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Un anno dalle proteste dell’Inguscezia
Un anno fa uno scontro tra manifestanti e forze di sicurezza a Magas, capitale dell’Inguscezia, ha segnato l’inizio di una repressione del dissenso, la più rilevante dal crollo dell’Urss
(Pubblicato originariamente da OC Media )
"La mattina del 27 marzo stavamo ancora dormendo – ricorda Tamerlan (nome di fantasia) – quando abbiamo sentito il rumore di veicoli pesanti". Era la guardia nazionale, che prendeva posizione su camion blindati.
I manifestanti si erano riuniti dal giorno prima. Si erano mobilitati contro un accordo firmato nel settembre 2018 che ha trasferito il 9% del territorio dell’Inguscezia alla vicina Cecenia. Il voto del parlamento della repubblica che approvava l’accordo era stato ampiamente visto come truccato, con diversi deputati che avevano dichiarato pubblicamente che i loro voti erano stati rubati.
L’ondata di proteste avveniva sei mesi dopo l’accordo, firmato dall’allora capo dell’Inguscezia, Yunus-Bek Yevkurov, e dal capo della Cecenia, Ramzan Kadyrov. Le proteste furono scatenate dalla proposta di Yevkurov di modificare la legge costituzionale sui referendum, escludendo la necessità di un referendum per la cessione di territorio.
Secondo la costituzione dell’Inguscezia, qualsiasi cessione di territorio dalla repubblica richiede un referendum, tuttavia non si è tenuto alcun referendum per approvare l’accordo fondiario con la Cecenia.
Quando le proposte di riforma costituzionale sono state rese pubbliche, i manifestanti sono scesi in piazza. Si è trattato di una mobilitazione sociale senza precedenti nella repubblica, seguita da una delle più pesanti repressioni statali dai tempi dell’Unione sovietica.
La notte della protesta
I manifestanti avevano ricevuto l’approvazione per una manifestazione da svolgere il 26 marzo, e quel giorno si erano radunate 30.000 persone. Abdul-Khamid Yevloyev era tra i manifestanti. Racconta che le autorità avevano dato il via libera ai manifestanti per pernottare. "Fu promesso che sarebbe stato rilasciato il permesso per il raduno", ha dichiarato a OC Media, aggiungendo che il ministro degli Affari Interni dell’Inguscezia, Dmitriy Kava, era arrivato alla manifestazione in serata e aveva "confermato" che i manifestanti avevano il permesso di restare.
"Ora capisco che queste promesse, il loro mancato rispetto e tutte le azioni delle forze di sicurezza del mattino erano una provocazione pianificata", sottolinea.
Tamerlan racconta che gli agenti hanno bloccato i manifestanti in un’area di fronte all’edificio della televisione a Magas.
I leader della protesta, racconta, hanno cercato di parlare con i responsabili del ministero degli Interni, che era vicino, ma questi non hanno dato alcuna risposta. "I militari si sono comportati in modo aggressivo e ci hanno dato l’ultimatum di lasciare la piazza entro 5 minuti", ricorda.
Secondo Tamerlan, circa la metà dei manifestanti erano anziani. Quando la guardia nazionale si è avvicinata agli anziani, sono intervenuti i più giovani in loro difesa, ricorda. Dopo due tentativi di prendere d’assalto la piazza, secondo Tamerlan, è stato deciso di usare veicoli corazzati per disperdere la folla. "In quel momento, il reggimento inguscio della polizia stradale si era interposto tra la folla di manifestanti e la guardia nazionale", racconta Tamerlan. "Per questo motivo molti di loro sono stati poi licenziati".
Secondo Tamerlan, dopo gli scontri con la guardia nazionale, ancora più persone si sono unite alla protesta per aiutare i loro concittadini.
Ha aggiunto di ritenere che le autorità alla fine abbiano avviato un dialogo con i leader della protesta solo perché si sono rese conto che non sarebbe stato possibile disperdere i manifestanti senza spargimento di sangue. Nonostante la fine relativamente pacifica delle proteste, una settimana dopo, le autorità dell’Inguscezia sono state severe nei confronti dei manifestanti.
