Vent’anni fa, il Ponte telefonico

ll 5 ottobre 1992 partì l’iniziativa Telefonski Most nella sede dell’Arci a Milano. Due telefoni e un mixer, un ponte telefonico italiano tra abitanti di Croazia e Serbia che non potevano più comunicare a causa della guerra.

La censura e il blocco di ogni forma di comunicazione e dialogo erano alcuni degli strumenti delle politiche nazionaliste. Così avvenne anche nelle zone di confine tra Croazia e Serbia nel 1991. Un’intera fascia di villaggi, abituati a scambi oltre confine tra parenti, amici e conoscenti, vennero isolati: le false notizie dei reciproci massacri date per radio e tv – non potendo essere verificate anche attraverso le telefonate ad amici e parenti sul campo – ebbero molto più successo.

In Italia, l’Arci Milano e l’Associazione Est/Ovest, con pochi mezzi economici e tanto volontariato – quello dei cittadini bosniaci residenti a Milano e alcuni volontari italiani bilingue – costruirono un ponte. Ricordo, da volontaria bilingue, la prima telefonata. La signora chiama dalla Croazia, mi dice di voler parlare con il figlio che non sente da mesi e che abita oltre confine. Su un altro telefono faccio il numero serbo, lui risponde sorpreso. Li metto in collegamento. Si raccontano, piangono, chiedono conferma delle notizie sentite per radio e tv.

"Furono migliaia le chiamate, voci di persone che non pronunciarono mai parole di odio e vendetta, non gettarono sul parente o sull’amico lontano la responsabilità della tragedia in atto" come scrive Luigi Lusenti presidente di Arci Milano. Una memoria che forse può far bene ricordare, vent’anni dopo.

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Brevi

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    27/08/2024, Redazione -

  • Lo sport è spesso un grande generatore di storie di riscatto individuale e sociale, e le Olimpiadi di Parigi non hanno fatto eccezione. Tra le tante storie, quella di Božidar Andreev però si fa notare. 

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