Un iraniano a Yerevan
Armenia e Iran intrattengono ottime relazioni, come testimonia il crescente flusso di turisti iraniani nella capitale armena, in cerca di divertimento o semplicemente per aggirare le sanzioni occidentali
Armenia e Iran hanno avviato reciprocamente le relazioni diplomatiche nel febbraio 1992, un anno e mezzo dopo la dichiarazione d’indipendenza della prima dal blocco sovietico. Da allora i rapporti fra i due paesi, pur nelle mutate circostanze, si sono dimostrati votati a un’intesa che non ha conosciuto alcuna battuta d’arresto. Così, fra questi due vicini che per oltre settant’anni si erano pressoché ignorati, separati dal contesto della guerra fredda, è ripresa quella consuetudine che aveva contraddistinto larga parte della loro storia millenaria.
La presenza iraniana in Armenia si è intensificata soprattutto a partire dal nuovo secolo. Una presenza in primo luogo turistica, ma attorno alla quale ruotano una serie di interessi, non sempre leciti, da cui traggono vantaggio iraniani e armeni: non senza ingenerare equivoci. Così, sebbene quella di “trasgredire” sia la motivazione principale solo per una minoranza degli iraniani che trascorrono le loro vacanze in Armenia, questo è il dato più appariscente, e certo il più discusso, della loro presenza a Yerevan. Si tratta in realtà, per molti di loro, anche di un’opportunità legittima per eludere diverse limitazioni imposte alla Repubblica islamica dal regime di sanzioni occidentale, cosa che fa dell’Armenia una sorta di zona franca, oltre che un’alternativa turistica a buon mercato rispetto agli Emirati o alla Turchia.
Capodanno persiano in Armenia
Da parte armena, il flusso di turisti iraniani (secondo stime ufficiali si tratterebbe di oltre 100.000 persone nel 2013, e di cifre ancora superiori per gli anni precedenti) rappresenta in primo luogo un’entrata economica non trascurabile, in un contesto ancora fortemente segnato dalla crisi del 2008. Secondo il quotidiano Haykakan Zhamanak, ad esempio, l’arrivo dei turisti iraniani in Armenia in corrispondenza del capodanno persiano, nel marzo di quest’anno, è bastato ad arginare, almeno per qualche tempo, la svalutazione della moneta locale, il dram. Proprio l’inizio della primavera, e l’estate, rappresentano i momenti di massimo afflusso di turisti dall’Iran, che arrivano a Yerevan via terra, dopo un estenuante viaggio di oltre venti ore da Teheran, o più comodamente in aereo, grazie ai voli diretti delle compagnie iraniane Aseman e Mahan.
A indurre molti iraniani a venire in Armenia è in primo luogo la facilità con cui si ottiene il visto, che viene rilasciato loro alla frontiera o in aeroporto, senza una preventiva richiesta presso la sede diplomatica in Iran. Quella dei visti è diventata, soprattutto negli ultimi anni, una questione particolarmente delicata per molti iraniani che, pur potendoselo permettere economicamente, devono affrontare lungaggini burocratiche e difficoltà spesso insormontabili prima di potere studiare, o anche solo viaggiare, all’estero. Così, molti iraniani vengono a Yerevan proprio per richiedere visti o permessi da ambasciate che non hanno al momento una rappresentanza diplomatica nel loro paese, come l’americana o l’inglese, o ancora per sostenere esami come quello internazionale di inglese (IELTS) – non disponibili in Iran a causa delle sanzioni – utili per l’immigrazione in nazioni quali il Canada o l’Australia.
