Un primo passo, positivo ma insufficente

Lo scorso 15 luglio la Commissione europea ha proposto che per gli inizi del 2010 Serbia, Montenegro e Macedonia entrino nella lista bianca di Schengen. Ciò significa libera circolazione nell’Ue. Restano però fuori Bosnia, Albania e soprattutto Kosovo. La nostra traduzione di un commento del think tank ESI

17/07/2009, Redazione -

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Di Gerald Knaus e Alex Stiglmayer*ESI

(tit. originale: "Welcome Commission visa proposal – and change it", 16 luglio 2009, http://www.esiweb.org)

Ieri la Commissione europea ha proposto che l’Ue sposti tre paesi dei Balcani occidentali – Macedonia, Montenegro e Serbia – dalla lista cosiddetta "nera" a quella "bianca" degli Accordi di Schengen.

Se questa proposta venisse adottata entro l’anno dai paesi Ue, come proposto, questo rappresenterebbe un momento cruciale per la regione dei Balcani. La Macedonia è stata sulla soglia della guerra civile nel 2001. Il Montenegro è divenuto uno stato indipendente solo nel 2007. Per i cittadini di questi tre paesi, viaggiare liberamente nell’Ue a partire dagli inizi del 2010 – per la prima volta da quando è collassata la Jugoslavia socialista – rappresenterebbe una giusta causa di festeggiamento. Per le forse riformatrici dell’area costituirebbe un segnale forte e quantomai necessario che i loro sforzi stanno portando frutti.

Arrivare a questo punto è stato tutt’altro che facile. Le riforme necessarie per adempiere ai quasi 50 rigidi criteri posti dall’Ue andavano dalla restrutturazione dei punti di frontiera, all’incremento della sicurezza dei documenti di identità e un incremento della cooperazione tra le varie polizie. Come ci hanno detto durante un incontro del comitato di consulenza dell’iniziativa ESI White List Project tenutosi ad Istanbul questa settimana due ex ministri degli Interni, quello italiano Giuliano Amato e quello tedesco Otto Schily, queste riforme rendono l’Europa più sicura e la richiesta di visti inutile. E’ chiaramente una situazione dove tutti ne guadagnano.

Questo è un periodo di grande incertezza politica ed economica nei Balcani. Se si vuole che le condizionalità poste dall’Ue ottengano risultati la Commissione europea deve essere severa per quanto riguarda la definizione delle condizionalità ed equa per quanto riguarda la valutazione dei risultati e la concessione di quanto promesso. Facendo questo si percorre molta strada nel recuperare la credibilità dell’Ue.

Per ora tutto bene quindi … ma incompleto.

La proposta della Commissione infatti lascia due paesi, l’Albania e la Bosnia Erzegovina, sulla lista nera. Ed aggiunge alla lista negativa anche il Kosovo "sotto risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu" come "entità e autorità territoriale non riconosciuta come stato da almeno uno degli stati membri".

In seno al Parlamento europeo si sono levate già critiche da parte di membri influenti, guidati da Daniel Conhn Bendit e altri parlamentari Verdi, che hanno lamentato che l’Ue sta lasciando "al freddo" alcuni degli stati più fragili, quelli che hanno vissuto le tragedie peggiori negli ultimi due decenni. E’ moralmente lecito permettere ai cittadini serbi di Belgrado di viaggiare liberamente negandolo allo stesso tempo ai parenti delle vittime bosgnacche del genocidio di Srebrenica?

I critici sono giustamente preoccupati da un possibile scenario negativo che si potrebbe aprire: una situazione dove bosgnacchi, albanesi e kosovari si ritrovano chiusi in enclaves ancora più piccole delle precedenti. Dove la Bosnia viene disgregata da tendenze centrifughe visto che le comunità dei seerbo-bosniaci e dei croato-bosniaci richiederanno i passaporti degli stati vicini, lasciando i bosgnacchi isolati. Come ha titolato oggi un quotidiano turco: "L’Unione europea lascia i musulmani di Bosnia fuori al freddo, ancora una volta".

Allo stesso tempo è necessario ricordare che la strada per arrivare a un sistema di visti di libera circolazione è chieramente definita per tutti gli stati coinvolti. Giudicando tutti gli stati secondo le stesse regole la Commissione europea ha fatto una proposta equa. Secondo queste condizioni, potranno viaggiare liberamente solo i cittadini in possesso di un nuovo passaporto biometrico. Ma a causa di appalti truccati, ritardi ed altro la Bosnia Erzegovina ha ritardato il rilascio di questi passaporti postponendolo ai primi mesi del 2010! L’Albania, anche se meno in ritardo rispetto alla Bosnia, è comunque indietro rispetto agli stati vicini nell’introdurli.

