Un’antropologa alla ricerca degli scomparsi

Laura Yazedjian, antropologa canadese, da tre anni lavora a Tuzla per la Commissione Internazionale Persone Scomparse. Il suo lavoro consiste nel verificare che i dati raccolti tramite le analisi del Dna e le altre informazioni siano coerenti con il caso in esame, per poter arrivare all’identificazione finale

12/04/2005, Andrea Oskari Rossini -

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Laura Yazedjian

Di Andrea Rossini e Luka Zanoni

La incontriamo in uno dei locali del Centro per la Ricerca delle persone Scomparse dell’ICMP a Tuzla. Le celle frigorifere di questo Centro, che si occupa solo degli scomparsi di Srebrenica, ospitano attualmente i resti di circa 4.000 persone, che saranno conservati qui fino al momento dell’identificazione. Ad oggi il progetto del Centro dell’ICMP di Tuzla ha permesso di arrivare all’identificazione di 1.741 persone, inviate per la sepoltura al Memoriale di Potocari o in altri cimiteri, secondo il volere delle famiglie.
Laura è laboriosamente alle prese con dei resti umani brunastri, che cerca di ricomporre in uno scheletro completo. Ad alcune ossa più grandi mancano delle sezioni regolari, sono quelle utilizzate per le analisi del Dna. Rubiamo qualche minuto al suo lavoro per alcune considerazioni e domande

Da dove viene?

Canada.

La sua professione?

Antropologa forense

In cosa consiste il suo lavoro?

Seguo i casi che presentano rapporti del Dna consistenti con gli altri dati che abbiamo relativamente all’individuo, cioè i casi che hanno un nome, informazioni relative alla data di nascita e in generale altre notizie. Quello che faccio io è controllare lo scheletro e i resti per assicurarmi che non ci siano problemi, cioè che non ci siano ossa mescolate che provengono da altri individui, da altri resti, e che tutto sia coerente con i dati che abbiamo e con il rapporto del Dna corrispondente. Se ce n’è il bisogno possiamo inviare da qui altri campioni di Dna per avere conferme sull’identità prima di poter arrivare ad un risultato finale di identificazione.

Da quanto tempo lavora a questo progetto?

Tre anni.

Sempre qui a Tuzla?

Per lo più sì.

Laura Yazedjian al lavoro

Ci può dare dei dati relativamente a quanti casi ha esaminato e quante persone ha potuto identificare?

Non è facile… Credo che la persona migliore alla quale fare questo tipo di domande, sul numero di casi, sia effettivamente Rifad, il patologo, perché a volte, anzi la maggior parte delle volte, per me un caso non rappresenta l’intero individuo.

Lei l’unica antropologa forense qui?

In questo laboratorio sì, ma abbiamo altri antropologi forensi che lavorano a materiale proveniente da Srebrenica. Io sono l’unica che lavora a casi che hanno già un nome associato ai resti trovati.

Sulla base della sua esperienza, credi che sarà mai possibile arrivare all’identificazione di tutte le persone che sono ancora scomparse?

Lo spero, lo spero proprio. Ma molto dipende dal fatto che vengano tutti esumati, cioè tirati fuori dalle fosse comuni, perché se non vengono tirati fuori dalla terra nella quale sono stati gettati, evidentemente non c’è niente che noi possiamo fare. Posso dire però che tutti i resti che abbiamo qui e tutte le persone che saranno esumate nei prossimi anni, per quanti possano essere, verranno identificate.

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