Violenza domestica in Albania
Gli ultimi dati evidenziano una preoccupante crescita del fenomeno. Ma dietro ai numeri è possibile si celi una maggiore consapevolezza del problema e il desiderio di denunciarlo. Uno sguardo d’insieme sull’attuale situazione, tra leggi di difficile applicazione e la scarsa assistenza da parte dello Stato
Articolo disponibile anche in macedone e albanese.
La violenza domestica continua ad essere un problema serio nella società albanese, con un numero in crescita di casi segnalati e vittime. La maggior parte delle ragazze e donne vittime di violenza appartengono a classi sociali disagiate, hanno un livello di studio scarso e provengono in particolare da zone rurali. Ma la violenza domestica non è certo esclusiva di questi segmenti sociali e coinvolge tutta la società, a prescindere dal livello di studi effettuati e dallo status economico.
Dati ufficiali del ministero del Lavoro mostrano come nel 2010 siano stati rilevati 1998 casi di violenza domestica, 1217 nel 2009. In parallelo con l’incremento dei casi rilevati vi è una progressione delle attività per assicurare tutela alle vittime e prevenzione del fenomeno. Nel 2010 sono state inviate alle corti locali 1230 richieste di “Protezione immediata/ordini restrittivi” a fronte delle 841 dell’anno precedente.
Dall’analisi dei casi rilevati emerge che un elemento ricorrente è il tentativo di uno dei componenti della famiglia, di esercitare potere esclusivo sugli altri. Di solito si tratta del marito nei confronti della moglie ma anche dei genitori sui figli.
Parlarne è meno difficile
Se in questi anni parlare di violenza domestica in Albania è meno difficile è anche grazie ad una campagna nazionale realizzata nel 2000 da una serie di associazioni e gruppi della società civile. “Non stare zitti!”, lo slogan con cui si invitava l’opinione pubblica a discutere del problema.
Da allora altre iniziative si sono susseguite anche se vi è da sottolineare come queste ultime abbiano fatto breccia sopratutto nei grandi centri urbani, mentre nelle aree più periferiche, in particolare nel nord del Paese, la violenza domestica rimane un fenomeno che non esce dalle mura di casa ed è considerata una questione del tutto privata.
La legge del 2006
In merito al quadro normativo per la tutela delle vittime e la prevenzione della violenza domestica l’Albania ha adottato, nel 2006, la legge sulle Misure di prevenzione della violenza nei rapporti familiari. La legge è stata approvata dal parlamento solo a seguito di forti pressioni da parte della società civile, tra queste una petizione sottoscritta da 20.000 persone.
La legge copre due aspetti importanti. Innanzitutto definisce quali sono le istituzioni statali competenti in materia di violenza domestica. In secondo luogo garantisce alla magistratura il potere di adottare “misure di protezione e restrittive” a favore delle vittime contro gli autori delle violenze.
“La legge sancisce che è l’autore della violenza quello che deve abbandonare la casa nel caso venga emesso un “ordine di protezione”, ma la realtà purtroppo è diversa. Di solito l’autore delle violenze e la vittima continuano a condividere gli stessi spazi e la violenza continua”, afferma però Sevim Arbana, dell’associazione “Utili alle donne albanesi”.
Norme inapplicate
L’applicazione effettiva della legge infatti rimane ancora una sfida da vincere, partendo dal completamento del quadro normativo di riferimento e la dotazione di un budget sufficiente ad operare.
“E’ un dato di fatto che, dall’inizio del 2011, vi siano stati più casi di donne assassinate e nessun colpevole in galera. E questo dimostra chiaramente che la legge non funziona. Gli strumenti previsti trovano impedimenti nella catena di applicazione e non ci sono rifugi per le vittime dove possano iniziare a ricostruirsi una vita”, spiega Arbana.
Come mostrano sia le statistiche ufficiali sia quelle fornite da associazioni del mondo non governativo, i casi di violenza domestica sarebbero addirittura in aumento. Questo potrebbe non essere un dato del tutto negativo perché potrebbe significare che finalmente il fenomeno sta iniziando ad emergere dalle mura chiuse del focolaio domestico. Ma non è nemmeno un dato rassicurante.
Dai dati emerge che la violenza avviene in più forme: da quella emotiva, a quella economica (in particolare nelle aree urbane) a quella fisica (in particolare nelle aree rurali), a quella sessuale, che è la più sommersa. I gruppi d’età che subiscono più violenze sono solitamente quelli di ragazze e donne che vanno dai 18 ai 23 anni e dai 37 ai 45. Tra tutte le vittime le più vulnerabili sono quelle con disabilità, donne migranti, rom e ragazze e donne originarie delle zone rurali.
Lo stato non esiste
Per quanto riguarda l’assistenza alle vittime, quella che arriva dalle istituzioni statali è talmente minima che può considerarsi praticamente inestistente. Nonostante la legge del 2006 vi sono enormi difficoltà nel garantire protezione alle vittime, aiutarle a trovare lavoro, una casa, e garantire ai loro figli diritti adeguati.
Nonostante la situazione difficile i rappresentanti della società civile auspicano in un futuro prossimo di riuscire ad attivare una collaborazione effettiva con le istituzioni statali competenti, per affrontare assieme il fenomeno della violenza domestica. In particolare auspicano maggiore collaborazione con il dipartimento della polizia responsabile per la lotta alla violenza domestica e alla protezione dei minori.
Si ringrazia per la realizzazione di quest’articolo Sevim Arbana, presidente di “Useful to Albanian Women Association”
Articolo realizzato da più autori in collaborazione con Oneworld SEE