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Vojislav Seselj a L’Aja
La scorsa settimana il leader dei radicali serbi si è presentato volontariamente davanti al tribunale de L’Aja. Seselj non ha risparmiato di sfoggiare la sua consueta arroganza criticando i giudici e il tribunale.
La scorsa settimana Vojislav Seselj, presidente del SRS (Partito radicale serbo) si è consegnato volontariamente al Tribunale per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia. Il leader dei radicali è accusato, dal TPI de L’Aja, di crimini di guerra e violazione delle leggi di guerra, ma non si è ancora espresso sulla colpevolezza.
Seselj ha detto davanti al tribunale che sull’accusa che gli è stata letta si dichiarerà nell’arco di 30 giorni. Nella sua prima comparsa davanti al tribunale, Seselj ha detto che non può dare spiegazioni riguardo l’accusa perché la traduzione in alcune parti gli è risultata incomprensibile.
In otto punti dell’accusa Seselj è accusato di crimini di guerra, mentre in altri sei è accusato per violazione delle leggi di guerra. L’accusa contro il leader dei radicali è stata formulata il 15 di gennaio di quest’anno, ma è stata confermata il 14 febbraio. Il 24 febbraio Seselj si è volontariamente consegnato al Tribunale de L’Aja.
Seselj ha ribadito di non comprendere appieno la traduzione dell’accusa contro di lui e ha richiesto che i documenti vengano tradotti in lingua serba. Il giudice Wolfgang Schomburg ha proposto all’accusato di formulare per iscritto la critica alla traduzione e in seguito, come da regolamento del Tribunale, nell’arco di 30 giorni che si esprima sulla colpevolezza.
Seselj ha insistito più volte sulla incomprensibilità della traduzione adducendo come esempi alcune parole in uso nella lingua croata, che differiscono di poco dalla lingua serba (per esempio, comune si dice in croato "opcina" e in serbo "opstina"; collaborazione si dice in croato "suradnja" e in serbo "saradnja", ecc.). Seselj ha dimostrato di essere irrispettoso delle regole del tribunale. È rimasto seduto tutto il tempo e non si è mai alzato, nemmeno all’ingresso del giudice nella sala del tribunale. Ha ascoltato con attenzione la lettura dell’accusa sorridendo e biascicando qualche parola. Alle domande del giudice Schomburg ha risposto che si difenderà da solo.
"Il nostro compito non è di accusarvi, ma piuttosto di raggiungere la verità, compito che, a volte, è difficile e richiede l’ascolto di tutte le parti", ha chiarito il giudice Somburg. Il leader dei radicali ha detto di essere stato sottoposto a tortura fisica, dal momento che prima della partenza è stato obbligato ad indossare un giubbetto antiproiettile di 20 kg e poi a carponi è stato costretto a salire sull’auto. "Nessuno mi minaccia e non ho bisogno di alcuna difesa" ha detto Seselj, protestando inoltre perché della prima comparsa al tribunale si è saputo prima dai media e che la famiglia e gli amici devono chiedere il visto per l’Olanda se vogliono fargli visita. "Questo è il tribunale dell’ONU e perché allora il governo olandese emette i visti", ha chiesto Seselj ed ha avuto modo di criticare anche il modo in cui sono vestiti i magistrati del tribunale. "Sono frustrato dalle strane toghe che si indossano nel tribunale. Queste toghe mi ricordano l’inquisizione cattolica, una cosa per me psicologicamente inaccettabile" ha ribadito Seselj chiedendo che vengano indossati abiti civili. Alla domanda del giudice se è stata avvisata l’ambasciata del suo paese della consegna, ha risposto che non desidera alcun contatto "col governo della cosiddetta Serbia e Montenegro", precisando che da quel governo non cercherà nemmeno la garanzia per un’eventuale difesa a piede libero.
di Igor Mihajlovic
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