Armenia, Azerbaijan | | Conflitti
Una base a Gyumri
Le reazioni alla firma dell’accordo del 20 agosto scorso che estende la presenza militare russa in Armenia fino al 2044. Lo scenario interno e regionale, le prospettive per una soluzione duratura del conflitto in Nagorno Karabakh
Tre giorni prima che l’Armenia celebrasse il 20esimo anniversario dell’indipendenza dall’ex Unione Sovietica, il presidente russo Dmitri Medvedev ha firmato un accordo con la sua controparte armena, Serzh Sargsyan, per l’estensione di oltre due decenni della presenza militare di Mosca nell’ex repubblica sovietica. Mentre ufficialmente Yerevan ha presentato l’accordo come un successo, gruppi dell’opposizione ed alcuni analisti si sono detti preoccupati.
La firma del patto, alla vigilia di un incontro informale dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (Collective Security Treaty Organization, CSTO) a Yerevan, ha assunto le forme di una visita ufficiale di Stato. Enormi bandiere russe sono state appese nel centro della capitale, accanto a bandiere armene della stessa grandezza. In effetti, in quanto unico alleato affidabile della Russia nel Caucaso meridionale, una tale accoglienza era forse naturale, soprattutto considerando che Guardie di frontiera russe presidiano il confine armeno con Turchia e l’Iran.
L’affitto russo della propria principale base militare a Gyumri, la seconda città dell’Armenia, sarebbe dovuto scadere nel 2020, ma è stato ora prolungato fino al 2044. Il governo armeno afferma che il nuovo accordo garantisce sicurezza al Paese e rende meno probabile una nuova guerra con l’Azerbaijan per il Nagorno Karabakh. Alcuni, però, non sono d’accordo, e sostengono che potrebbe, invece, delimitare il conflitto ai soli confini azeri. Tali preoccupazioni sarebbero enfatizzate da voci, non ancora confermate, secondo cui la Russia venderà sistemi missilistici S-300 all’Azerbaijan, cosa che Mosca non ha ancora negato. “L’acquisto […] ridurrà la possibilità delle forze armate armene di respingere un attacco azero su larga scala – ha dichiarato alle frequenze armene di Radio Free Europe (RFE/RL) Levon Zurabyan, dell’opposizione extra-parlamentare. […] questo […] semplicemente circoscriverà il confronto militare. […] una guerra del genere sarebbe “devastante” […]”.
Critiche anche più dure sono state espresse dall’ex ministro degli Esteri dell’Armenia, Raffi Hovannisyan, attualmente capo del partito di opposizione Heritage (Eredità): “Mentre la relazione ‘strategica’ di Yerevan con Mosca continua ad essere un pilastro per la pace e la sicurezza nella regione, la natura delle relazioni armeno-russe è ingiustamente asimmetrica. E questa asimmetria nei rapporti tra Russia e Armenia si manifesta soprattutto nella mancanza di una cooperazione che si basi su equità e rispetto reciproco”, ha scritto in un editoriale pubblicato su molti siti internet.
Hovannisyan ha criticato anche altri aspetti dell’accordo, ed in particolare il fatto che quello precedente, del 1995, avrebbe potuto essere esteso per altri 5 anni alla sua scadenza nel 2020. L’Armenia, inoltre, non riceve alcun compenso per la base. “Il voler ipotecare la sicurezza nazionale armena è inaccettabile e va immediatamente fermato”, ha affermato.
Richard Giragosyan, analista regionale armeno-americano e direttore del Centro armeno di studi nazionali e internazionali (ACNIS), è d’accordo: “Questa è l’unica base fuori dalla Federazione russa per la quale il Paese ospitante deve coprire tutti i costi – ha dichiarato l’esperto a Osservatorio Balcani e Caucaso. Il Kyrgyzistan riceve milioni di dollari da Mosca per la base che ospita nel proprio territorio. Inoltre, in termini militari, l’Armenia ne trae ben pochi benefici e questo sembra dimostrare un ‘approccio coloniale’ da parte della Russia. Ci sono segnali importanti che testimoniano questa mancanza di rispetto – ha continuato Giragosyan – in particolare l’ipotesi russa di vendere nuovi sistemi d’arma all’Azerbaijan e l’acquisizione strategica di settori chiave dell’economia armena, compreso il settore energetico e gran parte di quello dei trasporti. Si tratta di aree strategiche che nessun Paese straniero, non importa quanto amico, dovrebbe poter dominare, specialmente nel caso di un Paese piccolo e senza sbocco sul mare come l’Armenia, che è ancora minacciato dai propri vicini. La posta in gioco è semplicemente troppo alta perché l’Armenia si possa fidare ciecamente di vaghe promesse di aiuto da parte russa e di (disattese) aspettative di partnership”.
Lavrov ha dichiarato che non ci sarà nessun cambiamento nel mandato della base, ma Baku cerca rassicurazioni sulle promesse [russe] di non dispiegare le proprie forze contro l’Azerbaijan in caso di rinnovate ostilità. Il governo armeno, infatti, sostiene un’altra cosa e il portavoce del Partito Repubblicano al governo accusa i critici di populismo e di voler sfruttare le preoccupazioni a proprio favore per giochi politici interni: “Questo [accordo] farà evitare l’opzione militare per risolvere il conflitto in Karabakh. Questo è importante non solo per la Repubblica armena, ma anche per una pace ed una stabilità a lungo termine nella regione”, ha sottolineato Eduard Sharmazanov.
Anche altri sostengono questo punto di vista, come ad esempio Andrei e Dimitri Trenin, del Centro Carnegie di Mosca: “Nell’aumentare le proprie garanzie all’Armenia, ed estendendo la durata dell’accordo, Mosca ha inviato a Baku l’avvertimento che deve abbandonare la guerra come strumento di politica”, hanno scritto i due in un editoriale pubblicato da RFE/RL. “Adesso [Mosca] deve fare un altro passo, dando incentivi sia all’Armenia che all’Azerbaijan per fare in modo che raggiungano un accordo di pace”.
In un’intervista per la redazione di Yerevan della stessa radio, tuttavia, l’eminente accademico Gerard Libaridyan ha dissentito con entrambe le posizioni: “Nel trattato del 1995 c’è una disposizione, che sono sicuro rimarrà in quello nuovo, secondo cui se avverranno operazioni militari all’interno dei confini armeni, la Russia non verrà immediatamente in aiuto [dell’Armenia]”, ha affermato l’accademico. “Nel caso dell’Azerbaijan, non sono sicuro che la Russia verrebbe in aiuto dell’Armenia perché sono certo che l’Azerbaijan non lancerebbe un tale attacco senza un consenso tacito, o espresso in forma orale, da parte di Mosca.”
Nonostante ci siano poche probabilità che altri condividano la stessa opinione, l’ex consigliere alla politica estera del primo presidente del Paese, Levon Ter-Petrosyan, ha sostenuto che gli ultimi sviluppi nelle relazioni con la Russia, in attesa della prossima visita di Medvedev a Baku, evidenziano invece il “fallimento dell’Armenia di arrivare ad una pace con Azerbaijan e Turchia”.