Viaggio a Mostar

Massimo Zamboni, musicista e scrittore, già chitarrista dei CCCP/CSI, ritorna a Mostar, dove i CSI suonarono nel primo concerto dell’inquieto dopoguerra bosniaco. Dopo 10 anni, dal nuovo incontro con le persone conosciute allora, nasce "L’inerme è l’imbattibile": musica, testi e immagini sul tema dell’inermità e della nonviolenza

30/05/2008, Andrea Oskari Rossini - Sarajevo

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Massimo Zamboni

Con evidenza, il mondo nostro contemporaneo impone l’armarsi. In ogni campo: religioso, sociale, etnico, non ultimo quello intimo, personale. Giornali e televisioni sostengono e dilatano lo stato d’assedio, instillando l’insediarsi del regno della paura. Certo, ci sono interessi concreti, dietro quelle scelte. Ma ci sono più spesso volti e nomi, dietro quei giornali, quelle televisioni, uomini e donne che operano scelte di campo e di opinioni in nome collettivo. E ci siamo noi, i nostri nomi e volti, che a volte in maniera incredibilmente inconsapevole accettiamo e diffondiamo le barricate come luogo di intesa tra gli uomini

L’inerme è l’imbattibile è il nuovo CD/DVD di Massimo Zamboni, prodotto da Pulsemedia – Castagneda – Vivo film e distribuito dalle edizioni musicali de "Il manifesto". I testi, le musiche e le immagini proseguono la personale ricerca di Massimo Zamboni
sui temi del conflitto e della memoria. Al centro del ragionamento c’è il dopoguerra di Mostar, dove le nozioni di vittoria e sconfitta si trasformano, perdendo contorni definiti. Nello straordinario documentario contenuto nel cofanetto, "Il tuffo della rondine", tre persone raccontano a Zamboni e al regista Stefano Savona le conseguenze della loro scelta di non imbracciare le armi nella primavera del ’92.

Come nasce il progetto "L’inerme è l’imbattibile"?

Arriva a completamento di una serie di pensieri che vengono da molto lontano, addirittura dai CCCP degli anni ’80, passano attraverso i CSI e prendono una svolta decisa dopo il primo viaggio a Mostar, dove abbiamo suonato nel 1998. Quella città ci ha messo alla prova. Io ho deciso di cominciare il mio percorso solista in quel momento, avevo bisogno di approfondire temi che con un gruppo fai fatica ad affrontare.

Da questo percorso è nato prima l’album "Sorella Sconfitta", che già contiene una serie di ragionamenti sviluppati a Mostar sulla forza della sconfitta, e sulla disperazione di chi vince. Poi ho scritto "Il mio primo dopoguerra", e alla fine ho sentito il bisogno di sviluppare questo tema dell’inermità. In quest’ultimo lavoro ho cercato di mantenere due registri: quello personale, perchè se parli di inermità e di sconfitte devi essere disponibile ad accettare ed esporre le tue, cosa che avviene nelle canzoni del CD, e uno invece più universale, tornando a Mostar. Mostar è una città piccola, è molto facile conoscere tutti, è molto facile non farsi confondere, lì i segni sono ancora molto evidenti. Città come Sarajevo sono più complesse, a Mostar è tutto a portata di mano, inclusi i pensieri.

Oltre al CD, "L’inerme è l’imbattibile" è anche una raccolta di testi e il documentario "Il tuffo della rondine", in cui incontri persone conosciute dieci anni fa che raccontano le conseguenze del non aver combattuto, tracciando un bilancio del loro personale dopoguerra. Perchè un documentario?

Per inseguire un pensiero, un pensiero che lega insieme l’inermità e l’imbattibilità, verificarlo nelle storie e nei volti delle persone che avevo conosciuto a Mostar e che sapevo non avevano preso le armi. Per tanti motivi, o perchè non le trovavano o perchè non avevano fatto in tempo o proprio perchè non le volevano prendere. Dieci anni dopo, volevo capire come la loro vita era stata determinata da quel non prendere le armi allora.

In un passaggio del documentario il regista teatrale Nedzad Maksumic, intervistato, svela il ragionamento sulla sconfitta parlando dell’incrocio di sguardi con il proprio vicino attuale, suo aggressore durante la guerra, e dei giochi dei loro bambini. L’inerme diviene l’imbattibile?

Non si possono fare proclami su queste questioni, dall’altra parte di questo ragionamento ci sono persone che hanno patito duramente la propria inermità. Però Mostar ti può insegnare, e le storie delle persone che compaiono nel documentario ne sono un esempio, quanta forza c’è nell’aver dovuto subire l’inermità allora. E sempre Mostar ti insegna quanta disperazione c’è nell’essere stati vincitori. Una cosa che risulta evidente quando giri per la città, nelle case, nelle chiese, nei campanili, nelle croci disseminate ovunque, è il senso di assedio che provano i vincitori. Questo è paradossale, perchè sono loro che hanno vinto, sono loro che dovrebbero detenere le redini della città. Invece è una situazione da assediati, senza assedianti però. Sembra quasi che la vittoria si sia impadronita dei loro cuori, e questa non credo sia un’esternazione romantica ma un dato di fatto molto concreto.

