Un portiere, gli studenti, uno scambio
Nell’ambito di uno scambio tra un liceo di Belgrado ed uno di Cividale un gruppo di studenti ha incontrato il portiere dell’Udinese Želiko Brkić. E i ragazzi si sono cimentati, per Osservatorio, in un’intervista
Il progetto di scambio studentesco fra il III Liceo di Belgrado e i Licei annessi al Convitto Paolo Diacono di Cividale, ha visto nei giorni scorsi la presenza nella nostra città, ospiti delle famiglie degli studenti italiani, di 12 ragazze serbe.
Nel corso del soggiorno italiano, gli ospiti serbi hanno avuto modo di visitare i più importanti siti storici e archeologici regionali e hanno avuto l’opportunità di perfezionare la conoscenza dell’italiano, lingua che studiano in modo approfondito frequentando la sezione bilingue (serbo-italiano) del loro liceo. Fra i tanti appuntamenti programmati durante la permanenza a Cividale anche l’incontro presso il Liceo Classico di Cividale con il calciatore serbo dell’Udinese Želiko Brkić. Un appuntamento che ha visto i ragazzi italiani e serbi parlare con portiere dell’Udinese della sua esperienza italiana, del suo essere cittadino straniero, del suo rapporto con il calcio.
Da quanto tempo sei in Italia?
Sono venuto in Italia 3 anni fa. Il primo anno sono stato a Siena, una bella città ricca di storia. A Siena mi sono trovato molto bene, ho trovato gente molto gentile e socievole. Dopo un anno sono arrivato in Friuli per giocare con l’Udinese e anche qui mi sono trovato bene. Mi piace la tranquillità del Friuli e mi piace Udine. Trovo qui molte cose che mi ricordano Novi Sad, la mia città.
Hai trovato difficoltà ad ambientarti in Italia?
Non ho trovato particolari problemi. All’inizio ho avuto un po’ di difficoltà con la lingua italiana. Le lingue neolatine sono diverse dalle lingue slave, ma un po’ alla volta, parola dopo parola sono riuscito imparare anche l’italiano e ora posso parlare anche nella lingua del paese che mi ospita.
Ti manca la Serbia?
Certo, mi mancano i genitori, mi mancano gli amici e mi manca la mia città. Però il mio mestiere è questo e io ho scelto di venire qui in Italia.
Quali differenze hai notato fra Serbia e Italia?
Ci sono differenze che derivano anche da storie diverse. La nostra storia è segnata da eventi drammatici che hanno segnato noi serbi in profondità. Anche nella storia italiana ci sono stati momenti molto difficili, ma nonostante questo siete sicuramente più “tranquilli” di quello che siamo “noi”. Nel carattere però i serbi e gli italiani mi sembrano molto simili.
E’ stata facile l’integrazione?
Per me si, ma molto dipende dal carattere delle persone. Per me è stato facile e in pochi mesi mi sono inserito abbastanza bene. Però non credo che per tutti sia facile inserirsi in un paese nuovo.
Tu sei laureato. L’aver studiato, l’avere una cultura universitaria ti ha aiutato?
La laurea non è stata determinante nell’inserirmi in Italia, anche perché mi sono laureato l’anno scorso ben dopo il mio arrivo nel vostro paese.
In che cosa ti sei laureato?
Mi sono laureato in storia discutendo una tesi di storia antica su Micene e Creta.
Come sei riuscito a conciliare lo studio con una attività sportiva di alto livello?
Ho fissato degli obiettivi e studiare storia era uno di questi. Giorno per giorno mi sono impegnato per laurearmi utilizzando il tempo libero a disposizione e studiando anche durante i trasferimenti.
Calcio e Storia antica sono due mondi molto lontani. Da noi gli sportivi si laureano, se studiano , in Scienze Motorie o discipline affini allo sport
Sì, ma a me storia piace molto e ho voluto studiarla. Io credo che ognuno debba fare quello per cui si sente realmente portato. In questo modo lo si fa con più voglia e più facilità.
