Vilnius, chi ha lasciato i bambini fuori dall’Accordo?
Gli Accordi di associazione discussi con i partner orientali dall’Ue a Vilnius non devono essere ridotti esclusivamente al tema degli scambi commerciali, ma sono molto più ampi. Ad esempio riguardano i diritti dei minori. Alcune riflessioni a partire dall’analisi dei testi sottoscritti da Moldavia e Georgia
I testi degli accordi di associazione di Moldavia e Georgia, i cui iter sono stati recentemente avviati a Vilnius, non sono identici. Ci sono molte buone ragioni alla base di queste differenze, ma alcune sono più difficili da spiegare. Uno sguardo ai documenti elaborati al recente summit sulla Eastern partnership dell’Ue.
Le tensioni geopolitiche si sono tutte concentrate recentemente attorno al summit di Vilnius e all’avvio degli Accordi di associazione tra l’Ue, da una parte, e Georgia e Moldavia dall’altra. Uno sguardo più approfondito ai testi degli Accordi può fornire alcuni spunti interessanti sui meccanismi celati delle negoziazioni tra l’Unione europea e i suoi partner. Per esempio in merito ad alcune differenze relative alla cooperazione su questioni sociali negli accordi sottoscritti con l’Ue, rispettivamente, dal primo ministro moldavo Iurie Leancă e dal presidente georgiano Giorgi Margvelashvili.
Discriminato il paragrafo anti-discriminazione
Leggendo il Titolo VI, capitolo 14, art. 349, dell’Accordo di associazione con la Georgia, si legge che “la cooperazione, basata su scambio di informazioni e scambio di buone pratiche potrà coprire una selezione di temi da identificare nelle seguenti aree”; nell’elencazione di tali aree c’è un riferimento a “pari opportunità e azioni contro la discriminazione, in modo da favorire la parità tra generi e le pari opportunità tra uomini e donne, e per combattere le discriminazioni basate su sesso, razza o origine etnica, religione o fede, disabilità, età o orientamento sessuale”.
Se guardiamo invece al Titolo IV, Capitolo 4, art. 32, dell’Accordo di associazione con la Moldavia, leggiamo che la cooperazione potrà rientrare nelle seguenti aree: “pari opportunità, per rafforzare la parità tra generi e per garantire pari opportunità tra uomini e donne e per combattere le discriminazioni in tutti i campi”.
Facendo una comparazione tra i due accordi si ha la forte impressione che i due testi erano inizialmente identici, nella prima stesura (la maggior parte degli altri paragrafi dello stesso articolo sono identici) ma che poi una delle parti coinvolte ha chiesto cambiamenti. In questo caso il “sospetto” è che alla Moldavia non piacesse un riferimento esplicito agli “orientamenti sessuali”; per sostituirlo le parti hanno concordato un più generico “combattere le discriminazioni in tutti i campi”.
Dato che la questione dei diritti degli LGBT è stata al centro di un profondo contenzioso legislativo in Moldavia, e addirittura di scontri violenti in Georgia, non c’è da sorprendersi che la formulazione di questo specifico paragrafo abbia ricevuto particolare attenzione. Ma, data la formula non vincolante di quest’articolo in entrambi gli accordi, che non implica azione o una cooperazione attiva delle parti, la si può considerare una differenza minima (se non insignificante) con nessuna conseguenza pratica e probabilmente dovuta all’ipersensibilità di qualcuno tra i negoziatori dell’accordo.
Chi ha lasciato fuori i bambini?
Un’analisi dell’intero testo degli accordi è probabile evidenzi numerose di queste differenze, ma ciascun testo è quasi di mille pagine. Ciononostante vi è un’altra differenza che allo stesso tempo colpisce di più ed è più difficile da spiegare.
