Voto in Georgia, tra malessere e latitanza
La Georgia si prepara al ballottaggio di fine mese in seguito al voto parlamentare dello scorso 8 ottobre. Preoccupazioni e voci dal paese
È un mare di tetti scarlatti Tserovani, tante minuscule casette a schiera che si perdono a vista d’occhio in un vasto pianoro a mezz’ora da Tbilisi. I grandi cartelloni giallo-blu della coalizione di governo dominano i muri del grande insediamento creato per alloggiare gli sfollati dall’Ossezia del sud dopo il conflitto con la Russia nel 2008. Il principale partito di opposizione, il Movimento nazionale unito (UNM) che ha guidato il paese dal 2004 al 2012, è molto meno visibile – spesso è semplicemente un “5” dipinto sull’asfalto, in riferimento al numero del partito sulla scheda elettorale.
Al voto parlamentare dello scorso 8 ottobre, tre dei quattro seggi di Tserovani hanno seguito la tendenza nazionale dando la vittoria al Sogno georgiano-Georgia democratica (GDDG) che ha chiuso al 48.67% contro il 27.11% dell’UNM. Alle urne c’era l’imbarazzo della scelta, ma nonostante le 25 entità politiche in corsa per i 150 scranni disponibili nell’assemblea parlamentare, solo i pro-russi dell’Allenza dei Patrioti hanno superato, a malapena, la soglia del 5% necessaria per entrare in parlamento. Sono loro la terza forza politica del paese.
Alla fine di ottobre in 51 dei 73 distretti elettorali che assegnano i seggi secondo il sistema maggioritario si andrà invece al ballottaggio.
Scontro di personalità
Le elezioni sono state l’ultimo round dello scontro tra due titani politici – Bidzina Ivanishvili, ex primo ministro e uomo più ricco del paese, che ha fondato e guidato Sogno georgiano dal 2011; e Mikheil Saakashvili, ex presidente, leader dell’UNM e attualmente sotto inchiesta in Georgia con l’accusa di abuso di potere, da lui etichettata come persecuzione politica. Entrambi sono figure controverse: Ivanishvili è accusato di essere il burattinaio che muove i fili della scena politica da dietro le quinte, Saakashvili di influenzare le scelte del suo partito da Odessa, in Ucraina, dove è governatore dal settembre del 2015.
“Sostanzialmente al centro della campagna abbiamo due individui senza status ufficiale e senza alcuna responsabilità pubblica diretta,” spiega Mikheil Benidze, direttore esecutivo dell’International Society for Fair Elections and Democracy (ISFED).
Detto ciò, il peso dei due leader pare stia perdendo colpi. La chiamata di Saakashvili a sabotare il ballottaggio ha disorientato il partito che però ha deciso di andare avanti. Per Gigi Bokeria, uno dei leader dell’UNM, ci sono “decine di seggi dove siamo i favoriti.” Tra questi Zugdidi, nella regione occidentale di Samegrelo dove la moglie di Saakashvili, l’olandese naturalizzata georgiana Sandra Roelofs, corre per UNM ed è impegnata in un testa a testa con Edisher Toloraia, candidato GDDG.
Una sentita frustrazione nei confronti della politica ha modellato il voto e molti elettori hanno deciso di restare a casa – secondo l’analista David Sachinava l’affluenza del 51,3% (60,8% nel 2012) è la più bassa della Georgia indipendente.
“La mia voce non conta nulla. Saakashvili mi ha spinto qui, Ivanishvili è un miliardario del quale non posso fidarmi, non ne vale la pena,” dice con amarezza Nodar, originario di un villaggio vicino Akhalgori, nell’Ossezia del sud, al quale non può ritornare.
Gli elettori delusi come Nodar sono un campanello d’allarme per i politici chiamati al ballottaggio di fine ottobre che definirà la composizione finale del parlamento. All’inizio di quest’anno, la Georgia ha riformato il proprio sistema elettorale che entrerà in vigore dal 2017.
Il voto per ora ha fatto vittime eccellenti, ma a Tserovani l’eco della debacle è arrivato e, senza troppo clamore, se ne è andato. Qui poco importa dell’uscita di scena di David Usupashvili, ora-ex presidente del Parlamento e leader del partito repubblicano, e la decisione dell’ex Ministro della Difesa Irakli Alasania, guida dei Democratici Liberi, di gettare la spugna e abbandonare il ballottaggio e, “temporaneamente”, la politica.
Per molti analisti i partiti filo-occidentali e liberisti come i repubblicani di Usupashvili e i democratici di Alasania, entrambi parte della coalizione del Sogno georgiano nelle elezioni del 2012, hanno pagato a caro prezzo la scelta elettorale di non stringere alleanze.
L’economia che arranca
La scena hipster di Tbilisi tra cafè, mostre, e hotel a 5 stelle è lontana anni luce da Tserovani. Eppure quel mare di tetti scarlatti incapsula le sfide del paese più della sua dinamica capitale.
I suoi 8,000 abitanti sono una frazione degli oltre 250,000 sfollati dei conflitti con le regioni separatiste di Abkhazia e Ossezia del sud tra il 1992 e il 2008, conflitti tuttora irrisolti e che per Tbilisi significano occupazione da parte dei russi di circa il 20% del territorio.
La disoccupazione supera di gran lunga il tasso ufficiale del 12% registrato nel 2015 nel resto del paese. Il sussidio mensile di GEL 45 (EUR 17) che ogni sfollato riceve è davvero poco cosa e non ci sono opportunità lavorative per gli abitanti, per lo più ex agricoltori. La necessità aguzza l’ingegno e alcuni si sono ingegnati – piccoli negozi di alimentari qua e là, un paio di associazioni femminili che vendono oggetti artigianali, l’Hello Cafe’ a due passi dalla piccola palestra, ma l’immagine più comune è quella di decine di uomini seduti a chiaccherare in attesa di lavoro manuale a ore.
