Ci racconti del suo giornale…
Il nostro giornale è stato creato nel 1975 dal Partito Repubblicano. A quel tempo c’erano veramente molti pochi giornali che riflettevano le posizioni dell’opposizione o di chi la pensava diversamente dal potere dell’epoca, erano gli anni immediatamente successivi alla guerra. Fino agli anni ’80 il giornale veniva distribuito con una specie di passaparola e chi lo leggeva non era visto di buon occhio. Il nostro è un giornale su posizioni di sinistra ma soprattutto che difende la pace. E’ stato fondato appunto con la volontà di vedere un nuovo ordine, una nuova Cipro, la pace e la democrazia, la speranza di vedere Cipro reggersi sulle proprie gambe con una propria amministrazione. Queste le basi del nostro giornale, il riavvicinamento tra le due comunità e la pace nell’isola. La cosa più importante per me è una nuova Cipro che possa fondarsi su di un proprio ordine democratico, su di una propria forza economica.
In un suo recente articolo riferendosi ai recenti sviluppi politici sosteneva che il cambiamento deve cominciare dalle piccole cose, dai telefoni cellulari…
A sud c’è stato un cambiamento, Christofias viene da una tradizione che è molto vicina a quella del partito repubblicano. Far riavvicinare le due comunità, battersi per l’uguaglianza di tutti i ciprioti, queste sono le posizioni sostenute da sempre dall’AKEL Partito Progressista del Popolo Lavoratore, ndr. Adesso ci sono importanti limitazioni che pesano su di noi, alcune sono legate alla questione cipriota e queste rimarranno fino a che la questione non sarà risolta, questa è una realtà. Ma una parte dei problemi riguarda invece i diritti umani più in genere. Qui da noi, nella parte turca, esiste una realtà che non è riconosciuta da nessuno, è vero, non ci riconoscono gli Stati Uniti, la Germania, l’Inghilterra ecc., ma le persone hanno comunque dei diritti fondamentali: di movimento, di informazione e comunicazione. I turco-ciprioti possono stabilire comunicazioni con tutti ma non quando passano nella parte sud, i telefonini non prendono. E’ una cosa piccola, semplice, ci sono sicuramente problemi più importanti. Ma come può accadere qualcosa di simile nella nostra epoca, nell’età della comunicazione? Se andate a cinque passi da qui non potete usare il vostro telefonino.
Come sono le relazioni tra le due comunità?
Nel 2004, subito dopo la riapertura dei confini del 2003, c’è stato il referendum, una parte ha votato sì ed un’altra no. Poi c’è stato un indubbio raffreddamento. Ma l’apertura dei confini ha perlomeno permesso alle persone di vedere la realtà. Per anni le persone dalle due parti hanno fatto sogni, fantasie, e congetture rimanendo però ciascuno rinchiuso nella sua comunità. Con l’apertura dei confini hanno visto quello che c’era dall’altra parte, hanno subito uno choc e sono tornate indietro. Dal 1974 è passato molto tempo. Un bambino nato subito dopo la guerra oggi ha almeno 30 anni, non ha mai visto l’altra parte, e oggi per lui l’altra parte è ormai un posto estraneo. Forse i suoi genitori, nonni, hanno una memoria, ma intanto sono passati molti anni, nuove vite, nuove memorie si sono formate, legate a posti diversi, ai posti in cui vivono adesso. Questa presa di contatto con la realtà dell’altra parte, non avendo delle solide fondamenta, essendoci il vuoto prodotto durante molti anni, ha fatto sì che tutti, immediatamente dopo aver visto, si siano rinchiusi nella loro parte. Invece di un nuovo entusiasmo, di una fusione, c’è stato un raffreddamento. Da poco le due comunità hanno cominciato a riaversi da questo effetto.
Come si costruiscono queste fondamenta?
