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Vienna-Salonicco, l’Europa che verrà
Si è svolto a Salonicco un convegno per valutare i risultati ottenuti della Presidenza greca dell’UE e le prospettive per quella italiana. Vi ha partecipato per l’Osservatorio Davide Sighele che ha scritto questo reportage.
Vienna la capitale senza entroterra, amputata. Condivide il destino di un’altra città, Trieste che senza l’Istria si è ritrovata ad essere balcone sulla cortina di ferro. Ma se Trieste rimane ancora la fine di un mondo, se non per lo stagionale e superficiale scorrere dei turisti, Vienna traspira l’oriente vicino. A partire dal suo aeroporto. Brno, Belgrado, Mosca, Kiev. Legami impalpabili, linee che si accalcano sulle cartine dei piani di volo e che poi a terra si sostanziano con ferrovie ed autostrade.
Il mio volo è per Salonicco. Sorvolo l’intera penisola balcanica. L’Adriatico rimane lontano, sulla mia destra ma è l’acqua che guida i miei occhi: il lago Balaton, e poi il Danubio con le enormi anse che stringono la terra a sé, poi il lago di Ohrid ed infine, tra la polvere della costa, il mare. La giornata è tersa, le migliaia di metri che mi separano dal suolo s’appiattiscono ed il volo permette punti di vista insoliti sul procedere delle cose. Dall’alto i confini perdono senso, delle città si nota se sono in mezzo ad una pianura, lungo il corso di un fiume, protette dalle montagne. Non si capisce chi ci vive, che lingua parlano, se l’economia è prospera o meno. E dall’alto non si percepisce nulla che separi Vienna da Salonicco, men che meno Pristina da Belgrado.
Saranno più di 200 i metri quadri del cartellone pubblicitario blu che ricopre parte della facciata dell’Hotel Meliton a Porto Carras, sul secondo dito della penisola Calcidica. "European Council of Thessaloniki" la scritta principale, sicuro biglietto da visita per questo hotel anche negli anni futuri. L’entrata luccica ancora. I marmi, l’aria condizionata, i divani in pelle nera fanno per un attimo dimenticare che ci si trova in un’enorme scatola di cemento, costruita a pochi metri dal mare. Sul retro il campo da golf. Poco distante, in un’enorme spianata, operai sono al lavoro per smantellare un villaggio di container che ha ospitato durante il vertice dell’Unione Europea giornalisti, addetti alla sicurezza, personale vario. Porto Carras non si trova neppure sulla cartina 1 a 900.000. E’ solo un complesso turistico "facilmente difendibile" e sufficientemente pomposo da essere adatto a capi si stato e di governo.
"La presidenza greca dell’UE? Un successo, nulla di quanto si è ottenuto era scontato" afferma Panyiotis Partos, coordinatore per la Grecia dei programmi legati al Patto di Stabilità, "abbiamo posto le basi per l’integrazione dei Balcani in Europa, spetterà ora all’Italia raccogliere e concretizzare quanto fatto dai greci". "L’area dei Balcani è rimasta una priorità per l’Unione Europea, la prospettiva europea è stata fortemente riaffermata, i fondi a disposizione degli stati della regione rimpinguati". I partecipanti greci a questa conferenza promossa dal SEERC, centro di ricerca con sede a Salonicco, annuiscono. Altri visi sembrano meno sicuri che si sia fatto veramente tutto il possibile. Partos Panyiotis conclude il suo intervento auspicando che la Presidenza italiana riesca ad ottenere qualcosa per quanto riguarda l’alleggerimento del sistema vigente dei visti. Per sciogliere il paradosso di cittadini europei, quelli orientali, che in Europa non possono entrare. Annuisce anche suo figlio che ha approfittato della conferenza per passare un po’ di tempo con il padre. Nonostante i suoi undici anni è silenzioso e rinuncia per alcune ore alla spiaggia. "E’ sicuro – mi dirà poi a cena, spinto da un naturale e tenero spirito d’emulazione del padre – che la presidenza greca ha ottenuto risultati molto migliori di quella danese".