Secondo il Gruppo Federale di Sostegno alla Società Civile, un’associazione informale di persone che ha lo scopo di promuovere iniziative civiche di azione diretta in Russia, sono stati aperti 40 casi penali, con più di 20 attivisti finiti in prigione. Inoltre, sono state inflitte 209 condanne a pene detentive amministrative.
Illegalità legale
Tutti coloro che sono finiti a processo sono stati accusati di aver usato violenza contro pubblico ufficiale. I leader delle proteste hanno ricevuto in più l’accusa di aver "organizzato" le violenze occorse. Nel dicembre scorso hanno preso avvio i primi processi. Khuseyn Guliyev, uno degli avvocati che lavorava per gli imputati, ha dichiarato ad OC Media che i suoi clienti hanno ricevuto dai 4 ai 23 mesi, da cui è stato scontato il periodo di detenzione della custodia cautelare.
Ramzan Uzuyev, un altro avvocato della difesa, ha sottolineato ad OC Media che le cause intentate contro i manifestanti erano tutte "identiche" e basate su testimonianze di persone rimaste anonime e di "vittime". Uzuyev ha descritto il caso come "un caso legale con l’assenza della legge".
I leader della protesta sono stati inoltre accusati di aver creato e partecipato ad "un’organizzazione estremista". "I semplici attivisti non interessano né rappresentano una minaccia per loro. Puniranno coloro che hanno capacità organizzative", ha dichiarato Dzhabrail Kuriyev, avvocato che rappresenta Malsag Uzhakhov, a OC Media. Uzhakhov è a capo del Consiglio dei Teip (clan), e anche lui si è espresso contro l’accordo fondiario. Crede che le autorità siano state più dure con gli organizzatori perché gli attivisti ordinari "non rappresentano una minaccia per loro", e che i leader della protesta vengano trattati con particolare crudeltà per servire da avvertimento per gli altri.
Dopo gli arresti, il Pubblico Ministero dell’Inguscezia ha avviato un procedimento per liquidare il Comitato di unità nazionale dell’Inguscezia, un’organizzazione che mirava, tra gli altri obiettivi, a "sostenere gli interessi del popolo inguscio", "proteggendo l’integrità territoriale".
Il Consiglio dei Teip è stato multato più volte, e il ministero della Giustizia ne ha chiesto la chiusura. Nel frattempo, il gruppo di volontari Neotlozhka, che aveva fornito aiuto agli attivisti arrestati, ha annunciato la chiusura dopo pressioni ricevute dei servizi di sicurezza.
Autonomia e giurisdizione alternativa
Irina Starodubrovskaya, accademica ed esperta di Caucaso settentrionale, ha dichiarato a OC Media che non crede che il potenziale della protesta in Inguscezia sia stato soppresso – ma i manifestanti hanno solo cambiato tattica. “La gente non vuole nuove manifestazioni, teme che la situazione possa andare fuori controllo e che del sangue possa essere versato", sottolinea. "La protesta assume però altre forme – le lettere dei Teip sul boicottaggio del voto in merito agli emendamenti proposti alla Costituzione ne sono un esempio".
Secondo Starodubrovskaya, l’Inguscezia, soprattutto la sua generazione più giovane, è ora caratterizzata da una "delusione generale in qualsiasi struttura statale". La studiosa sottolinea come i cittadini abbiano perso fiducia nella capacità dello stato di "assicurare legalità, giustizia e incarnare gli interessi del popolo". Come risultato della perdita di legittimità dello stato, sostiene, la gente si appoggia ad altre solidarietà e pratiche.
"Non ho mai sentito parlare tanto dell’importanza delle tradizioni, degli adats, dei teip, come nella mia ultima visita in Inguscezia", racconta. “Questo non significa che "la società stia cercando di tornare al passato”.
Piuttosto, sottolinea la studiosa, molti sono ora spinti dal "desiderio di giurisdizione alternativa, cercando un punto d’appoggio in strutture che hanno radici nel passato e che non sono collegate a questo stato, poiché lo stato è percepito come una forza ostile".