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Una scossa alla cattiva memoria del Montenegro
Due documentari ricordano la responsabilità del Montenegro nei conflitti degli anni Novanta a chi preferirebbe dimenticarne il ruolo. Nella convinzione che ancora molta sia la strada verso una riconciliazione autentica
Di Paul Hockenos e Jenni Winterhageni, per IWPR, 28 maggio 2007 (titolo originale: "Films Stirs Memories of Montenegro Wartime’s Guilt")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Antonia Pezzani
A un anno dalla dichiarazione d’indipendenza, un controverso film sta spingendo un visibilmente riluttante Montenegro a lottare contro il lascito del suo ruolo nei sanguinosi conflitti dei primi anni Novanta.
Nel 1991 – capitolo della guerra serba contro la Croazia – unità dell’esercito jugoslavo guidate da ufficiali montenegrini e zeppe di riserve montenegrine, devastarono gran parte dei villaggi dell’estrema punta sud della Dalmazia croata e bombardarono la storica città portuale di Dubrovnik, causando danni per milioni di euro e centinaia di morti civili. Per tutta la durata dei conflitti in Croazia e Bosnia, il Montenegro rimase stato federale con la Serbia fino al 2003, quando i due stati formarono un’unione statale più leggera.
Nel 1997, il Montenegro si dichiarò pentito per il ruolo svolto nelle guerre e nelle atrocità che ne venirono. Ad ogni modo, affrontare il passato è stato un processo selettivo e superficiale, affermano critici dell’opposizione.
"Rat za mir," che in serbo significa "guerra per la pace", fu il cinico slogan del sostegno dei politici montenegrini alla campagna dell’esercito jugoslavo nella Croazia del sud.
È anche il titolo del controverso film del regista montenegrino Koca Pavlovic su questi eventi, che solo oggi, quattro anni dopo la sua produzione, viene proiettato in sedi istituzionali del Montenegro, come le università.
Formalmente, il governo montenegrino, che è guidato dallo stesso partito che governava la repubblica nel 1990, ha compiuto passi importanti per il risarcimento dei torti commessi nel periodo.
Oltre ad esprimere pentimento per il suo ruolo nel 1997, ha collaborato – in netto contrasto con la Serbia – con il Tribunale Internazionale per i crimini nella ex-Jugoslavia, ICTY, all’Aja.
Nel 2004-05, il tribunale giudicò colpevoli di crimini di guerra l’ex ammiraglio montenegrino Miodrag Jokic e il generale Pavle Sturgar e li condannò entrambi a otto anni di carcere.
Pavlovic, che oltre a essere regista è all’opposizione, afferma che le azioni del Montenegro non hanno considerato la questione essenziale della responsabilità per la guerra e le atrocità.
"Ora tra Zagabria e Podgorica va tutto bene e a meraviglia, ma tra gli abitanti di Herceg Novi e Niksic (città di confine montenegrine) e Dubrovnik le cose non vanno bene,"dice. "Non siamo neanche agli inizi di un vero processo di riconciliazione. I politici semplicemente affermano che c’è stato."
Pavlovic ha aggiunto: "I nostri politici, come l’ex presidente e primo ministro Milo Djukanovic non hanno ancora visitato Dubrovnik. Non hanno il coraggio di provare a camminare per le strade di Dubrovnik perché non possono, ancora."
Con una mossa a sorpresa, poco dopo il referendum per l’indipendenza dello scorso anno, Djukanovic si è dimesso da primo ministro, una carica che aveva mantenuto quasi ininterrottamente dal 1991. Dal 1998 al 2002 fu Presidente. Rimane a capo del partito di maggioranza dei Social-democratici.
Si speculò molto al tempo delle sue dimissioni dal governo che la comunità internazionale avesse esercitato delle pressioni perché si dimettesse a causa del suo coinvolgimento nei conflitti degli anni Novanta e in varie attività di mercato nero.
Nel film di Pavlovic, Djukanovic ammette che le proprie azioni e dichiarazioni di allora erano sbagliate, ma sostiene di aver agito in buona fede, dato che aveva avuto l’impressione che il Montenegro fosse minacciato.
I montenegrini ammettono senza problemi di essere riluttanti a viaggiare in Croazia del sud in auto con targa montenegrina, specialmente se sono dal bastione pro-serbo di Niksic, città natale di molte riserve. "Puoi scommettere su un finestrino rotto o come minimo graffi alla carrozzeria," dice Darko Mandic, uno studente di Niksic.
La reazione ufficiale al film del 2003 di Pavlovic è dimostrazione della difficoltà patite dalla società montenegrina nell’affrontare il passato. Quando esplorava gli archivi per fare il film, Pavlovic scoprì che tutti i giornali dal 1991 al 1992 erano stati rimossi dalle principali biblioteche pubbliche. Quando finalmente furono restituiti, afferma che le pagine contenenti discorsi compromettenti o dichiarazioni di ufficiali di alto rango montenegrini del tempo, come Djukanovic, mancavano.
