Un anno pericoloso per i media croati
La situazione della libertà dei media in Croazia è disastrosa. Lo sottolinea un recente rapporto di Freedom House. I giornalisti devono affrontare minacce di morte, condanne alla reclusione, censura. Uno scenario particolarmente difficile nei centri minori, ma anche la televisione nazionale non è immune da pressioni
Quest’anno, in occasione della Giornata mondiale della libertà dei media, la Croazia verrà classificata all’85simo posto, insieme al Brasile, Perù e Timor Est. Così si legge nello schietto rapporto dell’organizzazione americana Freedom House, che ogni anno stila la graduatoria della libertà dei media in 194 paesi del mondo. Per la Croazia, paese che pretende di entrare nell’Unione europea, si tratta di un risultato disastroso. La situazione, peraltro, è peggiorata rispetto all’anno scorso. Nell’ultimo rapporto di Freedom House, infatti, la Croazia era piazzata meglio, all’82simo posto.
Fra le più gravi violazioni della libertà dei media in Croazia, Freedom House segnala anche le due condanne alla reclusione, con la condizionale, che i tribunali croati hanno comminato a giornalisti. Slavica Mrkic Modric, del "Novi list", è stata condannata a due mesi di prigione per un articolo di satira sul capo del gabinetto del sindaco di Rijeka. Il celebre intellettuale, scrittore e pubblicista Predrag Matvejevic è stato invece condannato a cinque mesi di prigione perché, in un articolo pubblicato nel 2001, aveva accusato un giornalista di divulgazione dell’odio nazionale, qualificata dal tribunale come diffamazione. Sia Slavica Mrkic Modric che Predrag Matvejevic non sono finiti in carcere, ma vi si potrebbero trovare prossimamente, cioè nei prossimi due anni, se dovessero commettere lo stesso reato.
I due giornalisti summenzionati, che Freedom House cita nel suo rapporto, non sono gli unici ad essersi trovati lo scorso anno a fare i conti coi tribunali croati. Nelle numerose accuse per presunta diffamazione e offesa, davanti ai tribunali si sono difesi decine di giornalisti e altrettante redazioni giornalistiche. Le pene pecuniarie che sono state inflitte non erano insignificanti, e che tale prassi continui lo testimonia pure l’esempio di Osijek, quarta città della Croazia, dove il mese scorso il tribunale locale ha condannato il quotidiano "Jutarnji list" di Zagabria al pagamento di 150.000 kune (più di 20 mila euro) per "danni morali" nei confronti del rappresentante del parlamento, Branimir Glavas. Questo perché il giornale aveva pubblicato un testo in cui affermava che Glavas non versava gli alimenti al figlio, che dopo il divorzio vive con la madre.
Lo scorso anno, in Croazia, i giornalisti hanno ricevuto minacce di morte, compreso l’autore di questo testo, e alcuni sono stati sospesi per aver resi noti dei dati che non piacevano al potere. Così il giornalista della Televisione Croata, Denis Latin, è stato sospeso per alcune settimane, e la sua trasmissione Latinica è stata tolta dalla programmazione a causa di alcuni servizi sull’ex presidente Franjo Tudjman, in occasione dell’anniversario della sua morte. Anche Tihomir Ladisic, anch’egli giornalista della Televisione croata, è stato sospeso perché nella trasmissione Otvoreno (Aperto) ha reso noto un documento sul ruolo dell’Esercito croato in Bosnia ed Erzegovina durante l’ultima guerra.
Il presidente croato Stjepan Mesic, commentando il fatto che la Croazia, in quanto a libertà d’espressione, si trova in compagnia dei paesi latino americani e dei paesi dell’estremo oriente, ha detto che dopo il periodo della censura statale adesso è giunto il periodo dell’autocensura, e ha aggiunto: "Tutto questo è conseguenza della privatizzazione dei media dove un giornalista non è più sicuro del proprio diritto di scrivere qualcosa oppure no". Mesic crede che la competizione per la tiratura, il profitto e la posizione sul mercato dei media, metta in secondo piano l’autenticità delle informazioni.
È possibile condividere le affermazioni di Mesic solo in parte. Nonostante la censura statale si sia allentata, e sia incommensurabilmente minore rispetto a quella che regnava nel periodo del primo presidente croato Franjo Tudjman, i giornalisti continuano ad essere esposti alle pressioni del potere. Ciò si nota molto nei centri minori, dove il potere locale controlla i giornali, eccome, e si immischia nella politica redazionale.
Soltanto alcuni giorni prima della celebrazione della Giornata mondiale della libertà dei media, è stato chiuso un sito web molto popolare www.vukovarac.net, che dava numerose informazioni su Vukovar, incluse anche quelle che non piacevano al potere locale. Il redattore di questo sito internet, Damir Fintic, è stato accusato ripetutamente dall’attuale deputato del parlamento ed ex sindaco di Vukovar, Vladimir Stengl, e da sua moglie, di diffamazione. Nonostante i processi del tribunale siano ancora in corso, Fintic, dopo alcuni richiami della polizia, ha deciso di chiudere il suo sito.
La forza del potere locale si è abbattuta anche su Mato Pejic, giornalista di Radio Daruvar, cittadina nella Croazia centrale, che scriveva anche per il "Vecernji list" di Zagabria. Insoddisfatto del fatto che, in alcuni articoli, il giornalista aveva scritto in modo critico del suo lavoro, Zvonko Cegledi, sindaco di Daruvar, gli ha vietato di continuare a scrivere per l’influente giornale di Zagabria.
Il principale redattore della Tv Slavonia di Osijek, Damir Janusic, è stato sostituito perché nel notiziario di questa tv non è stata pubblicata la notizia che Anto Djapic, sindaco di Osijek e presidente del Partito croato del diritto (HSP), ha battezzato l’ottavo bambino di una famiglia. Lo stesso Djapic ha minacciato il giornale "Glas Slavonije", di Osijek, di tagliare tutte le inserzioni che il comune di Osijek pubblica sul giornale – e si tratta di una somma di circa 400.000 kune (circa 55 mila euro) – dal momento che su di lui hanno pubblicato un testo dal tono critico.
Anche alcuni grandi e influenti media, lamentano i giornalisti, non vogliono pubblicare le informazioni che parlano dei "panni sporchi" delle compagnie che sugli stessi giornali pubblicano le loro costose inserzioni. Succede che per settimane il giornalista svolga ricerche e, una volta giunto alle informazioni che qualche compagnia è immischiata in crimini o ha violato la legge, si sente dire dal suo editore che quel tema non è interessante per il giornale. Dietro queste risposte, di solito si nasconde l’interesse del proprietario dei media che per qualche testo non vuole rovinare i rapporti con gli inserzionisti e perdere un’importante fonte di guadagno.
Ma ciò che più di tutto preoccupa sono le pressioni politiche sui giornalisti e sui giornali, che non possono essere attribuite solo agli ambienti locali e ai potenti. Recentemente, al Parlamento croato, è stata fatta per due giorni un’inaudita campagna contro la Televisione croata, con la chiara intenzione di cambiarne la direzione per sostituirla con una nuova sulla quale poter esercitare influenza. Questa campagna è stata guidata dai rappresentanti dell’Unione democratica croata (HDZ), partito di governo del premier Ivo Sanader. Se non ci fosse stato l’intervento su Ivo Sanader da parte dell’Osce, e le pressioni delle ambasciate dei paesi occidentali, forse ci sarebbero riusciti. Dal punto di vista della libertà dei media, non è difficile immaginare in che posizione si sarebbe potuta trovare la Croazia.