Viaggio al termine della colpa
I veterani olandesi tornano a Srebrenica, ma non è chiaro se saranno benvenuti dopo che una decorazione conferitagli dall’Aja ha suscitato dure proteste tra le associazioni delle vittime. La difficile riconciliazione dei bosniaci con le Nazioni Unite
Di Katherine Boyle e Aleksandar Roknic*, L’Aja, per IWPR, 10 novembre 2006 (titolo originale: "Dutch Peacekeepers to Return to Srebrenica")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall’Asta.
Per più di 11 anni, le truppe del contingente di pace olandese che non riuscì a impedire il massacro di più di 8.000 tra uomini e ragazzi a Srebrenica si sono confrontati con un atteggiamento dell’opinione pubblica che andava dalla simpatia fino al disprezzo e all’aperta ingiuria.
Ora, un piccolo gruppo di veterani sta progettando di fare ritorno in quell’area, che molti di loro non hanno più visto dai tempi in cui i cadaveri delle vittime dell’esercito serbo ricoprivano i siti delle esecuzioni nei dintorni della città.
Il viaggio, organizzato dall’Istituto olandese veterani, dal Centro memoriale Campo Westerbork in Olanda, e dal Memoriale Potocari in Bosnia, dovrebbe aver luogo nel prossimo autunno.
Ma non è chiaro se gli ex soldati saranno bene accolti dai residenti dell’area.
Molti bosniaci musulmani tuttora imputano al Terzo battaglione olandese la responsabilità di aver permesso ai serbi di uccidere migliaia di uomini e ragazzi musulmani a Srebrenica nel 1995.
Le truppe olandesi erano nei Balcani come parte della Forza di protezione dell’ONU, l’Unprofor, per proteggere i civili durante le sanguinose guerre che opposero i serbi bosniaci contro i croati ed i musulmani di Bosnia.
Il contingente di pace di Srebrenica, che si componeva di circa 400 uomini, avrebbe dovuto proteggere i rifugiati ed i residenti della cittadina bosniaca, dichiarata nel 1993 dall’ONU zona protetta.
Tuttavia, essi opposero una resistenza scarsa se non nulla all’attacco serbo.
Il massacro che ne risultò fu il più grave caso di genocidio mai accaduto in Europa dopo la Seconda guerra mondiale.
Wiebe Arts, storico presso l’Istituto olandese veterani, e che era di stanza a Srebrenica, è il principale promotore del viaggio, insieme a Anne Bitterberg del Centro memoriale Campo Westerbork. Secondo lui, sia i soldati olandesi che le vittime erano "inermi" di fronte alle forze serbe.
Arts racconta che l’Istituto veterani ha deciso di organizzare il viaggio dopo che un certo numero di ex peacekeeper ha espresso l’intenzione di ritornare a Srebrenica.
"Sarà loro ai soldati d’aiuto parlare con i sopravvissuti del genocidio", ha detto. "Alcuni soldati hanno già parlato con i sopravvissuti, e questo aiuta anche loro. L’anno scorso alcuni veterani sono andati là per proprio conto, e ci hanno detto che è una buona cosa da fare".
Egli aveva 28 anni quando era militare a Srebrenica tra gennaio e aprile 1995, nei tormentati mesi dei conflitti precedenti al massacro. Da allora non è più ritornato là.
"Aspetto con ansia questo viaggio", ha detto. "Sono curioso di vedere come le cose sono cambiate, se le case sono state ricostruite, se le strade sono state rifatte. In quel periodo il clima era gelido. I giorni erano tutti uguali, non cambiava mai niente. Quello che penso di voler vedere sono i cambiamenti".
Secondo il portavoce del ministero olandese della Difesa, Roger Vande Wetering, il 25 per cento dei soldati che erano a Srebrenica hanno riportato traumi psicologici in conseguenza della loro esperienza nell’enclave balcanica e delle valutazioni negative fatte successivamente agli eventi dai media e dall’opinione pubblica. Questo numero è significativamente superiore a quello dei veterani delle missioni di peacekeeping che normalmente soffrono di simili disturbi, che arriva al massimo al dieci per cento.
