Whistleblower in Macedonia

Sono stati due whistleblower ad aver portato alla luce, in Macedonia, lo scandalo delle intercettazioni di massa ad opera del regime Gruevski

15/11/2017, Redazione -

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Gjorgji Lazarevski (immagini di 24 Vesti )

(Pubblicato originariamente da 24Vesti , nostro partner nel progetto ECPMF)

Il fatto che la Direzione sicurezza e controspionaggio (UBK) abbia fatto uso di intercettazioni di massa dimostra l’esistenza di abusi e la necessità che le cosiddette “bombe” vengano utilizzate come prova in tribunale. A due anni e mezzo dall’esplosione delle cosiddette “bombe” mediatiche [registrazioni che proverebbero abusi dell’ex premier Nikola Gruevski, rese pubbliche dall’attuale premier Zoran Zaev – N.d.T.] raccolte per tre anni e mezzo dagli ex dipendenti ministeriali Gjorgji Lazarevski e Zvonko Kostovski. Queste le dichiarazioni di Lazarevski durante il recente dibattito “Whistleblower: protagonisti dietro le quinte che possono cambiare la storia”, tenutosi durante il festival del film di inchiesta di Skopje.

 

Questo articolo è parte di un dossier tematico realizzato dalla rete dei mediapartner di OBCT: 14 testate giornalistiche con sede in altrettanti paesi. Il dossier completo è disponibile qui.

“Per quanto ne so, in base alla legge in vigore, non si può essere spiati dallo stato fino a che la polizia non dimostra di avere serie ragioni per mettervi sotto sorveglianza. Nel nostro caso però parliamo di un fenomeno del tutto diverso: si tratta di intercettazioni illegali, realizzate da una struttura semi-informale all’interno dell’allora ministero degli Interni, e conservate dalla stessa per conseguire propri obiettivi. Se qualcuno si è impadronito di tali materiali per renderli noti all’opinione pubblica – materiali non ottenuti con regolare mandato – è perché ha voleva dimostrare che qualcuno agiva in modo contrario alla legge. Il fatto che tali intercettazioni riguardino tutte personalità pubbliche, che si sono spiate a vicenda, a mio modo di vedere rende questi materiali assolutamente adatti ad essere utilizzati come prova in tribunale”, sostiene Lazarevski.

Da quattro anni lo stesso Lazarevski è disoccupato, mentre il suo collega Kostovski aspetta ancora una decisione della Cassazione sulla sua richiesta di annullare la condanna a tre anni ricevuta dopo un patteggiamento di pena. Secondo Lazarevski i rischi corsi insieme a Kostovski sono stati grandi, ma l’obiettivo ne valeva la pena.

“Nel 2013 ho lasciato il ministero sotto forti pressioni, in parte per proteggere le cosiddette ‘bombe’. In seguito è servito altro tempo, finché i materiali in questione sono stati consegnati al professor Verushevski. Sono soddisfatto di come le cose si sono sviluppate in seguito, non è stato facile, siamo passati attraverso situazioni pesanti, le nostre famiglie hanno sofferto, poco a poco però la verità è venuta a galla e credo che l’opinione pubblica sia felice di conoscere cosa è accaduto in Macedonia per tutto questo tempo”, ha dichiarato Lazarevski.

Proprio i whistleblower sono al centro dell’attenzione del primo “Festival del film di inchiesta”. “La Macedonia è la dimostrazione di come i whistleblower possono cambiare le cose non solo nel presente ma anche in futuro. Gjorgji Lazarevski e altri come lui sono un esempio vivente di tale possibilità. Grazie a queste persone abbiamo avuto la possibilità di ascoltare le intercettazioni, diventante bombe mediatiche che hanno aiutato la Macedonia a cambiare, e per questo motivo abbiamo deciso di dedicare il festival di quest’anno ai whistleblower. Non solo in paesi come il nostro chi ha il coraggio di portare alla luce informazioni sensibili viene perseguitato e definito ‘traditore’ o ‘spia’”, sostiene Kristina Ozimets, della Piattaforma per il giornalismo d’indagine e le analisi (PINA).

Nonostante sia fuori ormai da anni dalle strutture del ministero degli Interni, Lazarevski ritiene che al momento non vengano più effettuate intercettazioni illegali, in particolare non contro personalità della VMRO-DPMNE, come denunciato dall’attuale leader dell’opposizione Nikola Gruevski.

Questa pubblicazione è stata prodotta nell’ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto

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