Il viaggio è piuttosto economico, e si possono spendere anche solo 700.000 tuman (meno di 200 euro), tutto incluso, per un viaggio di cinque giorni in autobus; prezzo – come mi spiega una guida locale – che scende ulteriormente a 600.000 tuman se si è disposti a stare in un ostello anziché in albergo. Per questo, diverse persone preferiscono l’Armenia ad altri paesi per richiedere visti o sostenere gli esami. Un’altra ragione che spinge molti iraniani a Yerevan sono le sanzioni bancarie: ottenere una carta di credito come Visa o Master Card, operare transazioni internazionali o aprire un conto in una banca straniera rappresentano un motivo d’attrattiva per molti di loro. L’Armenia, a tal proposito, ben più di altri paesi, ha volutamente lasciato aperta una porta nei confronti dell’Iran, anche a costo di irritare gli Stati Uniti.
In discoteca a Yerevan
E arriviamo così al capitolo più discusso del turismo iraniano in Armenia: quello del divertimento e del piacere. Date le regole piuttosto rigide in vigore nella Repubblica islamica, molti iraniani – complice l’interesse economico di molti, a Yerevan – pensano bene di venire a dilettarsi oltre confine, destando la perplessità di una società, quella armena, per alcuni versi più tradizionale rispetto a quella iraniana. Ne nasce un dibattito piuttosto acceso che trova eco anche in un forum su internet: “Molti, moltissimi iraniani vengono in Armenia soprattutto durante l’estate per approfittare della vita notturna, dell’alcool e anche delle nostre ragazze”, scrive un anonimo utente armeno, che prosegue: “Siamo arrivati al punto in cui io credo che facciano più male che bene.” Un altro utente, dal piglio forse più pragmatico, risponde: “Hai mai pensato a cosa sarebbe l’economia armena senza il turismo iraniano e i soldi che portano? Senza l’alleanza con l’Iran, dove sarebbe adesso l’Armenia?”
In realtà, l’offerta armena in questo settore rappresenta poca cosa rispetto ai lussi e alle trasgressioni disponibili in altri contesti odierni, persino in Medio Oriente: una serie di piccoli casinò fuori dal perimetro urbano, night club, discoteche e un giro piuttosto modesto di prostitute, organizzato da accompagnatori armeni e iraniani che intascano una buona percentuale dei soldi dei turisti. Per il resto, si tratta di divertimenti più che legittimi, per quanto a volte travalichino – e in ciò risiede forse la loro maggiore attrattiva – i limiti alquanto angusti previsti dalla Repubblica islamica: così i concerti di qualche star del pop iraniano giunta all’occasione dall’America, come l’onnipresente Andy – cui è proibito esibirsi in patria.
Gas e moschee
All’estremo opposto, non mancano tracce della spiritualità e della cultura iraniana a Yerevan, come la settecentesca Moschea Blu (l’unica rimasta delle otto presenti a inizio novecento), dove – oltre a funzioni e cerimonie religiose – si tengono corsi di lingua persiana, o l’Istituto di cultura iraniano di via Baghramyan, che ospita serate letterarie in cui si leggono e si commentano i classici della poesia persiana. Nel legare i due paesi, infine, va ricordato il ruolo svolto dagli armeni iraniani, comunità che ha salde radici nella capitale, in particolare nel distretto di Arabkir, oltre che nella cittadina di Abovyan, e una presenza tuttora stabile e economicamente rilevante in Iran.
Il 19 marzo, il ministro dell’Energia Armen Movsisian ha annunciato che l’Armenia prevede di aumentare le sue importazioni di gas dal vicino Iran fino a 2 miliardi di metri cubi all’anno, con un incremento di quasi il 75% rispetto al volume annuale corrente. In cambio, l’Armenia si impegna a fornire elettricità al suo vicino. Si attende inoltre quest’anno – come annunciato di recente dall’ambasciatore Mohammad Reisi – una visita del presidente Rouhani, come già avvenuto per i suoi predecessori Khatami e Ahmadinejad (quest’ultimo, addirittura tre volte). La verità, al di là di tutto, è che l’Iran e l’Armenia hanno bisogno l’uno dell’altra, e non ci sono al momento segni tangibili che possano far pensare a un mutamento di rotta nei loro rapporti.