Al di là della speranza di Arts, che la visita sia salutare sia per i soldati che per la popolazione locale, egli ha sottolineato che il viaggio è rivolto a tutti i soldati che sono stati a Srebrenica, prima, durante o dopo il massacro, non solo a quelli che soffrono di un disturbo da stress post traumatico (PTSD).
"I veterani hanno una certa immagine dell’area, della gente, della sofferenza, del dolore", ha detto. "Essi vedranno a Srebrenica che si sono fatti dei progressi… Li aiuterà poter stare qui senza alcun timore. Potranno andare dove vorranno. Vedere tutto quello che non potevano vedere, dall’altra parte del posto di guardia".
La Bitterberg ammette che potrebbero esserci delle tensioni tra i veterani e alcuni membri della comunità locale, ma spera che il viaggio incoraggerà una maggiore comprensione tra i sopravvissuti e gli ex soldati.
Secono lei i più si mostreranno sinceramente ospitali, e vuole organizzare incontri tra gli attuali residenti e i veterani. Ha già contattato una psichiatra che lavora con donne sia serbe che musulmane dell’area, per preparare il terreno in vista di questi incontri.
"Lei domanderà loro se gli andrebbe di incontrare i veterani, e le preparerà a quello che potrebbe accadere durante l’incontro", ha detto la Bitterberg. Ha poi spiegato che anche i veterani si incontreranno con uno specialista prima di lasciare l’Olanda, in modo da essere pronti per quello che potrebbe rivelarsi un incontro molto impegnativo dal punto di vista emotivo.
Ma alcuni sopravvissuti al massacro lottano ancora con i terribili ricordi di Srebrenica. Secondo loro il battaglione olandese era tutt’altro che inerme, e si augurano che la visita aiuti gli olandesi a rendersi conto della loro corresponsabilità negli eventi.
"I soldati olandesi devono affrontare la verità, che anche loro sono coinvolti nel crimine di Srebrenica", ha detto Zumra Sehomerovic delle Donne di Srebrenica, una organizzazione non governativa il cui intento è quello di rintracciare i residenti ancora dispersi.
Sehomerovic, 54, ha perso suo marito e circa 40 parenti. Gli eventi di quel luglio – e l’impotenza dell’ONU – ancora la tormentano.
"Io ero nel campo ONU di Potocari, vicino a Srebrenica, l’11 luglio 1995", dice la Sehomerovic. "I soldati serbo bosniaci arrivarono e incominciarono ad uccidere e violentare la gente, solo perché aveva una religione diversa, perché era musulmana. Si sentiva l’odore del sangue, sangue umano".
La Sehomerovic afferma che un soldato ONU era presente quando ella vide un militare serbo uccidere un neonato. Più di 11 anni dopo, sta ancora cercando le ossa di suo marito, per potergli dare una sepoltura dignitosa.
"Noi vittime sentiamo che i soldati olandesi sono complici e colpevoli del crimine, insieme ai soldati serbo bosniaci e all’Esercito popolare jugoslavo", ha detto.
La Sehomerovic, insieme ad altri che persero dei familiari nel massacro, ha intentato causa all’ONU e al governo olandese, sostenendo che le truppe olandesi non riuscirono a proteggere i civili musulmani, e furono lente nel riferire le atrocità all’ONU e a richiedere un aiuto dall’esterno.
Circa 7.930 tra vittime e familiari sono rappresentate in questa causa, che è attualmente in corso presso la Corte distrettuale dell’Aja.
Il sindaco di Srebrenica, Abduraham Malkic, ha detto che darà il benvenuto a Srebrenica ai veterani del battaglione olandese, a patto che essi esprimano il loro rammarico per non essere intervenuti nel momento del massacro. Non è ancora chiaro, in questo momento, se lo faranno. Le loro intenzioni per ora si incentrano sul vedere come è cambiata la regione ed incontrarsi coi sopravvissuti.
