Una vita senza casa. La situazione dei rom in Bosnia-Erzegovina

06/08/2001, Redazione -

La privatizzazione minaccia anche i Rom. Questa volta è il turno dei Rom di Mostar, città in cui fin dalla sua fondazione esiste un quartiere – Bisce Polje – abitato da nomadi. E’ stata una grande sorpresa per Zarif Ahmetovic tornare a casa pochi giorni fa, e trovare le ruspe che gliela stavano radendo al suolo. Il Comune di Mostar est ha venduto la terra abitata dai Rom ad un imprenditore, Camil Zuharic, che su quel terreno ha in progetto la costruzione di un piccolo centro commerciale. L’accordo tra l’imprenditore e la municipalità di Mostar non ha però preso in considerazione la sorte di Zarif e dei suoi sei figli. La prima notte successiva alla distruzione della casa, la famiglia ha dormito nella casa di amici, ma all’indomani sono dovuti andar via da Mostar, per sempre. "Noi Rom siamo fatti cosi, adesso siamo qui, domani chi lo sa. Quando andiamo via una volta, non torniamo più". "Adesso nessuno della nostra tribù sa dove siano finiti" dice Ramadan Haziri, presidente dell’associazione "Neretva" che raduna i Rom di Mostar.
Sembra che l’accordo con l’imprenditore Zuharic sia ormai una cosa fatta e che una trentina di famiglie Rom dovranno andarsene, mentre il rappresentante del municipio di Stari grad (Città Vecchia) di Mostar – Zijad Hadzionerovic – ha promesso di trovare una soluzione per tutti i Rom di Bisce Polje. In realtà, in passato venne già individuata una località in cui spostarli, ma durante l’inverno scorso la zona venne inondata dal fiume Neretva. Ancora meno fortunati i Rom di Kiseljak (ad ovest di Sarajevo), che durante le inondazioni di luglio si sono ritrovati senza casa. Le famiglie sono state evacuate, ma fino ad ora non è stata trovata per loro ancora nessuna sistemazione definitiva. Sono state proprio queste due storie ad attirare l’attenzione sulla situazione attuale dei Rom in Bosnia.

I Rom in Bosnia Erzegovina

Ad oggi non esistono stime ufficiali sul numero dei Rom presenti in Bosnia ed Erzegovina, anche perché con lo scoppio dell’ultimo conflitto gran parte di essi sono scappati, alcuni diretti verso l’Italia, altri verso la Macedonia e la Serbia.
Prima della guerra vivevano in Jugoslavia circa 850.000 Rom. Esistevano rom di quasi tutte le confessioni religiose presenti sul territorio, ortodossa, cattolica e musulmana, mentre l’intera comunità Rom, senza distinzione di appartenenza religiosa, festeggiava il "Djurdjevdan", che cade ogni sei maggio. Secondo il censimento del 1981, risulta che nella Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia il 47% della popolazione rom con più di 15 anni era analfabeta., il 29% aveva frequentato solo i primi quattro anni di scuola dell’obbligo, appena il 4,6 % aveva frequentato la scuola superiore, e la percentuale di coloro che avevano concluso gli studi superiori si abbassava ad un misero 0,2%.
I Rom vivono da sempre in quartieri separati dal resto della popolazione, cosa che avviene tutt’oggi sia in Bosnia sia nelle altre repubbliche della ex Jugoslavia, come ad esempio a Suto Orizario nei pressi di Skopje. In Bosnia i Rom vivono nelle periferie delle grandi città come Sarajevo, Mostar, Tuzla, o in piccoli quartieri "ghetto" di altre cittadine come Kakanj, Bihac o Zavidovici. La loro posizione sociale li relega quasi sempre in ruoli alquanto inferiori rispetto al resto della popolazione.
Dopo la guerra i Rom rimasti in Bosnia Erzegovina sono molto pochi. Come ci riferisce Haziri, a Mostar prima della guerra vivevano 120 famiglie (per una media di circa 10 membri per famiglia), mentre oggi ne sono rimaste solo 30. Tra i loro membri quasi nessuno lavora in modo stabile, e nessuno beneficia dell’assistenza sociale. Solo ultimamente l’Ufficio affari sociali di Mostar ha deciso di erogare delle sovvenzioni rivolte ai cittadini Rom disabili (invalidi, cechi ecc.).

Le organizzazioni Rom: deboli e divise

L’organizzazione Rom "Neretva" di Mostar è nata pochi mesi fa, e si è data il compito di rapportarsi con le istituzioni nella ricerca di soluzioni definitive ai problemi che sono emersi ultimamente nella zona. Ma purtroppo le organizzazioni locali di Rom non hanno tra loro rapporti molto buoni, cosa che si ripete anche in altri paesi dell’area. Non esiste un coordinamento nazionale per l’intera Bosnia (ed è anche per questo che non è possibile avere dati certi e aggiornati sul numero dei Rom ancora presenti nel paese), e pare non esserci nemmeno una reale volontà di collaborazione.
Tra le tante organizzazioni Rom oggi presenti sul suolo bosniaco, quelle che hanno i maggiori contatti con la comunità internazionale – e quindi anche maggiore accesso a finanziamenti – sono quelle guidate da Rom con una preparazione universitaria. Ma pare esistere un scollamento tra questi e il resto della comunità Rom, perché incapaci di comprendere la tendenza di gran parte dei propri membri a scegliere il nomadismo come impostazione di vita. E così, il disaccordo tra le varie organizzazioni che radunano i Rom della Bosnia Erzegovina non fa che aggravare la situazione, già di per sé difficile, dell’intera comunità. Forse la storia emblematica di Zarif Ahmetovic e della sua famiglia ha attirato l’attenzione pubblica sulle grandi problematiche di questo popolo, che da sempre ha fatto parte della storia bosniaca. Ma intanto nessuno sa dove sia andata la famiglia Ahmedovic…

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