Ue, il sogno si allontana

La Macedonia è il Paese dei Balcani occidentali che da più tempo ha intrapreso il cammino europeo. Ben prima della Croazia. Ma ora che il traguardo della ventottesima stella Ue si allontana di qualche anno anche per Zagabria, a Skopje sfumano le speranze di vedersi attribuita una data certa. Anche il Consiglio europeo di metà giugno tacerà. E per i macedoni è attesa a tempo indefinito

14/06/2010, Risto Karajkov - Skopje

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(Voyageur Solitaire-mladjenovic_n / Flickr)

E’ stato ripetuto migliaia di volte. Che l’Unione europea è il sogno per tutti i Paesi dei Balcani occidentali. Ma qualità essenziale di un sogno è la sua inafferrabilità. A volte sembra così reale che potresti toccarlo. E un minuto dopo è svanito. Nemmeno tanto tempo fa, la Croazia sembrava arrivata ormai alle porte dell’Unione, bastava un salto. Forse entro la fine del 2010, si diceva.

Ora potrebbe essere il 2013. Sebbene l’obiettivo non sia mai stato altrettanto a portata di mano per la Macedonia, a volte Skopje l’ha visto avvicinarsi, a grandi passi. La Macedonia era stata il primo Paese della regione, parecchi mesi prima della Croazia, a firmare l’Accordo di stabilizzazione e associazione (Asa) con Bruxelles, ad aprile 2001. Zagabria lo firmò ad ottobre di quell’anno. E Belgrado, solo per fare un esempio, lo sottoscrisse solo nel 2008.

Un percorso cominciato nel 2001

Alle spalle dell’Asa, c’era il riconoscimento del ruolo costruttivo svolto dalla Macedonia durante la crisi del Kosovo. La prospettiva era dunque rosea. Poi un colpo di sfortuna. Subito dopo la firma dell’Accordo, Skopje vacillava per la guerra civile. Se fortunato qui è la parola giusta, il Paese fu fortunato che il conflitto fu breve e circoscritto. Ma così aspettò altri quattro anni per lo status di candidato, che alla fine arrivo a dicembre 2005.

Diciamo che fu un bonus per il fallito referendum territoriale, che avrebbe di nuovo spinto il Paese allo scontro etnico. Zagabria -lo status di candidato- lo aveva già ottenuto, tagliando il nastro a metà 2004. Inoltre, eccezione da rilevare, la candidatura a Skopje venne riconosciuta senza però una data d’inizio dei negoziati. Zagabria a sua volta li aveva già cominciati nel 2005.

I cittadini avrebbero perciò dovuto aspettare altri quattro anni, e alla fine, nell’autunno dello scorso anno, la Commissione europea aveva raccomandato che per la Macedonia fosse fissato il via ai negoziati.

30 giugno 2010, scadrà la deadline per risolvere la disputa sul nome

Come previsto però, il Consiglio europeo non indicò una data, neppure stavolta, per via delle pressioni greche nella disputa sul nome dello Stato. Proprio a dicembre 2009, la Ue diede alla Macedonia sei mesi di tempo, fino alla chiusura del semestre di presidenza spagnolo, per risolvere la disputa con Atene, che la mettesse in grado di far cominciare i negoziati.

Proprio adesso quel tempo è scaduto. Il Consiglio europeo si riunirà a breve, a metà giugno. E prevedibilmente sul fronte del nome non cambierà niente. Ossia la Macedonia non sarà sull’agenda. Con tutta probabilità, i negoziati di adesione dovranno aspettare tempi migliori.

Il Paese candidato Ue ma senza data

La disputa sul nome con Atene per Skopje è l’incubo peggiore dall’indipendenza. Ha bloccato lo sviluppo del Paese in una miriade di modi negli ultimi 19 anni. Ma non è vero che è il solo impedimento all’ingresso nella Ue. Fin dall’ultimo report periodico della Commissione, la Macedonia sembrava aver intrapreso una spirale discendente. Su diversi temi erano arrivati avvertimenti che le riforme ristagnavano.

