Videoletters, oltre i confini

Un progetto ben riuscito, un ponte gettato per abbattere le barriere sorte col conflitto nella ex Jugoslavia. Grazie alle videolettere ci si incontra a distanza e si ritrovano vecchi amici smarriti con la guerra. Incontri virtuali che diventano reali

21/12/2006, Sanja Lučić -

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Un episodio di videoletters

Gli autori del progetto Videoletters

"Si tratta di gente. La politica non c’entra niente." Queste parole riescono a spiegare nel modo migliore un progetto chiamato Videoletters ideato 8 anni fa dagli olandesi Katarina Rejger ed Eric van den Broek, coraggiosi e determinati nella loro battaglia totalmente diversa da tutte le battaglie condotte negli anni novanta nei paesi della ex Jugoslavia.

Si tratta di una lotta che mette insieme, che avvicina, che fa ritrovare amici, parenti, amanti, amori persi. Ricostruendo i legami una volta forti, solidi, umani ma oggi inesistenti, deboli, insicuri spezzati grazie alla politica, alla propaganda, alle guerre sempre insensate.

Videoletters abbatte le barriere create dalla distanza, dai numeri di telefono persi, dall’odio e dal rancore, perché l’amore e la voglia di ritrovarlo sempre sono più forti dei pregiudizi, perché un amico rimane sempre un amico nonostante la sua nazionalità e questo progetto aiuta la gente che si è persa a ritrovarsi.

Inizialmente si trattava di programmi televisivi dove si ritrovavano gli amici, parenti, vicini di casa, colleghi separati durante la guerra nei Balcani, comunicando per la prima volta dopo tantissimi anni di silenzio. Registravano un video dove parlavano di loro, molti chiedevano scusa, ci sono state molte lacrime e molti perdoni. Gli episodi sono stati girati negli anni dal 1999 al 2004 aiutando coloro che si trovavano dall’altra parte ad incontrarsi. Queste trasmissioni sono andate in onda contemporaneamente il 02/04/2005 sulle televisioni di Croazia, Bosnia ed Erzegovina, Serbia e Montenegro, Macedonia, Slovenia e Kosovo in una cooperazione senza precedenti dopo la guerra.

In ogni episodio due persone di diversa nazionalità inviano una video lettera l’uno all’altro. Una volta erano amici, colleghi, addirittura parenti e spiegano in queste videolettere cosa hanno fatto durante la guerra, dove sono stati, chi hanno perso, come si sono sentiti e qual è il sentimento che nutrono l’uno verso l’altro e come mai si sono persi in questo modo.

Ci sono storie piene di rabbia, tristezza e paura. Il primo episodio della serie parlava di Emil e Sasa, cresciuti insieme a Pale (Bosnia Erzegovina), amici inseparabili ma che la guerra aveva diviso e cambiato all’instante costringendoli alla lontananza ed a non parlarsi più: 10 anni dopo si sono ritrovati a parlare tramite Videoletters.

Recentemente questo progetto ha avuto il suo spazio anche su internet (www.videoletters.net) dove grazie ad un motore di ricerca si possono cercare amici perduti durante la guerra, si può discutere delle questioni legate al conflitto, si possono conoscere diverse persone e scambiarsi le rispettive opinioni. Alcuni dei partecipanti al progetto sono motivati dal desiderio di ripristinare la fiducia reciproca, altri esprimono tristezza o rabbia, altri ancora confessano le proprie colpe o cercano di porre fine a pregiudizi reciproci.

Un episodio di videoletters

Dopo questi scambi di lettere, molti hanno anche deciso di rincontrarsi di persona per la prima volta dopo la guerra. Questo è appunto lo scopo dei registi che in passato documentando il movimento studentesco serbo Otpor, notarono "un’invisibile barriera tra le persone di diverse comunità. Amici di una volta che si odiavano, arrabbiati l’uno con l’altro, traditi, abbandonati e davvero intimiditi. Anziché dire ai loro amici come si sentivano, lo dicevano a noi" – raccontano i registi sul sito – "Volevamo costringerli a rompere il silenzio, ad andare al di là dei pettegolezzi e delle bugie ed affrontare i loro amici di una volta direttamente, in modo da non continuare a vivere odiandosi".

I due registi si erano accorti che c’era una voglia enorme di sapere come stavano quelli dall’altra parte, che cosa pensavano, come si sentivano, come vedevano questo conflitto. Hanno capito che molta gente divisa da un conflitto nutriva ancora sentimenti buoni verso gli altri.

Durante questa esperienza gli autori hanno incontrato molti ostacoli, uno in particolare molto forte: la paura. La paura di essere filmati, la paura di trovare i contatti persi, la paura di essere rifiutati. Ci si confrontava con molti traumi della guerra e molti pregiudizi. Si temeva come gli altri potessero vederli, cosa potessero pensare, di cosa fossero stati capaci di fare durante la guerra, la paura di non aver mai conosciuto in realtà quella persona che una volta era così vicina. Una paura comprensibile per tutte quelle persone che si erano perse durante il conflitto e adesso avevano voglia, bisogno o necessità di trovarsi.

Questo progetto include un sito web, automezzi equipaggiati con connessioni internet e web cam in viaggio in tutta la ex Jugoslavia, diversi internet point installati nei paesi coinvolti in questo progetto, vari forum e dibattiti. C’è anche una helpline, una linea telefonica aperta per le persone che hanno subito traumi o vivono problemi emozionali dopo la guerra. Ambasciatori, attori ed altre personalità famose hanno registrato le loro lettere per amici, attori ed artisti di altre nazionalità. Tantissimi gli sponsor del progetto: Dutch Ministry of Foreign Affairs, The British Foreign and Commonwealth Office, The British Embassy in Belgrade, The Stability Pact for South Eastern Europe, Press Now, The Open Society Institute, European Cultural Foundation, Care Netherlands, The Swiss Embassy in Bosnia and Hercegovina, GTZ ed xs4all Internet.

Al festival ‘Torinospiritualità’ svoltosi il 20 settembre scorso, c’è stato un incontro con gli autori di Videoletters che hanno spiegato il loro progetto insignito del Nestor Almendros Prize al Human Rights Watch International Film Festival di New York. Il progetto Videoletters ha dimostrato che la gente nonostante tutto aveva bisogno di ritrovarsi, di sorridersi, di abbracciarsi. Che avevano solo bisogno di una possibilità, di un’opportunità, che gli è stata offerta da questo progetto.

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