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Violenza a Tirana

In Albania torna la violenza, come negli anni ’90. Spari, lanci di lacrimogeni e cariche con idranti ieri contro una manifestazione dell’opposizione che chiedeva le dimissioni di Berisha ed elezioni anticipate. Tre vittime, tutte civili. Il commento della nostra corrispondente Marjola Rukaj

22/01/2011, Marjola Rukaj -

Violenza-a-Tirana

Una Tirana blindata, la sede del governo recintata con il filo spinato, lacrimogeni, feriti per terra e forze dell’ordine ovunque. Una manifestazione politica, finita con un bilancio disastroso, 3 morti e decine di feriti. Solo qualche giorno fa, sarebbe stato impensabile che a Tirana avesse luogo una manifestazione violenta degna dei famigerati anni ’90. Nessuno si sarebbe immaginato che in una delle ormai numerose manifestazioni dell’opposizione contro il governo Berisha ci sarebbero state addirittura delle vittime. 

Eppure, nonostante non fossero stati presi molto sul serio, questo è quanto i leader riuniti dell’opposizione stavano annunciando da una settimana. Una manifestazione cittadina che portasse alla destituzione del premier Berisha e dove si "temeva" in modo anche ambiguo della violenza. “Fitore” (vittoria) e “Ik hajdut” (vattene ladro) sono stati gli slogan con cui è stato riempito ieri, 21 gennaio, il centro di Tirana. Gli stessi che nel corso dell’ultima settimana si sono sentiti nell’aula del parlamento albanese mentre deputati del Partito Democratico, premier Berisha incluso, e del Partito Socialista recitavano uno spettacolo ai limiti dell’assurdo e del volgare. I socialisti continuando la loro retorica post-elettorale sui brogli, incoraggiati da un video con prove di corruzione e nepotismo che metteva a nudo varie vicende poco chiare dell’esecutivo Berisha; i deputati di destra stando sulla difensiva con il solito linguaggio ostruzionista che punta solo ed esclusivamente sul personale, su presunti scandali sessuali e altri piccoli episodi da provincia moralista. 

Entrambe le parti, a corto di argomenti, e spinte solo dall’interesse al potere. La crisi politica in Albania si protrae dalle elezioni politiche del giugno 2009, vinte dal PD di Berisha, accusato però di brogli dal Partito socialista guidato da Edi Rama. Nelle ultime settimane un video trasmesso in televisione aveva scandalizzato l’Albania: mettendo sotto i riflettori cose note, ma che è sempre duro accettare. Nepotismo e corruzione sono alla base del modo di governare della classe politica albanese. La vicenda ha creato ulteriore fragilità per il PD di Berisha ed ha spinto il Partito socialista a tornare in piazza, per riprendere la situazione in mano ad ogni costo. E il risultato – seppur limitato per ora a una sola giornata – è stato molto simile a quelli ottenuti da Berisha nel corso della crisi del ’97 o nel settembre del ’98: violenza, cavalcando la disillusione e la rabbia dei cittadini. 

La popolarità del premier Berisha si trova attualmente in caduta libera. Il suo governo è fortemente delegittimato dalle dimissioni di Ilir Meta, protagonista del video che ha fatto partire lo scandalo, e leader del LSI, partito che gli ha assicurato i 3 deputati con i quali Berisha sino ad ora è riuscito ad avere l’attuale maggioranza. In un paese democratico, una situazione del genere avrebbe comportato una mozione di sfiducia in parlamento. In Albania invece Berisha si è difeso arrivando a sostenere che il video fosse un falso e fosse trasmesso per infangare la sua immagine e quella del suo partito. Da parte sua Edi Rama e i suoi alleati da una settimana invitavano gli albanesi a manifestare il loro dissenso con ogni mezzo, rispondendo a Berisha con la stessa moneta antidemocratica, mettendosi a capo della rivolta cittadina, e sfruttando nel proprio interesse le frustrazioni e lo scontento degli albanesi. E’ dalle elezioni del 28 giugno 2009 che il PS non ha saputo dimostrare d’essere una coerente alternativa a Berisha, attorno a cui raccogliere gli albanesi, bensì ha messo in scena un tira e molla continuo e disorientante, sempre funzionale alle probabilità del momento di raggiungere il potere. 

Difficile prevedere ora quello che avverrà in Albania nei prossimi giorni. C’è chi paventa un secondo ’97, ma nonostante la sfiducia nel governo attuale, difficilmente si può dire che Rama sia in grado e abbia intenzione di mobilitare gli albanesi a tali livelli. D’altronde questa volta gli albanesi non hanno perso tutti i loro risparmi in un crac finanziario e saranno in pochi quelli che sceglieranno di immolarsi per un’alternativa politica non necessariamente nuova e promettente.

Mentre i rappresentanti internazionali invitano a mantenere la calma e a negoziare, la migliore soluzione paiono essere elezioni anticipate, o la formazione di un governo tecnico che riesca a superare le difficoltà attuali del sistema elettorale. 

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