Ucraina: attualmente nessun rischio sulla sicurezza a Chernobyl
Escluso il rischio di rilasci radioattivi da Chernobyl, quello che preoccupa è l’aumento di radioattività dovuto ai continui movimenti delle truppe russe all’interno della Zona di esclusione e le condizioni dei lavoratori nella centrale. Un quadro sulla situazione anche nelle centrali di Zaporizhzhie e Yuzhnoukrainsk
Nonostante l’attacco russo non sia ancora stato sferrato e le notizie di movimenti diplomatici lascino aperti spiragli di speranza, oggi è arrivato l’ordine di mobilitazione generale per i coscritti e i riservisti dai 18 ai 60 anni nella zona di Yuzhnoukrainsk. Per molti è il segnale atteso da giorni: nelle prossime ore i russi potrebbero sferrare il temuto attacco per conquistare il controllo della centrale nucleare di South Ukraine che, dopo la presa di Zaporizhzhie, è la principale fonte di energia da nucleare ancora sotto controllo ucraino.
La mobilitazione è giunta nelle stesse ore in cui l’Ispettorato ucraino per il controllo delle norme di sicurezza negli impianti nucleari denunciava, con eccessivo allarmismo, un blackout nella linea ad alto voltaggio di Kyivska, la sola rimasta ad alimentare la centrale di Chernobyl dopo che la seconda rete era stata scollegata circa una settimana fa. I generatori diesel di emergenza hanno immediatamente ripristinato tutte le funzioni all’interno del sito, ma, a differenza di quanto denunciato dalle autorità ucraine, non vi è nessun pericolo di rilasci radioattivi, come ha confermato anche l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA).
L’energia elettrica serve solamente ad alimentare i sistemi di sorveglianza, i computer, le luci all’interno degli uffici e i sistemi ausiliari, ma non è più necessaria per azionare le pompe di raffreddamento dei reattori, visto che questi sono ormai sufficientemente freddi. Anche il corium del reattore numero 4 non viene più raffreddato da anni e non presenta nessun pericolo di ulteriore fusione. Infine, le barre di combustibile esausto del reattore numero 3, le ultime ad essere ancora nelle piscine di raffreddamento, hanno perso la quasi totalità del loro potere radioattivo e il calore rilasciato è talmente esiguo che l’acqua viene riciclata solo sporadicamente.
La stessa IAEA ha affermato che “il volume delle acque nelle piscine di raffreddamento è già di per sé sufficiente per rimuovere il calore emesso dalle barre di combustibile senza l’ausilio di impianti elettrici”. Non vi è nessun pericolo che si sprigioni iodio-131, l’elemento più pericoloso per l’uomo, il cui tempo di dimezzamento di soli otto giorni, ha ormai fatto decadere completamente l’isotopo. I dosimetri che rilevano automaticamente i livelli di radioattività sono stati disattivati immediatamente dopo l’occupazione russa, ma i militari, i dipendenti ucraini e la Guarda nazionale ucraina ancora presente nella centrale, continuano a monitorare manualmente la quantità di radioisotopi presenti nel sito e sino ad oggi nessun pericolo è stato segnalato.
Quello che invece preoccupa maggiormente è l’aumento di radioattività dovuto ai continui movimenti delle truppe russe all’interno della Zona di esclusione di Chernobyl. I livelli di radiazioni sono più elevati del solito e si stanno diffondendo anche all’esterno dell’area contaminata, trasportati dal vento e dai mezzi che si spostano senza sosta entro e fuori le aree precluse. Altra fonte di apprensione sono le condizioni di lavoro stressanti a cui sono sottoposti i 210 lavoratori nella centrale di Chernobyl: ormai da due settimane operano senza possibilità di uscire dal sito e senza ricevere cambi di turno e questo getta un velo di inquietudine per via delle ripercussioni fisiche e psicologiche che potrebbero compromettere la sicurezza dell’impianto.
Migliore, invece la situazione a Zaporizhzhia, in cui due dei sei reattori funzionano a pieno regime e dove i lavoratori hanno potuto essere sostituiti al termine dei loro turni di lavoro. Nei giorni scorsi i militari russi hanno anche permesso alle autorità ucraine di mantenere collegamenti telefonici con gli operatori.
Nessuna preoccupazione anche per il reattore NSI al Centro nazionale di ricerche dell’Istituto di fisica e tecnologica di Kharkiv, il cui sito era stato colpito dai bombardamenti del 6 marzo. Le 37 barre di uranio sono attualmente in stato di shut-down e i livelli di radiazioni sono stabili e sotto i limiti di sicurezza.
La tensione è alta invece nella centrale nucleare di South Ukraine. Qui, dei tre reattori, due sono in funzione alla massima potenza di 980 MW. Ciascuno di essi contiene 317 barre di combustibile riempite con 455 kg di combustibile con uranio arricchito al 3,5%, ma in caso di pericolo vengono portati immediatamente in condizioni di sicurezza.
Il rischio, seppur diminuito, però non viene completamente estinto: un reattore, anche quando è in stato di shut-off, continua a rilasciare calore di decadimento e deve essere continuamente raffreddato. Nei primi due giorni la temperatura crolla a livelli ambientali, ma per essere sicuri che le reazioni di fissione non ricomincino, innalzando il calore di decadimento, si continua a raffreddare il reattore per un’altra settimana. Questo significa che la centrale deve sempre essere collegata alla rete elettrica per far sì che le pompe insufflino acqua nel reattore. Nel caso di un blackout completo intervengono i generatori di emergenza alimentati a diesel. In più, i reattori ucraini VVER, di fabbricazione russa, hanno sistemi di raffreddamento alternativi che possono intervenire anche in caso i generatori di emergenza siano fuori uso. Infine, anche se il reattore fondesse, il rilascio di radiazioni verso l’esterno potrebbe essere evitato, o almeno ritardato perché l’intero sistema è inserito in un vessel di acciaio di 19 centimetri di spessore e da un contenitore primario in calcestruzzo in grado di contenere la maggior parte delle radiazioni.
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