Un sondaggio condotto dall’Istituto democratico nazionale di Washington (NDI) lo scorso luglio ha messo in evidenza che le priorità più pressanti per la gente rimangono economia, lavoro, e assistenza sanitaria.
“Tutto a parlare di Europa e Nato, ma nessun partito ha veramente affrontato ciò che preoccupa la gente, l’economia che arranca e la mancanza di posti di lavoro,” spiega una fonte diplomatica che chiede l’anonimato.
L’economia zoppica, in primis risultato dell’instabilità regionale che ha colpito i suoi principali partner commerciali nella regione, ma una lenta ripresa è in corso e il Fondo Monetario Internazionale (FMI) prevede una crescita del 3,4% nel 2016, con un’accellerazione al 5,2% nel 2017. Il lari georgiano naviga in cattive acque dal 2014 e la svalutazione nei confronti del dollaro non ha avuto pietà dei piccoli risparmiatori.
Per gli elettori della coalizione vincente, il Sogno georgiano ha cercato delle soluzioni. Il programma di assistenza sanitaria universale introdotto nel 2015 è stato un salvagente in un paese dove il salario medio mensile si aggira sui GEL900 (EUR344), anche se analisti come Gia Nodia, direttore dell’Istituto internazionale di studi caucasici dell’Università statale di Tbilisi, sostengono che il sistema non è sostenibile nel lungo periodo. Gli aiuti all’agricoltura, che impiega più del 50% della popolazione ma contribuisce a poco più del 10% del PIL, è un altro punto a favore del governo.
“Stanno aiutando i piccoli coltivatori, prima di questo governo nessuno si era mai curato di noi”, dice convinto Giorgi Tamarashvili, agricoltore di 47 anni che una volta a settimana viene dalla campagna al grande mercato di Tbilisi per vendere i suoi prodotti.
Politica polarizzata
Il panorama politico è molto polarizzato – fin dall’indipendenza del 1991 le elezioni sono state segnate da violenza e il primo cambio di potere pacifico attraverso le urne è avvenuto nel 2012.
Zurab, tassista intraprendente che ha imparato l’inglese da solo per attirare più clienti stranieri, riassume così il suo voto per l’UNM.
“Prima di Saakashvili eravamo degli stupidi che si uccidevano l’un l’altro. Oggi siamo ancora stupidi, ma almeno abbiamo smesso di ammazzarci.”
Una campagna elettorale di basso profilo, a tratti flemmatica, ha spinto molti analisti a sperare che la politica georgiana si fosse incamminata sulla strada giusta. Ma le abitudini sono dure a morire e le due settimane antecedenti al voto sono state segnate da una serie di episodi di violenza, inclusa una bomba sull’auto di Givi Targamadze, candidato dell’UNM uscito indenne dall’attacco che ha però ferito cinque passanti.
Per il partito di Saakashvili il processo elettorale ha fatto acqua da tutte le parti e ha accusato il governo di frode ma un’armata di circa 30mila osservatori, nazionali e internazionali, ha definito il voto “competitivo, libero, e giusto.” L’Organizzzione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) ha evidenziato irregolarità nel conteggio, “per problemi procedurali e l’aumento della tensione”.
Anche l’ombra lunga del Cremlino ha influenzato il voto. Dal 2012 il Sogno georgiano ha preferito mantenere aperto il dialogo con Mosca invece del lo scontro aperto, ma sia GDDG e UNM rimangono fedeli all’integrazione Euro-Atlantica, fortemente voluta dalla maggioranza della popolazione ma che è fumo negli occhi per il Cremlino, nonché un’intrusione in quella che considera sua tradizionale sfera di influenza.
La retorica populista e pro-russa dell’Alleanza dei Patrioti di Irma Inashvili è però riuscita a far breccia nell’elettorato e mettere piede in Parlamento, confermando i timori che la propaganda di Mosca ha spazio di manovra in Georgia.
Per alcuni però il bicchiere rimane mezzo pieno, non vuoto.
“Non credo che [la propaganda] abbia dato i suoi frutti, visto che già nel 2008 il fronte pro-russo aveva base potenziale vicina al 15%,” osserva Hans Gutbrod, un analista indipendente del Caucaso da decenni in Georgia. “In realtà il sostegno popolare non è salito se si sono fermati al 5%. Non bisogna sottovalutarlo, ma non tutto è perduto.”
La democrazia è ancora fragile e per alcuni il voto ne è una conferma.
“Ci ritroviamo con un parlamento con due calciatori, mentre un costituzionalista e un eccellente avvocato ne sono rimasti fuori”, lamenta Vladimer Shioshvili, un programmatore informatico americano-georgiano. “L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è un partito maneggiato da un oligarca che ha maggioranza costituzionale.”
Ma la Georgia è in una posizione avanzata rispetto a gran parte dei suoi vicini secondo Maximilien Lambertson, analista presso il doipartimento di ricerca dell’Economist di Londra.
“È una democrazia pluralistica, con chiare aspirazioni euro-atlantiche e un ambiente economico competitivo,” spiega. “Retorica aggressiva e isolati episodi di violenza non sono sufficienti per metterla sullo stesso piano dei suoi vicini.”
Passato il ballottaggio la prova del fuoco per il nuovo governo sarà dimostrare che può fare la differenza per la vita di georgiani comuni. Da Tbilisi a Tserovani.