Pensi di rimanere qui a fine carriera o di Tornare in Serbia? Come vedi il tuo futuro?
Il futuro di uno sportivo, almeno alla mia età, non può essere programmato a lungo termine. Per il momento spero di rimanere ancora a lungo in Italia e di continuare la mia carriera di portiere per ancora molti anni. Quando finirò di fare il calciatore tornerò sicuramente in Serbia a Novi Sad.
Il tuo lavoro è legato al calcio. Quali differenze hai notato fra il calcio italiano e quello del tuo paese?
I nostri stadi non sono molto frequentati ed è difficile trovare sugli spalti più di 1000 spettatori. Solo a Belgrado quando giocano il Partizan e la Stella Rossa è possibile trovare gli stadi pieni di pubblico. C’è una diversa cultura dello sport: qui in Italia allo stadio vanno le famiglie, le donne e possiamo trovare anche persone di una certa età. Da noi in Serbia la presenza delle donne alle partite è una cosa molto infrequente.
Cosa ti piace dell’Italia e cosa non ti piace?
Quando ho deciso di venire in Italia sapevo di trovare belle città e un paese ricco di cultura e di storia e non ho trovato niente che non mi aspettassi. Dopo il mio arrivo in Italia mi sono abituato rapidamente alle novità che ho incontrato. Mi piacciono molto i dolci italiani e mi piace in generale la cucina italiana. La cucina serba è più saporita e forse più grassa, da noi non c’è la cultura del vino e della pasta. In Italia però non ho trovato, se si può dire così, la cultura delle zuppe che c’è in Serbia.
Nel mondo del calcio e nella vita di ogni giorno ti è mai stata fatto pesare il tuo essere serbo?
No! Qualche volta fra amici e compagni di squadra ci si prende in giro, ma mai mi sono sentito discriminato per la mia nazionalità. Io poi gioco in una squadra multinazionale. Ci sono nove brasiliani, sei italiani, tre croati, due serbi, e altri di altri paesi. La lingua più parlata negli spogliatoi è il portoghese anche se poi fra noi e con l’allenatore parliamo in italiano.
Ogni quanto tempo torni in Serbia?
Ogni tre mesi torno a casa per alcuni giorni a trovare gli amici e i parenti.
Cosa avresti fatto se non avessi intrapreso la carriera di calciatore?
Forse avrei praticato un altro sport o forse avrei fatto l’insegnante. Chissà, forse quando avrò terminato la carriera di calciatore potrei fare l’insegnante.
Quando hai cominciato a giocare a calcio chi è stato il tuo primo maestro.
Ho cominciato da piccolo e il mio primo maestro è stato mio padre. Ho cominciato a giocare a calcio in un ruolo diverso da quello del portiere e solo poi per caso, parando fortunosamente due-tre palloni nel corso di una partita in cui ero stato messo in porta, ho intrapreso la carriera di portiere. Poi a 19 anni, quando mi sono iscritto all’università di Novi Sad, ho firmato il mio primo contratto professionistico con il Vojvodina, la squadra della mia città.
Quanti giocatori serbi giocano in Italia?
Credo che attualmente giochino una decina di giocatori serbi. Poi c’è Siniša Mihajlović che, assieme al suo staff, attualmente fa l’allenatore a Genova. In passato in Italia ha lavorato anche Vujadin Boskov che, fra l’altro, abita a Novi Sad vicino a casa mia.
Allo stadio spesso i giocatori sono contestati. Cosa provate quando un vostro compagno viene maltrattato dal pubblico?
A dire il vero non ho sentito verso i miei compagni contestazioni significative. Certo che sentiamo molto la pressione del pubblico, ma dobbiamo essere concentrati sul pallone e sulla partita. In molti casi le contestazioni dipendono anche dal modo in cui si comporta il giocatore in campo.
L’ultima domanda: per quale squadra fai il tifo? Per il Partizan o per la Stella Rossa?
Faccio il tifo per il Vojvodina.