Gli analisti dell’ESI, nelle settimane recenti, hanno esaminato in grande dettaglio i dati di implementazione di ciascun paese. La buona notizia è che, se si lavorerà con efficacia, la Bosnia Erzegovina e l’Albania potranno raggiungere il livello attuale di implementazione della Serbia entro i prossimi 12 mesi.

Tenendo questo a mente chiediamo agli stati membri dell’Ue di mandare un segnale ai cittadini di entrambi i paesi spostando fin da subito Bosnia e Albania sulla lista bianca, sospendendo però la concessione di visti per la libera circolazione al raggiungimento di tutte le condizioni poste. Chiediamo inoltre all’Ue di rispondere ai sospetti di favoritismi attraverso piena trasparenza in merito al processo di decision making.

Anche se i cittadini bosniaci e albanesi saranno certamente delusi dalla decisione, difficile ne siano sorpresi: la posizione dell’Ue era, dopotutto, nota da settimane. Sanno che se le condizioni vengono rispettate, i visti per viaggiare liberamente sono alla portata. I bosniaci inoltre possono vedere che hanno molti amici in Europa, pronti a protestare ogni qual volta emergano sospetti di discriminazione.

Questa speranza non c’è invece per i kosovari, per i quali la proposta della Commissione rappresenta una sconfitta totale. Per la credibilità dell’Ue in Kosovo è devastante.

Una grande ipocrisia: per anni, quando si trattava di rimpatri di rifugiati, l’Ue ha considerato i residenti in Kosovo secondo le leggi di cittadinanza della Serbia. Ora la Commissione richiede alla Serbia di emanare passaporti separati per tutti i residenti in Kosovo. Stampare una grande K su tutti i passaporti consegnati ai kosovari sarebbe stato un segno eclatante di discriminazione. La proposta, quindi, utilizza un sotterfugio: tutti i passaporti dei residenti in Kosovo devono essere emanati da un ufficio speciale (Koordinaciona uprava) a Belgrado, e nessuno di questi passaporti potrà ottenere il visto per la libera circolazione.

Ed ora consideriamo le conseguenze. Per anni l’Ue ha predicato i valori di un Kosovo multietnico. Ora ai serbi del Kosovo si richiede di ottenere lo status di residenti in Serbia – abbandonando il Kosovo – se vogliono ottenere i passaporti che permettano loro di viaggiare in Europa.

Alcuni kosovari, che reputano l’idea che alcuni concittadini possano provare a richiedere un passaporto a Belgrado come una forma di tradimento, hanno benaccolto la decisione della Commissione. Ignorano il fatto però che la decisione di escludere i kosovari in termini così discriminatori è "motivata esclusivamente da preoccupazioni oggettivamente determinate di sciurezza", come spiega la Commissione, e non da un emergente consensus europeo in merito allo status del Kosovo. Mentre moldavi, ciprioti turchi e argentini possono ottenere passaporti di stati membri Ue (in Romania, Cipro o Spagna) basandosi sulle leggi nazionali sulla cittadinanza di questi singoli stati, e poi viaggiare liberamente in Europa, i kosovari che hanno la doppia cittadinanza non potranno farlo "in vista di preoccupazioni sulla sicurezza legati in particolare al potenziale per l’immigrazione illegale" (EC, Exlpanatory Memorandum).

Inoltre, la Commissione non nomina neppure la possibilità di una futura roadmap per il Kosovo. Tutti i kosovari sono visti come un problema per la sicurezza, mentre tutti i serbi di Bosnia potranno richiedere la cittadinanza della Serbia, un passporto quindi, e viaggiare nell’Ue senza sollevare nessuna di queste preoccupazioni.

Se adottata nella forma attuale, la proposta della Commissione mina la teoria che gli attuali membri dell’Ue sostengono una prospettiva europea per il Kosovo. Dopotutto, se non è necessario un consensus sullo status del Kosovo per metterlo sulla lista nera di Schengen, non dovrebbe essere necessario neppure per creare una roadmap verso la lista bianca.

La condizionalità "severa ma equa" ha funzionato in Macedonia, Serbia e Montenegro. E’ probabile funzioni anche in Bosnia e Albania nel prossimo futuro (ed è vitale che la società civile europea insista sulla trasparenza su come queste decisioni vengono prese). E’ nell’interesse dell’Ue che questo avvenga anche per il Kosovo.

La proposta della Commissione va benaccolta come primo passo. Ma dev’essere modificata per evitare nuove tensioni e problemi.

* Gerald Knaus e Alexandra Stiglmayer sono fondatori e analisti dell’European Stability Initiative, un think-tank che ha costantemente monitorato lil processo di iberalizzazione dei visti nei Balcani.

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