Via libera
Dopo dieci mesi di stallo la Slovenia sblocca i negoziati di adesione della Croazia all’Ue. Una vittoria del premier croato Kosor, soprattutto frutto di forti pressioni di alcuni stati dell’Unione europea e degli USA su Lubiana
La Croazia si è avvicinata, ed è ormai prossima all’Unione europea: dopo 10 mesi trascorsi invano e l’arresto dei negoziati di adesione, la Slovenia ha finalmente mollato la presa sbloccando i 14 capitoli di negoziazione, 9 ancora da aprire e 5 da chiudere.
L’accordo è stato raggiunto dal premier croato Jadranka Kosor e dal premier sloveno Borut Pahor lo scorso 11 settembre a Lubiana. Entrambe le parti hanno sottolineato con forza che nessuno, né la Slovenia né la Croazia, esce vincitore da questa disputa – che ha bruscamente frenato Zagabria di fronte all’ormai imminente entrata in Ue – ma si tratta di un accordo frutto di un paziente e silenzioso lavoro diplomatico.
Sembra che Jadranka Kosor possa ritenersi più che soddisfatta. Giudicando dalle reazioni dei partiti d’opposizione, che in Croazia hanno salutato positivamente l’accordo, e in Slovenia hanno interpretato invece la firma di Pahor come un tradimento degli interessi nazionali, sembra proprio che a Zagabria sia andata meglio.
L’accordo con la Slovenia, che permetterà alla Croazia di continuare finalmente il suo cammino verso l’Ue, è un grande successo del premier croato che, dopo le dimissioni a sorpresa del suo predecessore Ivo Sanader, ha preso la guida del paese in condizioni eccezionalmente difficili. Nel tentativo di salvare il paese dalla bancarotta, ha dovuto prendere una serie di misure impopolari come l’aumento dell’IVA, l’introduzione di una "tassa di recessione" del 4% sugli stipendi e numerosi limiti posti ai diritti sociali esistenti.
L’accordo con la Slovenia è il primo passo per "ricucire la ferita", un successo di cui ci si può compiacere, anche se per la maggior parte dei cittadini non è sufficientemente "tangibile", perché nell’immediato non porta alcun miglioramento degli standard di vita.
Tuttavia, il fatto che ora la Croazia sia molto più vicina all’Ue rispetto a ieri, in seguito allo sblocco dei negoziati con la condizione da parte slovena che Zagabria riveda alcune sue posizioni sulla soluzione del contenzioso sul confine, è stato accolto con grande sollievo. Nonostante i dieci mesi di tensioni con la Slovenia abbiano provocato l’aumento dell’euroscetticismo, i cittadini sono consapevoli che per un piccolo paese come la Croazia appartenere alla grande famiglia europea sia un’importante priorità a lungo termine.
Ciò che l’ex premier croato Sanader ha tentato di risolvere invano insieme al collega sloveno Pahor in quasi otto mesi, il suo successore, Jadranka Kosor, lo ha conseguito in soli due mesi. Tutti concordano che l’accordo con la Slovenia non sia il risultato delle sue abilità di negoziazione, ma che l’indulgenza di Lubiana sia soprattutto dovuta alle forti pressioni dei membri più influenti dell’Ue e degli USA. Alcuni analisti ritengono che particolari spinte siano arrivate dal segretario di stato americano Hillary Clinton che, a fine luglio a Washington, si è incontrata con il ministro degli Esteri sloveno Samuel Žbogar.
Tra le ragioni della scelta di Ivo Sanader di dimettersi dal suo ruolo di premier lo scorso 1 luglio, anche se non esplicitamente, vi era anche il problema con la Slovenia, che non è riuscito a risolvere in alcun modo; di conseguenza ovviamente la Slovenia, dopo la sua ritirata, è stata esposta alle pressioni per una quanto più urgente soluzione della disputa con la Croazia. L’animosità tra Sanader e Pahor è stata sicuramente un ostacolo, ma una volta che il premier croato si è chiamato fuori dai giochi, Pahor ha dovuto fare il passo successivo. Secondo l’esperto di politica estera Branko Caratan, Sanader ha fatto "una ritirata onorevole", e questo gli ha permesso sulla scena nazionale croata di risultare il vincitore della disputa sloveno-croata. Quando Pahor si è trovato al tavolo delle trattative con Jadranka Kosor, è stato più facile per lei fare qualche concessione.
Ciò che è stato concordato tra Pahor e Kosor, e che ha permesso alla Croazia di proseguire i negoziati per l’entrata nell’Unione, non è niente di strabiliante. La Croazia si è impegnata a ritirare tutti i documenti e le dichiarazioni che potrebbero compromettere il confine comune e il contenzioso si risolverà con un arbitraggio. La richiesta croata non è più quindi che la soluzione alla disputa debba avvenire per forza in tribunale, ma ci si è dichiarati aperti anche alla possibilità di una commissione arbitrale. L’accordo Kosor-Pahor, in una versione simile, era già stato discusso da Sanader e Pahor, ma allora non era stato concluso.
Per la Croazia è importante che la questione del confine comune, e quella più complicata della zona dell’Adriatico del golfo di Pirano, venga distinta dai negoziati di adesione. L’entrata in Ue ora, dopo quasi un anno, torna ad essere la priorità della politica estera croata. Il premier Jadranka Kosor ha già formato il suo team di lavoro per i negoziati con l’intenzione di iniziare a lavorare a pieno ritmo per poter aprire tutti i capitoli entro il 2009. Non sarà facile, perché la Croazia, quando si tratta dei capitoli legati alla giustizia, è bloccata da Gran Bretagna, Finlandia, Olanda e Belgio. Questi paesi ritengono che Zagabria non abbia collaborato abbastanza con il Tribunale dell’Aja, perché impedisce al tribunale di accedere ai documenti denominati "diari-esplosivi", importanti per la procura dell’ICTY nei processi ai generali croati Ante Gotovina, Mladen Markač e Ivan Čermak.
Tuttavia, dopo l’accordo con la Slovenia, per quanto riguarda il cammino verso l’Unione europea, la Croazia è in una posizione decisamente migliore rispetto ai tempi di Sanader. I negoziati, ovviamente, non saranno conclusi entro quest’anno, e il termine è rimandato alla prima metà del 2010. In questi mesi la Croazia potrà finalmente stabilire la data della sua entrata in Ue. Adesso il 2012, dopo il via libera sloveno, sembra essere un termine reale.