Il sindaco ha poi espresso la sua disapprovazione per un’onoreficenza concessa recentemente dal governo olandese ai veterani del battaglione, che voleva essere un riconoscimento per l’operato reso dai soldati in quelle difficili circostanze.
"Il governo olandese gli ha dato una medaglia", ha detto. "I soldati sono stati coinvolti in un crimine, e sapevano quello che stava succedendo".
Vande Wetering però ci ha tenuto a puntualizzare che l’onoreficenza non era una medaglia. "Non è un riconoscimento per meriti di servizio o per atti di coraggio. Questa è una distinzione molto importante", ha sostenuto.
Ha detto inoltre che diverse indagini, condotte dal Parlamento olandese e dall’Istituto dei Paesi Bassi per la documentazione bellica, hanno rivelato che gli errori commessi a Srebrenica furono più colpa delle Nazioni Unite e di alcuni politici olandesi, pittosto che dei singoli soldati.
"L’ONU ed il goveno olandese hanno commesso dei gravi errori nel valutare quanto stava accadendo laggiù", ha detto. "L’ONU avrebbe potuto muoversi meglio, e certi ministri olandesi avrebbero potuto fare di più, equipaggiando meglio il personale militare nella zona franca e dandogli mandato di usare la violenza contro gente che, stando alle regole, non avrebbe dovuto esser lì".
Egli ha anche sottolineato che c’è una differenza enorme tra chi si è reso responsabile di errori di giudizio, e chi si è reso responsabile di omicidi di massa.
"Durante questi dieci anni successivi al massacro di Srebrenica, i veterani sono stati criticati dai media internazionali, dai media olandesi, dal popolo olandese, dai politici olandesi", ha aggiunto. "Come hanno dimostrato le indagini, questo non è giusto, ed essi meritano una qualche forma di riconoscimento, che mostri che essi non furono giudicati equamente durante il lungo periodo successivo alla caduta della zona protetta".
Arts concorda, notando che la stampa è stata "molto rude" coi soldati, dopo la caduta dell’enclave.
"I soldati hanno fatto quello che hanno potuto, ma il problema principale è stata la linea gerarchica di comando", ha detto. "Tutto il danno e la disinformazione fatti dalla stampa hanno avuto un grande impatto sui veterani olandesi, laddove sono stati i serbi che hanno effettivamente compiuto gli omicidi".
La Bitterberg ha detto che un certo numero di veterani che hanno ricevuto l’onoreficenza hanno contattato il Centro memoriale Campo Westerbork per chiedere consiglio, su cosa fare del riconoscimento. Molti vorrebbero donare le loro onoreficenze ad una organizzazione che si occupa dei sopravvissuti del massacro di Srebrenica.
Secondo lei, il conferimento di queste onorificenze da parte del governo olandese è il riflesso di un mutamento nell’opinione pubblica, nei Paesi Bassi, riguardo a Srebrenica. La pubblicazione degli atti delle indagini governative, e di un libro di saggi personali, "Ricordi di Srebrenica", che ricostruisce l’esperienza di 171 soldati olandesi del contingente, hanno gettato nuova luce sulle difficoltà che essi hanno dovuto affrontare, ha detto.
Il Centro memoriale ha già pronta una lunga lista di persone che vorrebbero partecipare al viaggio, ma prevede di mantenere il gruppo piccolo, permettendo un massimo di 20 participanti. Ma dato che ai veterani sarà permesso portare con sé familiari o amici intimi, in effetti riusciranno a prendervi parte non più di otto soldati.
Se la visita dovesse avere successo, comunque, secondo la Bitterberg ne saranno programmate altre – per permettere ai veterani di collocare i propri personali problemi e sensi di colpa nel più ampio contesto della storia.
*Katherine Boyle ed Aleksandar Roknic sono corrispondenti di IWPR all’Aja