Una questione di stato

Nel 2001 erano stati picchiati. Con la polizia a guardare. A Belgrado però, otto anni dopo, i partecipanti del Gay Pride scendono nuovamente in strada. Oggi la Serbia è più vicina all’Europa, ma restano ombre sulla vicinanza tra alcuni apparati dello stato e gruppi estremisti intenzionati a bloccare l’evento

18/09/2009, Lucia Manzotti - Belgrado

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"E' tempo di uguaglianza"

"Il gay pride? Non ci sarà". È sicuro e quasi sorride nel darmi questa notizia Miša Vacić, vent’anni, studente di legge di Belgrado e esponente del movimento ultra-nazionalista "SNP 1339" ("Movimento Nazionale Serbo 1389"). "1389" è un movimento minoritario, 200 persone a Belgrado e altrettante in tutta la Serbia, abbastanza visibili attraverso manifestazioni anti-europee, in difesa dei cosiddetti interessi nazionali e della chiesa, dalle proteste contro l’arresto di Karadžić, alle marce in ricordo della battaglia di Kosovo Polje. "Per il gay pride però – assicura Miša – ci saranno almeno 10 se non 15 mila serbi con coscienza nazionale che lo impediranno".

Domenica prossima infatti il movimento serbo in difesa dei diritti di gay e lesbiche organizza dopo otto anni il secondo gay pride mai tentato in Serbia, il "Belgrade Pride". Il primo, nel 2001, fu un disastro, segnato dagli attacchi di nazionalisti e hooligans e da una gestione colpevolmente carente della polizia. In seguito a quella che fu chiamata la "Massacre Parade" le associazioni gay e lesbiche in Serbia hanno portato avanti le loro attività in semiclandestinità e sempre con molta attenzione alla sicurezza.

La situazione oggi è cambiata: la Serbia dovrebbe richiedere lo status di Paese candidato per l’Unione europea entro il 2009 e deve dimostrare che condivide alcuni valori di parità di diritti e libertà di espressione. Nella primavera scorsa il Parlamento ha approvato una legge anti-discriminazione fortemente voluta dalle associazioni per i diritti delle persone LGBT che punisce anche la discriminazione in base all’orientamento sessuale. Il ministro degli Interni, Ivica Dačić, ha rinnovato in questi giorni l’assicurazione che la polizia farà di tutto per "mantenere ordine pubblico e pace".

Almeno 60 organizzazioni dalla Serbia e dall’estero hanno fornito il proprio appoggio al "Belgrade Pride" e 50 figure pubbliche (artisti, attori etc.) hanno prestato la loro voce e faccia per la campagna a favore della marcia di domenica con lo slogan "E’ tempo di parità di diritti".

"Vi aspettiamo" – scritta provocatoria contro il Gay pride di Belgrado

C’è un fronte opposto però di cui va tenuto conto che si sta organizzando quasi – viene da dire – con lo stesso entusiasmo. Si dice che in città sia impossibile trovare i fumogeni da stadio perché sono già esauriti da tempo in previsione del pride. "Ci saranno tutti – spiega Miša di 1389 – noi, altri movimenti ‘patriottici’ come Obraz, i Delije della Stella Rossa, i Grobari del Partizan, fino alle tifoserie delle squadre più piccole e insignificanti della città. Non conteranno più le distinzioni dei colori della squadra del cuore, faremo un fronte dei ‘sani e dei normali’ deciso ad impedire la gay parade in Serbia". E la polizia? "Beh, ci sono differenti opinioni all’interno della polizia – ribatte Miša – non penso che siano tutti così pronti a difendere i gay". Comunque secondo il giovane serbo con "coscienza nazionale" sarebbe in atto una discussione proprio con la polizia su cosa possono fare e cosa no.