L’Accordo di associazione tra l’Ue e la Moldavia include un intero Capitolo (Titolo IV, Capitolo 27) relativo alla “cooperazione nella protezione e promozione dei diritti dei bambini”. L’art. 138 sancisce che “questa cooperazione includerà, in particolare: (a) la prevenzione e la lotta di tutte le forme di sfruttamento (tra le quali il lavoro minorile), abuso, negligenza e violenza contro i bambini e in include lo sviluppo e il rafforzamento di una struttura legale e istituzionale e di campagne di comunicazione relative a questo specifico tema; […] (c) lo scambio di informazioni e buone pratiche sulla diminuzione della povertà tra i bambini […] (d) l’implementazione di misure atte a promuovere i diritti dei bambini all’interno della famiglia e delle istituzioni, e il rafforzamento della capacità dei genitori e di chi si prende cura dei bambini di garantire lo sviluppo del bambino; […]”.
In questo caso la formulazione dell’articolo è vincolante: “Le parti concordano di cooperare nel garantire la promozione dei diritti dei bambini […] Questa cooperazione include…”. Questo significa che la cooperazione in questo specifico campo deve avvenire e, come sancito nell’art. 139, dovrà essere condotto un regolare dialogo in merito a questioni relative alla protezione dei diritti dei bambini.
Nell’accordo con la Georgia manca l’intero capitolo né vi è alcun singolo riferimento alla protezione dei bambini o a temi relativi alla vulnerabilità dei loro diritti.
L’assenza colpisce ancora di più se si considera che in una risoluzione adottata dal Parlamento europeo nel novembre del 2011 sul tema delle negoziazioni tra Ue e Georgia in merito all’Accordo di associazone vi è un esplicito riferimento alla protezione dei diritti dei minori. In quell’occasione il Parlamento europeo esplicitamente raccomandò di “includere dell’Accordo una sezione relativa alla protezione dei diritti dei bambini”.
Perché manca? È difficile immaginare uno dei negoziatori che a un certo punto prende la parola e dice “noi non abbiamo intenzione di cooperare in merito al tema dei diritti dei bambini”. Ciononostante, qualcosa di simile deve essere accaduto.
È certo che la Georgia ha fatto passi importanti nel rafforzare il suo sistema legale dal punto di vista della protezione dei diritti dei minori, in particolare per quanto riguarda il processo di de-istituzionalizzazione. Ma la cooperazione in questo campo è così non desiderabile o irrilevante da essere lasciata fuori da un accordo di mille pagine?
Andare oltre gli scambi commerciali
L’avvio dell’iter per gli Accordi di associazione è stato comunemente descritto dalla stampa come una scelta geopolitica, come un gioco a perdere, il cui vincitore sarebbe stato o la Russia o l’Unione europea. È evidente che l’Accordo di associazione rappresenta una scelta simbolica. Ma non sono solo quello. Sono documenti lunghi, sostanziali che possono portare cambiamenti significativi e stimolare riforme in vari campi. L’Ue è stata un fattore centrale nel sostenere riforme in molti dei paesi dell’Europa centrale e sud orientale.
La presenza negli accordi di una sezione sulla protezione dei minori conferisce alle associazioni della società civile attive sul tema la possibilità fare pressione sul proprio governo e chiedere riforme in quel senso. Per esempio, una rete regionale non-governativa che lavora sulla protezione dell’infanzia (ChildPact) e una coalizione di Ong moldave, (Apscf) hanno già divulgato una dichiarazione comune per felicitarsi dell’inclusione dei diritti dei bambini nell’accordo di associazione con la Moldavia.
Le questioni legate agli scambi commerciali sono certo una componente estremamente importante di questi accordi, ma la maggior parte dei titoli in cui questi accordi sono suddivisi non hanno nulla a che fare con temi economici. Questo, ovviamente, dipende dal fatto che l’Ue e il processo di europeizzazione che quest’ultima promuove è qualcosa che va oltre gli scambi commerciali. E ci si augura ben oltre.
Se l’Armenia non è nelle condizioni di avviare un accordo sugli scambi commerciali con l’Ue, entrambe le parti dovrebbero recuperare la gran parte dei risultati ottenuti dalle lunghe negoziazioni realizzate in vista del summit di Vilnius e includerle in un nuovo piano d’azione ENP Ue-Armenia. Un alto livello di cooperazione su tutte le tematiche che non riguardano il commercio è possibile e dovrebbe essere perseguito. E si spera che, in questo caso, le parti concorderanno sul fatto che i diritti dei bambini siano una questione rilevante su cui cooperare.