"Integrazione dei Balcani in Europa? Una via obbligata ma occorre dare piano autogoverno ad alcuni paesi. Iniziando ad esempio con la Bosnia Erzegovina. Che senso ha mantenere un Alto Rappresentante internazionale con poteri così ampi? Occorre che Assemblee nazionali e Governo abbiano da subito piena responsabilità delle proprie azioni. Questo garantirebbe alla BiH un più rapido percorso verso l’Unione" afferma Gerald Knaus, brillante direttore dell’ESI, un centro di ricerca che negli ultimi anni è stato tra i più apprezzati per quanto riguarda l’analisi politica dei Balcani "i prossimi passi per la regione verso l’Unione saranno, ci si augura, l’accettazione della candidatura della Croazia e la ridefinizione del budget dell’Unione, prevista per il 2006 all’interno della quale sarà necessario trovare i fondi per supportare e promuovere l’economia di questi Paesi. In modo da evitare che perdano terreno rispetto ai vicini che entreranno presto nell’Unione, come Bulgaria e Romania".
E l’Italia? Quali i programmi italiani per quanto riguarda i Balcani? "I Balcani sono senza dubbio una priorità per il semestre di presidenza italiana. Emerge chiaramente anche dal programma presentato dal Governo all’inizio della presidenza", afferma Silvia Costantini, del Ministero degli esteri e sottolinea poi come già molto è stato fatto in sostegno alla presidenza greca e che questo lavoro sarà senza dubbio portato avanti. Silvia ha studiato nella mia stessa università, a Gorizia, ultima città divisa da un muro. Quello che seziona in due parti la piazza della Transalpina. Un muro che però dall’anno prossimo con l’entrata della Slovenia nell’UE non esisterà più. Ci si augura non ne vengano asportati i mattoni per ricostruirne un altro più a sud e più ad est. Una Gorizia intrisa d’oriente, e questo ha probabilmente portato entrambi ad occuparci di Balcani. Abbiamo espresso durante la conferenza due punti di vista in parte complementari, in parte anche molto divergenti. Io esprimo tutti i miei dubbi sul fatto che i Balcani siano effettivamente tra le priorità italiane, schiacciati dal raggiungimento di un consensus sulla Convenzione europea, dalle preoccupazioni securitarie sull’immigrazione, dal ruolo che si vuole giocare nel processo di pace in Palestina. Anche uno degli aspetti più consoni al governo attuale, la costruzione del cosiddetto Corridoio 8, che taglierebbe trasversalmente i balcani all’altezza di Bulgaria, Macedonia ed Albania, benché più volte decantato sembra non sia stato difeso con energia al chiuso degli uffici di Bruxelles …
Durante le pause del convegno si esce in un atrio spazioso. Al di là del vetro la piscina dove la Grecia dimostra che le proprie famiglie non sono ancora esplose, sono ancora fortemente legate alla tradizione. Genitori e figli, ed a volte anche i nonni, sono tutti attorno alle vasche. I bambini continuano in un’instancabile successione di tuffi, sbracciate, immersioni. "Mi sarei trovato obbligato io a sollevare i dubbi da lei espressi se nessuno l’avesse fatto" mi dice Nikola Lukic, vicedirettore della sezione del Ministero degli esteri di Serbia e Montenegro che si occupa di integrazione, con un inglese elegante mentre si fuma una sigaretta. "Sono molti gli sforzi che stiamo facendo verso l’Unione Europea ma l’integrazione deve essere il più possibile rapida altrimenti la gente rischia di non tenere così alto questo slancio verso l’Europa". Lukic poi racconta dell’energia che una giovane funzionaria del suo Ministero sta mettendo nel sostenere e promuovere il cammino della Serbia e Montenegro verso l’Unione. "E’ la sua vita. Lei rappresenta pienamente la nuova élite che si è affermata in questi anni in Serbia".
Il ragazzino scende dalla macchina. Il viso si è incupito. Entra dal cancello senza nemmeno voltarsi. Il fine settimana con il padre è terminato e lui rientra al campeggio estivo. Panyiotis Partos, dopo una breve sosta a casa per cambiare vestito e cravatta, rientra nel suo ufficio a Salonicco. Il Patto di Stabilità non può aspettare. Ci lascia in centro città. A Porto Carras la Grecia faceva solo intuire se stessa, a Salonicco è densa e caotica e profondamente viva. Penso di nuovo alla prospettiva aerea, la Grecia non è altro che una mano allungata nel Mar Egeo. E forte è la nostalgia per quel braccio che potrebbe, finalmente, ricollegarla a Vienna.