mozione richiede l’istituzione di supporto psicologico, legale ed economico ai whistleblower, che devono essere protetti da ogni forma di ritorsione ed eventualmente risarciti. Al contrario, andrebbero introdotte sanzioni per chi ostacola le rivelazioni, e in caso di presunta ritorsione l’onere della prova dovrebbe cadere sul datore di lavoro. Infine, ogni stato membro e la stessa UE dovrebbe stabilire organismi indipendenti per raccogliere e monitorare le segnalazioni dei whistleblower.

Tutti i membri della Commissione parlamentare Affari legali avevano votato a favore della proposta di Rozière, tranne il Partito popolare europeo (astenuto) e i Conservatori e Riformisti Europei (contrari) – analogo il risultato della sessione plenaria, dove la mozione è passata con 399 voti a favore, 101 contro e 166 astensioni. I Popolari sono particolarmente scettici sulle segnalazioni anonime, la possibilità di rivolgersi direttamente alla stampa e l’inversione dell’onere della prova. In vista del dibattito parlamentare, il gruppo Socialisti e Democratici aveva diffuso un video per sensibilizzare in merito alle difficoltà che lavoratrici e lavoratori possono incontrare in seguito alla decisione di rivelare informazioni di pubblico interesse.

Durante la recente conferenza “Defending journalists”, organizzata a Lipsia dallo European Centre for Press and Media Freedom (ECPMF), il parlamentare verde Benedek Jávor ha chiesto retoricamente perché la Commissione appaia riluttante su un tema così cruciale; a nome della Commissione, l’ufficiale della DG Giustizia Georgia Georgiadou ha affermato che la Commissione sta lavorando ad una “proposta equilibrata” per tutelare il “whistleblowing responsabile”: “Ci faremo carico dell’urgenza, stiamo raccogliendo tutte le idee e le competenze su questo difficile tema e il prossimo anno vedremo probabilmente i primi risultati”.

Il 23 aprile 2018, la Commissione Europea ha approvato una Proposta di Direttiva per la protezione dei whistleblowers, testo successivamente emendato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio d’Europa. Il 16 aprile 2019 il Parlamento Europeo ha approvato la proposta, e il 7 ottobre 2019 anche il Consiglio dell’UE ha adottato formalmente la direttiva. Gli Stati Membri avranno due anni per recepire le nuove norme nel diritto nazionale. 

Nel frattempo, oltre i confini UE…

Nei paesi candidati e potenziali candidati dei Balcani occidentali, il whistleblowing si sta facendo sempre più spazio nel dibattito pubblico. Organizzazioni di Albania, Bosnia, Kosovo, Macedonia e Montenegro si sono unite nella Southeast Europe Coalition on Whistleblower Protection per promuovere la libera espressione e combattere la corruzione.

Negli ultimi anni, il whistleblowing ha avuto un ruolo centrale nello scandalo delle intercettazioni illegali che ha portato alla crisi politica in Macedonia – in seguito a questo caso, il paese ha adottato una legge apposita nel 2015. In Serbia , la legge sulla tutela dei whistleblower è stata approvata a novembre 2014: alla stesura ha partecipato un gruppo di lavoro composto da rappresentanti di ONG, funzionari statali e whistleblower stessi. Anche il Kosovo sta cominciando a discutere del ruolo dei whistleblower e del miglioramento della legge attuale. Considerando gli indicatori su libertà dei media, sicurezza dei giornalisti e condizioni di lavoro dei giornalisti nei Balcani occidentali, rimane molto da fare per migliorare la situazione della libertà dei media. A questo proposito, pur non legalmente vincolante, l’adozione di una direttiva UE avrebbe probabilmente un impatto positivo anche nella regione dell’allargamento.

Una risposta complessa

Secondo il 2017 World Press Freedom Index , l’erosione della libertà dei media è particolarmente visibile in Europa. Misure securitarie e sorveglianza pervasiva minacciano il ruolo del giornalismo europeo. Interferenze, sorveglianza e timore di ritorsioni spingono sempre più giornalisti europei all’autocensura . Lo stesso vale per il whistleblowing: il verdetto LuxLeaks del 2016 rappresenta un passo indietro per la tutela dei whistleblower e, di conseguenza, del giornalismo investigativo.

Il dibattito è ora aperto a livello europeo: come proteggere le fonti nell’era digitale ? Non c’è una risposta univoca, perché le difficoltà incontrate dai whistleblower sono diversificate, così come lo sono i dilemmi del bilanciamento di libertà di espressione e diritti dei soggetti coinvolti. Per proteggere i whistleblower e migliorare la libertà di espressione, un’iniziativa UE a loro favore sarà decisiva. Per tutelare efficacemente la loro libertà e cogliere i benefici delle loro rivelazioni, servono ulteriori iniziative a attenzione da parte di istituzioni pubbliche, soggetti della società civile e opinione pubblica.

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Questa pubblicazione è stata prodotta nell’ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto

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