Unione europea: politiche di coesione e sud-est Europa
Un terzo del budget dell’Unione europea è investito nelle cosiddette politiche di coesione. Di queste risorse quante arrivano e su cosa vengono investite nei sei paesi Ue seguiti da OBC Transeuropa? Un’analisi
L’Unione europea adotta bilanci a lungo termine che interessano periodi che vanno dai cinque ai sette anni. Una parte consistente – mediamente un terzo – di questi piani di spesa pluriennali viene destinata alle cosiddette politiche di coesione.
Queste ultime sono il principale canale di investimento dell’UE volto a sostenere la creazione di posti di lavoro, la competitività delle imprese, la crescita economica, lo sviluppo sostenibile e più in generale a migliorare la qualità della vita dei cittadini europei.
Nello specifico la coesione economica e sociale, così com’è definita dall’Atto unico europeo del 1986, mira a “ridurre il divario fra le diverse regioni e il ritardo delle regioni meno favorite”. Il più recente trattato dell’UE, il Trattato di Lisbona, aggiunge una terza dimensione e parla di “coesione economica, sociale e territoriale”.
Nel periodo 2014-2020, l’Unione europea è riuscita a mobilitare e a destinare più di 390 miliardi di euro alle politiche di coesione (fonte: Cohesion data 2014-2020), ben oltre un terzo del budget europeo complessivo previsto all’inizio del settennato. Per il periodo 2021-2027, l’Unione europea, orfana del Regno Unito, ha invece previsto di stanziare risorse complessive per 1.074 miliardi di euro, di cui 373 miliardi dedicati specificatamente alle politiche di coesione. A questo bilancio ordinario si aggiungeranno poi 750 miliardi di euro del cosiddetto piano Next Generation EU.
Semplificando una galassia molto complessa possiamo individuare quattro strumenti principali a livello europeo a favore delle politiche di coesione: il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (ERDF, acronimo inglese) volto a promuovere uno sviluppo equilibrato nelle diverse regioni dell’UE, e che nel periodo preso in considerazione ha interessato risorse per 223 miliardi di euro (57% del totale); il Fondo Sociale Europeo (ESF), istituito per sostenere progetti in materia di occupazione e investire nel capitale umano, a cui sono stati dedicati 97 miliardi di euro (25%); il Fondo di Coesione (CF) mirato a finanziare specificatamente progetti nel settore dei trasporti e dell’ambiente nei paesi in cui il reddito nazionale lordo pro-capite è inferiore al 90% della media dell’Unione. In particolare, nel periodo 2014-2020, il Fondo di Coesione, del valore di oltre 61 miliardi di euro (16% del totale), ha interessato Bulgaria, Croazia, Cipro, Cechia, Estonia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia e Slovenia; l’Iniziativa per l’Occupazione Giovanile (YEI) con risorse dedicate pari a nove miliardi di euro (2%), destinate ad aiutare gli stati membri a rispondere agli alti livelli di disoccupazione giovanile.
Questi quattro fondi fanno parte della categoria più ampia dei cosiddetti fondi strutturali e di investimento, ai quali appartengono anche il Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca (EMFF) del valore di cinque miliardi e mezzo di euro, e il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (EAFRD), le cui risorse totali ammontano a circa 130 miliardi di euro. Tuttavia questi ultimi due fondi non rientrano formalmente nelle azioni di coesione dell’Ue.
Dal seguente grafico è possibile riscontrare la distinzione delle risorse in miliardi di euro previste sui sei paesi membri che seguiamo (Slovenia, Croazia, Romania, Bulgaria, Grecia e Cipro) per ambito tematico di intervento, nonché per fondo di provenienza di queste ultime. La situazione è eterogenea e non di facile sintesi. Infatti, mentre alcuni fondi hanno una destinazione pressoché esclusiva (YEI e CF), altri (ERDF e ESF) sono più trasversali in merito ai loro ambiti di applicazione. Allo stesso modo, mentre su alcuni ambiti convergono i finanziamenti di più fondi – come accade per la transizione ecologica e per l’occupazione e inclusione sociale – altri settori di intervento attingono unicamente ad un solo fondo – ad esempio ricerca e innovazione o competitività delle piccole e medie imprese.
Focalizzando l’attenzione sulla distribuzione dei fondi tra stati membri dell’Unione, vediamo dal grafico successivo che anche in questo caso la situazione è molto differenziata. Così, è possibile osservare come la Polonia da sola abbia assorbito quasi il 20% delle risorse messe a disposizione delle politiche di coesione. Inoltre, pur non rientrando Italia e Spagna nelle finalità del Fondo di Coesione ad ognuna di esse viene dedicato circa il 10% delle risorse complessive in questione.
Venendo ora ai sei paesi di maggiore interesse per OBC Transeuropa tra quelli affiliati all’Unione europea – Bulgaria, Croazia, Cipro, Grecia, Romania, e Slovenia – possiamo vedere come la proporzione tra i diversi fondi per ciascuno stato è sostanzialmente la medesima. Tuttavia, le risorse per la coesione differiscono sensibilmente in termini assoluti: Romania, 23 miliardi di euro; Grecia, 18 miliardi; Croazia, 9 miliardi; Bulgaria, 8 miliardi; Slovenia, 3 miliardi; Cipro, poco meno di un miliardo.
Il seguente grafico schematizza infine per ogni paese Ue la situazione, mostrando non solo il fondo di pertinenza delle risorse, ma anche l’ambito tematico di destinazione di ciascun fondo.
In quest’articolo abbiamo voluto dare una panoramica sulle risorse delle politiche di coesione dedicate agli stati membri dell’Unione Europea presenti nel sud-est Europa. Seguiranno, nell’ambito di questo filone di approfondimento, analisi che ad esempio permettano di andare più in profondità attraverso conteggi pro-capite delle risorse in questione, o che tengano conto del Prodotto Interno Lordo dei singoli stati o un’analisi più nel dettaglio del loro ambito tematico di utilizzo.