“Due passi avanti e uno indietro” aveva sintetizzato l’ambasciatore Ue a Skopje Erwan Fouere a metà maggio 2009, durante una conferenza all’università privata Fon della capitale. Fouere spiegava come mancasse il dialogo tra partiti politici, che servissero ancora grandi sforzi sul fronte della giustizia, delle riforme nella pubblica amministrazione e della lotta alla corruzione.

Di recente Bruxelles ha aperto nuove questioni con Skopje: è stata approvata una controversa legge anti-discriminazione, in diretta opposizione alle raccomandazioni Ue, oltre alla legislazione sulle acque, rimandata per ora dal governo, e che si è guadagnata anch’essa critiche e richiami comunitari.

Cresce la distanza con Bruxelles

Fine maggio 2010: Zoran Thaler, relatore dell’Europarlamento sulla Macedonia, esprime dubbi in modo diretto sul nuovo corso politico intrapreso da Skopje. “A Bruxelles c’è l’impressione che l’integrazione Ue non sia più una priorità per il Paese” ha detto Thaler parlando nella capitale. Questo può portare l’Unione a rivedere o perfino a cancellare la Macedonia dall’agenda. E potrebbe anche significare sospensione dei vitali fondi Ue di preadesione, ha specificato Thaler. Logicamente, se il Paese non è interessato all’accesso, i fondi potrebbero venire ridotti.

“Restiamo impegnati per l’integrazione Ue -ha ribattuto piccato il premier Nikola Gruevski respingendo i commenti di Thaler- Se queste percezioni ci sono, sono infondate”.

Nondimeno il solco cresce, la distanza diventa sempre più vistosa. Il mese scorso i media hanno riferito la voce di presunte istruzioni al suo staff da parte del vice ministro per l’Integrazione europea, Vasko Naumovski, di non avere contatti diretti con la delegazioni europea senza sua autorizzazione. La comunicazione si sarebbe svolta così solo a livello ufficiale.

Nonostante la scarsa comprensione del complesso processo di coordinamento in vista dell’adesione Ue –con centinaia di dettagli che emergono quotidianamente- questo episodio rende a sufficienza l’idea di che cosa significhi per le relazioni del Paese con l’Unione europea. In risposta, l’ambasciatore Fouere ha fatto sapere che è convinto invece che i contatti debbano essere più stretti e più immediati a tutti i livelli.

La Ue non equidistante nella querelle sul nome

Nel governo a Skopje si respira frustrazione per il mancato sostegno da parte di Bruxelles nella disputa con Atene. Il primo ministro macedone Gruevski si è appellato ai Ventisette perché riconsiderino la loro posizione di sostegno incondizionato ad Atene, per aiutare a comporre il conflitto. La scarsa comprensione mostrata dalla controparte comunitaria alimenta infatti risentimenti a Skopje e il governo sembra quasi agire per ripicca in opposizione a Bruxelles.

Non è certo la più cauta delle scelte politiche. Intanto i diplomatici Ue ripetono spesso “la vita è ingiusta” , nel senso che hanno capito la posizione della Macedonia, ma sono costretti a prendere le difese del membro del club. La neutralità Ue sulla questione si risolve dunque alla fine nello schierarsi invariabilmente a fianco di Atene.

Tenere il broncio come un ragazzino ferito nell’amor proprio non aiuterà la Macedonia, e invece è proprio quello che sembra succedere ora. Guastare le relazioni con tutti, solo perché si è irritati, non è una buona strategia per avanzare. Piuttosto è il momento della maturità nel difficile gioco delle relazioni internazionali.

Dopo le vacanze estive, il governo dovrà fare i conti con la valutazione annuale della Commissione. Ma per come appaiono ora le cose, e in assenza di cambiamenti, il report dovrebbe essere negativo. La Macedonia potrebbe restare in sala d’attesa per un indefinibile periodo di tempo.

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