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Ucraina: i tatari di Crimea chiedono aiuto alla Turchia
La minoranza turcofona e musulmana si sente minacciata da un’eventuale unione con la Russia e i suoi rappresentanti giurano fedeltà a Kiev. Nel frattempo la Turchia dichiara che farà il possibile per difendere i tatari, "gli abitanti originari della Crimea"
La crisi in Crimea non è solo una questione interna all’Ucraina. E questo era già noto. Ma quello che sta emergendo con prepotenza in questi giorni è che la penisola nel Mar Nero, contesa tra Kiev e Mosca, accentra su di sé le attenzioni non solo dell’Europa e degli Usa, ma anche della Turchia.
Se la Russia ha occupato la Crimea col pretesto di proteggere i cittadini russi che vi risiedono, oltre ai cittadini ucraini di etnia e lingua russe, la Turchia è direttamente chiamata in causa dalla comunità tatara che abita nella penisola, che si sente minacciata da un’eventuale unione con la Russia.
“Per noi è di estrema importanza difendere la presenza dei nostri fratelli di sangue in Crimea”, ha detto il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoğlu al quotidiano Taraf, “I tatari sono gli abitanti originari della Crimea, i padroni di quelle terre. In Ucraina hanno vissuto come cittadini uguali agli altri, in pace, e la Turchia farà fronte comune per i loro diritti".
E il premier turco Recep Erdoğan, secondo quanto riportato dal quotidiano Daily Star, avrebbe detto a Putin che “la soluzione della crisi in Crimea spetta principalmente all’Ucraina. Un’instabilità nel paese avrebbe ripercussioni negative su tutta la regione”. Intanto, secondo la Reuters, Ankara ha fatto decollare lo scorso 3 marzo otto F-16 per intercettare, al largo della Crimea, un aereo spia russo che aveva sfiorato lo spazio aereo turco. Ucraina, Russia e Turchia si affacciano infatti tutte e tre sul Mar Nero.
Gli abitanti originari della Crimea
“Solo poche ore ci separano dalla catastrofe”, ha dichiarato a Radio Moskvy Refat Chubarov, capo del Mejilis, l’organo di rappresentanza dei tatari di Crimea. Le preoccupazioni della comunità arrivano dopo un’occupazione della Crimea a opera della Russia avvenuta nell’immobilismo della comunità internazionale, senza sparare un colpo e con una rapidità che fa pensare a una mossa pianificata. “Abbiamo un netto ricordo di cosa hanno fatto in passato i russi al popolo tataro. Se oggi siamo una minoranza a casa nostra lo dobbiamo a loro. Abbiamo spesso combattuto contro di loro a fianco degli ucraini, e agli ucraini continuiamo a essere leali”.
I tatari di Crimea, di origini e lingua turca, sono circa 300mila – il 16% della popolazione – e rappresentano il terzo gruppo etnico della repubblica autonoma, dopo i russi e gli ucraini. Quella tatara è una presenza molto radicata in Crimea. Arrivarono nel 1400 a seguito dell’Orda d’oro di Gengis Kahn. Rappresentando una minaccia interna al mondo panslavo, furono più volte combattuti dalla Russia degli zar prima, dai bolscevichi poi, e infine fatti deportare in Asia centrale da Stalin, da dove tornarono solo nel 1967, in seguito alla destalinizzazione di Nikita Krusciov . Un lungo ritorno che è continuato fin dopo l’indipendenza dell’Ucraina.
Soldati misteriosi
L’occupazione della Crimea è avvenuta in un modo bizzarro. Tutte le basi dell’esercito e della marina ucraine, oltre che diversi edifici pubblici e due aeroporti, sono stati presi sotto controllo da numerosi militari in uniformi anonime. I media russi hanno parlato di un esercito di autodifesa popolare creatosi spontaneamente.
“Questi uomini non meglio identificati sono equipaggiati con armi moderne e sembrano ben addestrati”, ha detto Chubarov, lasciando intendere di non credere alla versione di Mosca. Aggiungiamo anche che i mezzi blindati usati da questi misteriosi soldati hanno targhe militari russe. Mustafa Dzhamilev, ex capo del Mejilis e tuttora uno dei leader della minoranza tatara, in un’intervista a Radio Free Europe, non ha usato mezzi termini: “Oserei dire che neanche la macchina della propaganda di Goebbels è arrivata a tanto. Dicono che i russi in Crimea sono in pericolo, ma io non ho mai sentito niente di più assurdo”.
La guerra dei media
La manovra di Mosca di utilizzare militari in uniformi prive di distintivi e mostrine ha sortito il duplice effetto di occupare la Crimea fingendo di non aver avviato alcuna operazione militare, e di diffondere tensione nei cittadini che – in parte – credono di avere bisogno di una protezione armata da un “pericolo inesistente”, per usare le parole dell’ambasciatrice Usa all’Onu, Samantha Power.
Il Cremlino ha fatto leva su vecchi fantasmi mai scomparsi dal sentimento popolare russo come il pericolo di un’invasione neonazista, accendendo gli animi e scatenando punte di intolleranza nella popolazione russa e russofona non solo della Crimea ma di tutta l’Ucraina orientale.
Giornalisti indipendenti hanno smascherato diversi trucchi grossolani usati dai media russi per raccontare un’Ucraina in mano alle bande neonaziste, di colonne di profughi in fuga verso i confini orientali e una popolazione russa t[]izzata e in pericolo di vita.
Nel giro di un paio di giorni, due anchorwomen del canale in lingua inglese Russia Today, Abby Martin e Liz Wahl, hanno denunciato in diretta le pressioni e la disinformazione imposta dall’alto. Nello stesso tempo i media ucraini sono stati oscurati, gli account pro-Maidan su Vkontakte (il Facebook russo) bloccati e le comunicazioni cellulari con Kiev tagliate.
In questo clima di guerra psicologica il parlamento della Crimea ha indetto ieri (6 marzo) un referendum sull’unione con la Russia per il prossimo 16 marzo. Chubarov ha dichiarato che i tatari voteranno per restare parte dell’Ucraina, ma date le premesse, un risultato diverso sembra scontato. La Turchia intanto sta a guardare.