"Abbiamo richiesto l’autorizzazione per fare una manifestazione nello stesso posto in cui comincia il pride (il Plato, piazza di fronte alla Facoltà di Filosofia ndr.) ma nelle ore precedenti, faremo una festa dei serbi ‘sani e normali’ dalla mezzanotte di sabato fino alle 10 della domenica. La manifestazione ‘di quelli’ dovrebbe iniziare alle 11. Noi alle dieci spegneremo la musica e leveremo gli striscioni per dimostrare la nostra buona volontà, ma come farà la polizia a sgombrare tutta quella gente? E come faranno gli ‘altri’ a venire a mettere il loro materiale per l’inizio della parata?".

Non solo, esiste anche il piano B. Se la polizia ritira l’autorizzazione si sono già organizzati in "piccoli gruppi mobili" che occuperanno la piazza la mattina presto. "Faremo come Gandhi, ce ne staremo seduti, tutto senza violenza", precisa il ragazzo. Chiedo come faranno a mettere nella stessa piazza tifosi e poliziotti ed impedire la violenza. "Dobbiamo assolutamente evitarla – dice Miša per la prima volta con uno sguardo un po’ preoccupato – perché il morale è molto alto contro i gay. Le persone hanno individuato i gay come simbolo di tutte le cose negative che vengono dall’occidente, dalla perdita del Kosovo al bombardamento del ’99 alla crisi economica e sociale. C’è molta frustrazione che viene convogliata contro di loro".

In genere le interviste con i nazionalisti e gli hooligans mandano sempre dei messaggi. L’idea della manifestazione lo stesso giorno è stata data in pasto alla stampa fra ieri e oggi come chiaro messaggio: ci sono forze pronte a tutto per impedire lo svolgimento della parata.

"Diecimila contromanifestanti? Non saranno più di 400, più o meno come i partecipanti al gay pride". Il professore di Studi Strategici dell’Università di Belgrado, Zoran Dragišić, ha messo a punto uno studio per la sicurezza del Belgrade pride ed è un esperto in tema di sicurezza. "Il mio assessment evidenziava l’alto rischio che la manifestazione comporta, ho spiegato bene i metodi di attacco e le forze di questi gruppi che si preparano ad attaccare, ma intendiamoci la polizia ha tutte le capacità per impedire a questi fanatici di agire, è solo una questione di volontà".

"Se avessero voluto avrebbero potuto già arrestare molte persone – continua Dragišić – che tramite i media hanno fatto precise minacce di morte mettendoci il loro nome". Cosa ne pensa della manifestazione annunciata nello stesso giorno? "Significa che c’è una fronda interna alla polizia che appoggia questo tipo di movimenti. Del resto Koštunica promuoveva in prima persona quelli di Obraz (ultra-nazionalisti) e l’apparato della sicurezza non è cambiato dai tempi di Koštunica, ma nemmeno dai tempi di Milošević".

Il capo della polizia Željko Nikać ha detto all’emittente B92 che non possono del tutto sciogliere la riserva per lo svolgimento del Belgrade Pride, se i rischi apparissero molto alti si potrebbe cancellare. "Rispetto a questo penso intanto che ha fatto bene il ministro dell’Interno Dačić a smentirlo affermando che la polizia farà il suo dovere. Penso anche però che se il capo della polizia ammette di non avere il controllo del territorio andrebbe quanto meno licenziato perché vuol dire che non sa fare il proprio lavoro. Dopo di che proporrei di iniziare a pagare le tasse a Obraz e 1389 visto che evidentemente loro hanno il vero potere".

La polizia quindi ha al suo interno elementi "sleali", il governo è unito? "Il governo è composto per la maggior parte da comparse spesso incompetenti. Certo, Dačić appare deciso nella sua posizione contro questi gruppi, ma quanto è forte?" continua il professore. La questione pare ormai andare oltre il rispetto dei diritti umani per la popolazione gay: in gioco è la tenuta dello Stato.

"La marcia di domenica ci darà modo di rispondere a varie importanti domande – conclude Dragišić – esiste un sistema di leggi che deve essere rispettato in Serbia? La polizia è pronta a difendere queste leggi? Ci sono organizzazioni come gli ultra-nazionalisti che sono più forti dello Stato? C’è qualcuno all’interno dello Stato che le difende e le aiuta? Chi?".

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