Per me sarebbe stato più semplice mettere al centro del progetto l’inerme e l’imbattibile, queste due entità come due poli separati, così come ce le mostrano la televisione e i giornali, così come il mondo si sforza di farci credere. Credo invece sia necessario dire con forza che l’inermità è l’imbattibilità, questo dona un senso diverso alle cose.

Questo progetto nasce dall’Emilia, con il sostegno di numerosi enti locali della tua zona. Nelle didascalie che ricordano chi ha contribuito al progetto, però, non ci sono i soliti ringraziamenti. Parli dell’orgoglio di appartenere alla regione Emilia, un’area forte, capace di farsi carico. Che vuol dire?

Quando parti devi sapere da dove inizia il tuo viaggio. Io sono andato a Mostar perchè lì ci sono dei legami molto forti non solo tra me e la città ma anche tra la regione da cui provengo e quella città, perchè ci sono molti progetti di cooperazione in corso, perchè siamo andati lì per la prima volta grazie all’aiuto della regione Emilia Romagna e della regione Marche. Il tuo punto di arrivo è determinato da un punto di partenza, e anche tutte le località che vorrei toccare nel successivo sviluppo di questo progetto sono luoghi che hanno avuto o hanno a che fare fortemente con l’Emilia, o addirittura con Reggio. Come scrivo nel libro, per me è stato motivo d’orgoglio apporre i logo delle istituzioni che hanno fatto proprio questo progetto, patrocinandolo o sostenendolo, e in particolare, oltre alla Regione Emilia Romagna, la Provincia di Forlì-Cesena, il Comune di Forlì e il consorzio di cooperative BOREA di Reggio Emilia.

Sono cambiate le cose rispetto all’Emilia paranoica dei CCCP?

Non è cambiato granchè sai, perchè in realtà l’Emilia paranoica conteneva già in sé tutti questi segni. Diciamo che la solidarietà emiliana è una caratteristica costitutiva dei suoi abitanti, senza voler rivendicare nulla, non c’è nessuna superiorità in questo, però è una cosa che respiri, che pratichi, che vedi praticare, bene, male, questo verrà stabilito da altri, io penso bene, penso che qui esista un senso civico che costituisce il capitale civile d’Italia, è il luogo dove l’Italia tiene. Questo bisogna sottolinearlo, poi possiamo anche chiamarla paranoica, possiamo viverci male, come si può vivere male dappertutto, ma la sostanza non cambia.

Quindi il rapporto con gli enti locali non è stato di solo sostegno formale?

Le istituzioni possono essere molto più intelligenti e accorte che non le case discografiche, i giornali musicali o a volte il pubblico stesso. La musica in quanto disciplina artistica è fortemente in ribasso, in Italia in particolare direi che è allo sfacelo per la mancanza di temi che non siano il girare continuamente intorno al proprio ombelico o a degli stereotipi rocckettari di cui non se ne può più. Quando un Paese non è più di moda, come la Bosnia ad esempio, non c’è nessun musicista che ci pensi, che consideri questi luoghi come parte integrante della propria formazione non solo intellettuale ma proprio umana. E’ importante invece rivendicare alla musica questi luoghi e questi avvenimenti, e presentarli anche istituzionalmente. Ho trovato una sensibilità forte su questi temi, e questo mi ha stupito ma ha anche rincuorato, devo dire la verità.

Quali sono le prospettive future di questo progetto?

Sicuramente il concerto, quello è un momento che resta fondamentale, in cui quello che fai arriva direttamente al pubblico. Insieme al concerto naturalmente le immagini e le letture. Questa è la cosa cui vorremmo dedicare tutto questo inverno e la prossima primavera. Vorrei poi proseguire a scavare sul tema dell’inermità, mi sembra una delle questioni centrali del nostro tempo, allargando lo sguardo da Mostar ad altri luoghi. Il Sudafrica e poi Beirut, che è un altro posto cui sono molto legato, poi l’India e forse il Tibet. In questo momento però sto componendo le canzoni per un nuovo CD, che vorrei suonare sulla chitarra acustica.

Come mai?

E’ un CD di protesta, e i CD di protesta vanno fatti sulle chitarre acustiche. Vorrei parlasse del nostro Paese.

L’Italia?

Sì. Ho composto una canzone per il film di Vicari "Il mio Paese", che si chiama "La mia patria attuale", cantata da Nada. Patria, perchè qui siamo nati e qui vogliamo vivere, ma attuale perchè una patria non può pretendere sentimenti eterni dai suoi cittadini. C’è un forte sentimento di appartenenza ma a volte anche una grande tristezza e voglia di scappare.

Per il momento possiamo dire che in ottobre sarai di nuovo qui in Bosnia, a Banja Luka e poi forse anche Sarajevo e Mostar…

Sì, non so come sia successo ma ormai mi sono preso l’impegno e quindi possiamo già confermarlo. E’ stato come per Sorella Sconfitta o per Ortodossia dei CCCP, quando prendi un impegno non puoi più tirarti indietro.

L’inerme è l’imbattibile, di Massimo Zamboni, Castagneda/Pulsemedia/Vivo film (2008). Distribuzione Il manifesto

Il documentario di Osservatorio sui Balcani "Il cerchio del ricordo" contiene come colonna sonora i brani "Santa Maria Elettrica", "Sorella Sconfitta" e "Stralòv", tratti dall’album di Massimo Zamboni "Sorella Sconfitta"

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