Dalla sua uscita, il documentario è stato proiettato con grande successo a Berlino, Parigi, New York e in Canada. È stato proiettato in alcune sedi private in Montenegro, ma mai alla tv statale o, fino a quest’anno, in una sede pubblica.
"Volevamo finalmente proiettarlo in un luogo ‘ufficiale’ e discuterlo apertamente con i nostri colleghi," dice Maja Simonovic dell’Associazione degli Studenti di Scienze Politiche, che a maggio ha organizzato la proiezione del film all’università di Podgorica.
Il film di 120 minuti è un’analisi sarcastica dell’assalto armato alla Croazia del sud e della propaganda usata dalla leadership montenegrina, che lavorava allora mano nella mano con il leader serbo, Slobodan Milosevic.
Usando materiale originale apparso sulla tv statale montenegrina, "Rat za Mir" segue politici influenti, compreso Djukanovic, e le più alte eminenze militari mentre avanzano la loro asserzione che la Croazia ha 40 mila truppe al confine, pronte a invadere il Montenegro.
In realtà, i croati in difficoltà non erano in condizione di attaccare il Montenegro. Avevano solo una milizia armata leggermente sul confine sud che non oppose quasi resistenza alle truppe montenegrine che infestavano e saccheggiavano villaggio dopo villaggio, internavano civili, e bombardavano Dubrovnik.
Mentre diventava evidente che non esistevano truppe croate ammassate, le autorità montenegrine ricorsero a spiegazioni ancora più assurde per la loro offensiva: sostennero che le orde dei combattenti croati si erano dileguate solo per riaccorparsi altrove; in alcuni casi erano fuggite attraverso tunnel segreti e i civili erano in realtà "ustascia" – termine per i croati nazisti della II Guerra Mondiale.
Il film mostra Djukanovic che giustifica l’offensiva e giura di non giocare mai più a scacchi (la bandiera croata è una scacchiera rossa e bianca). Il film è un’accusa non solo della leadership amministrativa e militare ma anche dei media montenegrini, che svolsero un ruolo attivo nel fomentare la propaganda.
Alla proiezione all’università di Podgorica, è seguita una accesa discussione in cui molti studenti hanno accusato Pavlovic di non aver esaminato il governo nazionalista croato in una luce altrettanto critica quanto quella usata per l’amministrazione montenegrina.
Pavlovic è stato impassibile. "Non siamo ancora pronti a parlare onestamente delle nostre responsabilità," ha detto. "Questo tipo di argomentazione è una giustificazione implicita dell’accaduto, di persone giovani, troppo giovani perfino per averne memoria."
Comunque, non è l’unico film questo a lanciare una nuova prospettiva sul recente passato del Montenegro. Un altro documentario sui primi anni Novanta è recentemente uscito in Montenegro. Il quotidiano maggiore del paese, Vijesti, ha distribuito un DVD gratuito del film di Alen Drljevic "Karneval,"che documenta la deportazione dal Montenegro di rifugiati bosniaci a campi di detenzione nell’Erzegovina dell’est, in mano serba. Dei più di ottanta uomini deportati, solo una manciata i sopravvissuti.
"Karneval tratta di un evento traumatico del nostro passato," afferma l’editor di Vijesti Vladan Micunovic, spiegando la distribuzione gratuita del film, "e la gente ha bisogno di conoscerlo." Ad ora, i membri di 13 famiglie dei deceduti hanno ricevuto un compenso del tono di 15 mila, 30 mila euro. "È un risarcimento vergognosamente irrisorio," afferma Milan Popovic, analista politico. "Ma almeno questi casi civili vengono lentamente giudicati."
Quell’affermazione è discutibile. I tribunali montenegrini hanno preso poche misure contro i sospettati di crimini di guerra. Oggi, sei ex ufficiali di polizia coinvolti nella deportazione del 1992, compreso l’ex capo di polizia di Herceg Novi, sono a processo. Ma il processo ha visto molti ritardi e il principale testimone, un ex ufficiale di polizia, ha ricevuto ripetute minacce di morte. Ad oggi, solo una persona condannata in Montenegro per crimini di guerra sta scontando una sentenza.
"Dobbiamo affrontare il nostro passato così che niente di simile possa ripetersi," dice Popovic. "Si dovrebbe proibire l’accesso a cariche ufficiali a persone colpevoli di crimini di guerra e violazione dei diritti umani."
Concorda la piccola opposizione del Partito Liberale. Recentemente ha redatto una legge di lustrazione che chiederebbe le dimissioni dei politici attivi coinvolti negli eventi degli anni Novanta. Questo avrebbe chiare implicazioni per Djukanovic, che rimane presidente del partito politico al governo del paese. Critici affermano che un simile disegno di legge ha poche possibilità di essere approvato finché Djukanovic e altri mantengono cariche rilevanti in Montenegro.