Vukovar: molte case, poca gente

Una emorragia di abitanti, scappati dalla guerra e mai più ritornati, ha lasciato Vukovar semidisabitata. Un viaggio nella città insieme a due ritornanti, alla disperata ricerca di lavoro. Trovare casa, invece, non è un problema

27/04/2005, Drago Hedl - Osijek

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Vukovar (foto Jon Newstrom)

Più di tredici anni dopo la fine della guerra e sette anni dopo che Vukovar, al termine di un processo pacifico di reintegrazione, è ritornata parte della Repubblica di Croazia, la città ha ancora 10.000 cittadini in meno di quanti ne aveva prima che la guerra cominciasse, nella primavera del 1991. Secondo Ante Drmic, capo dell’ufficio regionale per i rifugiati, ci sono ancora 2.302 persone sulla lista di coloro che dovrebbero ritornare. Drmic aggiunge che 7.926 ex cittadini di Vukovar hanno perso il proprio status di rifugiati.

"Non torneranno mai più a Vukovar. Hanno ricominciato le loro vite altrove, trovato lavoro, i loro figli hanno cominciato scuole o università. Vukovar è ora l’unica città in Croazia ad avere case vuote, ricostruite o chiuse con nessuno che le abiti", afferma Drmic.

Di 22.061 rifugiati, solo 11.833 – poco più della metà – sono ritornati a Vukovar. Tra quelli che, dopo lunghi anni di assenza, sono tornati alla propria città natale, ci sono i coniugi Olenka e Zlatko Kocicki. Hanno passato tredici anni come profughi, in Germania e a Crikvenica, sull’Adriatico. Nell’agosto dello scorso anno sono ritornati a Vukovar. Con i loro due figli minorenni, vivono nella casa ricostruita di 4 piani vicino alle rovine della fabbrica "Borovo", una delle più grandi nel territorio della ex Jugoslavia. La "Borovo" era una enorme fabbrica di scarpe e pneumatici, dove più di 20.000 operai producevano una varietà di cose. Oggi, della fabbrica restano solo le macerie, e circa 100 operai. Al posto dei 20.000 precedenti cercano ancora di fabbricare scarpe sulle macchine che sono riusciti a riparare, ma rispetto agli impianti di un tempo, moderni, si tratta di artigianato.

"Tutti e due abbiamo studiato produzione calzaturiera", dice Olenka, "ma adesso – aggiunge Zlatko – non riusciamo a trovare lavoro a Vukovar. Questo mese riceveremo ancora un’indennità come rifugiati, l’aiuto che ci è stato dato dal governo. Ma, poiché siamo tornati, questo aiuto non ci spetta più. Molte persone non tornano proprio per questo. Lo Stato offre aiuti significativi per i profughi, ma quando rientrano l’aiuto cessa, e non c’è lavoro a Vukovar".

Dicono che anche adesso, con l’aiuto da parte dello Stato, vivono duramente e non hanno genitori per aiutarli con una parte delle loro pensioni. Non riuscirebbero a provvedere ai propri bisogni basilari se Zlatko non guadagnasse qualcosa suonando in un gruppo musicale locale.

"Sono molto belle queste case, e tutti gli appartamenti ricostruiti, ma non possiamo mangiarci gli appartamenti e le case. Abbiamo bisogno di lavoro, e non c’è lavoro", dice ancora Olenka.

La Croazia ha fatto molto per ricostruire Vukovar, ma una cosa è stata completamente dimenticata in questo sforzo. Niente è stato investito per lo sviluppo dell’economia, di industrie e progetti che avrebbero potuto portare lavoro. Il grave problema della disoccupazione, che esiste in Croazia, è ancora più enfatizzato a Vukovar e nella regione. Mentre infatti nel resto del Paese la percentuale dei disoccupati è intorno al 20%, a Vukovar si arriva al 50%. Anche il gigantesco ex impianto della Vuteks, di Vukovar, che produceva coperte e trapunte, non è mai stato ricostruito. Ci sono stati alcuni investimenti nella riparazione del porto fluviale, e il governo belga ha donato delle gru. Al porto di Vukovar alcune centinaia di persone lavorano allo smistamento delle merci, ma il fatto che la città sia situata sul Danubio, il grande fiume europeo, non è stato abbastanza sfruttato.

Qualcosa, tuttavia, si sta sviluppando. Dall’anno scorso, Vukovar è stata inserita tra le città dove si fermeranno i lussuosi battelli per turisti nei loro viaggi attraverso Vienna e Budapest. L’anno scorso circa 50 navi con turisti americani si sono fermate a Vukovar, e per quest’anno sono annunciate circa 120 navi, con più di 18.000 ospiti.

"Il problema è che i turisti non si limitano a Vukovar, ma prendono gli autobus e vanno nelle vicine Djakovo e Osijek, poi tornano alla nave e vanno oltre. In questo momento stiamo preparando programmi che offriremo alle agenzie turistiche e speriamo che anche Vukovar verrà inclusa nei loro piani. Questa sarebbe un’occasione per impiegare una parte di persone nel turismo, e anche di avere dei soldi per la città", ci dice Jasna Babic, dell’agenzia turistica di Vukovar.

I politici di Vukovar dicono che la vita comune tra Serbi e Croati, in città, non rappresenta più un problema. I nemici di ieri sono d’accordo sul fatto che i responsabili per gli orribili crimini di guerra avvenuti in città sono quelli che li hanno commessi. Non ci sono tensioni tra le diverse nazionalità, e se ci sono incidenti, di quando in quando, la situazione non è diversa da quella che si presenta nella altre parti della Croazia.

"Se un Serbo e un Croato litigano per il parcheggio a Vukovar, i media lo fanno diventare un conflitto tra due nazioni", dice Boro Rkman, segretario del maggior partito politico serbo in Croazia, il Partito Democratico Indipendente Serbo. "Mentre quando qualcosa del genere avviene in un’altra città della Croazia, nessuno se ne accorge".

Anche Olenka e Zlatko Kolcicki, i recenti ritornanti di Vukovar, dicono di non aver problemi con i propri vicini serbi. "Forse la situazione non è come prima della guerra, e potrebbe dover passare del tempo prima che tutto ritorni in ordine", dice Olenka. "Ma se ci fosse abbastanza lavoro a Vukovar per tutti, la gente penserebbe meno al passato e più al futuro. Per come sono le cose, il futuro al momento appare nero come il passato".

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