Si è parlato di diverse possibilità, si sono messe sul tappeto diverse iniziative per far crescere la fiducia e la sicurezza reciproca. Io credo che sia molto importante il sistema scolastico e bisogna riconoscere che a questo proposito la parte turca ha fatto passi importanti, sono stati riscritti i libri di storia. Nel passato i libri di storia delle due comunità miravano a creare inimicizia, odio tra i ragazzi, erano pieni di notizie che favorivano lo scontro. La parte turca, con il nuovo governo e presidente, ha riscritto i libri di storia. Adesso ci sono informazioni che riguardano l’epoca in cui si viveva insieme. Si cerca di tenersi lontano dallo scontro, magari dando più spazio a informazioni sulla società cipriota, sulle tradizioni, evitando lo sciovinismo ed il militarismo. Purtroppo la stessa cosa non è stata fatta nella parte sud. In Grecia si è cominciato a lavorare su di un progetto del genere ma ha suscitato molte reazioni, non è stato ancora completato. Quindi da questo punto di vista la parte turca ha fatto un passo importante.
Io credo poi che si dovrebbero organizzare più iniziative comuni, se i giovani non condividono le stesse situazioni, gli stessi ideali, se non cooperano, se non fanno progetti comuni, non è possibile realizzare il riavvicinamento. Non basta di tanto in tanto fare delle mostre, oppure degli spettacoli di danza popolare. Ci vuole una cooperazione costruttiva. Con il tempo ci si riuscirà. Ad esempio a sud nei licei in lingua inglese ci sono anche molti studenti turchi, in uno di questi 85 ragazzi turchi studiano con i greci, studiare insieme è importante. La cosa più importante però è che i loro governanti devono cambiare il sistema scolastico, evitare accuse e provocazioni, creare le condizioni per una cooperazione. Lo stesso dovrebbe succedere nel mondo del lavoro, creare imprese miste, le iniziative che esistono sono pochissime. I turchi poi che passano a sud per lavorare sono impiegati prevalentemente nei lavori pesanti, ci vorrebbero anche imprenditori, amministratori.
Quanto influenza il presente la memoria collettiva, quello che accaduto nel passato?
Adesso c’è una generazione giovane, certamente sono influenzati da quanto raccontato dai più grandi ma credo che le condizioni, le limitazioni che esistono nel presente siano molto più importanti. Un giovane turco-cipriota che faccia sport, ad esempio, può andare fino ad un certo punto, poi la sua strada è preclusa, non si può aprire al mondo, e lo stesso vale per un imprenditore. Queste limitazioni e problemi sono più importanti.
Parlando con le persone di qui si avverte netta una distanza tra i turchi locali e quelli arrivati dopo il 1974 dalla Turchia…
Secondo l’ultimo censimento si tratta di almeno il 40% della popolazione totale. Una crescita della popolazione che tra l’altro mette in crisi anche le infrastrutture del paese, la sanità, le strade. C’è una differenza sociale, perchè gli immigrati dalla Turchia sono spesso impiegati come forza lavoro a basso costo. E un problema di ordine culturale, diversi stili di vita, mentalità, elementi che rendono più difficile l’integrazione. Ma rappresentano una realtà di questo paese, ci sono gli emigrati, i militari che provengono dalla Turchia, ma anche moltissimi studenti turchi che vengono a studiare nelle università di Cipro, è una realtà che non si può ignorare.
Ed il rapporto con la Turchia?
Per la Turchia noi siamo yavruvatan, il cucciolo della madrepatria. Ci hanno allevato, ingrassato. Guardi la nostra prima pagina di oggi, per il 2008 la Turchia prevede di investire qui 790 milioni di lire turche, quasi 400 milioni di euro. Hanno finito per creare qui uno stato di memur, di impiegati pubblici, molto ben pagati. Magari i turco-ciprioti dicono che vorrebbero avere più diritto di parola ma poi continuano a prendere i soldi che arrivano dalla Turchia
Crede che quella offerta dall’elezione di Christofias sia veramente l’ultima opportunità?
Credo che i riferimenti all’ultima opportunità che si fanno in questi giorni, lo ha fatto anche il presidente Talat, siano anche uno strumento diplomatico per aumentare la pressione e per incoraggiare le due parti a sedersi al tavolo delle trattative. Ma credo anche che se non si arriverà ad una soluzione questa volta, potrebbe essere davvero l’ultima possibilità di vedere cambiare la situazione per le vecchie generazioni, quelle che hanno ancora nella memoria i sacchetti di sabbia.