Turisti rurali nel labirinto
In Macedonia itinerari ambientali e culturali attrezzati potrebbero fare da volano all’economia locale. Ma il turismo alternativo non decolla. Perché milioni sono stati investiti in spot tv all’estero, ma non in strade e offerta turistica. Spunta però a sorpresa la clientela nazionale, che si appassiona al b&b e riscopre i fine settimana all’aperto
Andate a chiedere a un qualsiasi sindaco macedone quale sia il suo asso nella manica per favorire lo sviluppo locale. E vi sentirete invariabilmente rispondere: il turismo. Turismo rurale, alternativo, ecologico e così via. Tutti ripongono le proprie speranze nella possibilità di attrarre i turisti, di invitarli a condividere le bellezze naturali, il patrimonio culturale e gastronomico della propria terra.
Sin dall’inizio del processo di decentramento, iniziato in Macedonia circa un decennio fa (2002), i comuni hanno puntato sul’economia locale. Mentre prima le autorità comunali avevano competenze sulla manutenzione delle infrastrutture (rifornimento idrico, fognature, illuminazione esterna, condizioni delle strade), ora in ogni comune macedone sono stati creati appositi dipartimenti per lo sviluppo dell’economia locale.
Qui i rappresentanti dei poteri locali elaborano strategie e piani d’azione e muovono i loro primi passi in un territorio sinora sconosciuto.
Dieci anni, pochi risultati
Finora sono state elaborate strategie su strategie, organizzate decine di seminari sulla promozione turistica, finanziati, tra l’altro, da donatori stranieri.
Ma quasi dieci anni dopo, i risultati sembrano irrisori rispetto agli sforzi profusi. La domanda ora è: la Macedonia è realmente in grado di offrire turismo rurale di qualità? E, se sì, come può sviluppare un’offerta valida?
New York Times ha piazzato
la Macedonia al 21° posto
nella sua lista dei
“31 posti da vedere” nel 2010
A dire il vero, qualche progresso c’è stato, anche se molto lento. All’inizio di quest’anno il New York Times ha piazzato la Macedonia al 21° posto di una lista dei “31 posti da vedere” nel 2010. In particolare, il quotidiano statunitense cantava le lodi della città di Ohrid.
Alcuni anni fa, Richard Bangs, guru dei notiziari di turismo in Usa, aveva tracciato un profilo molto positivo della Macedonia, ritraendola su Yahoo come una terra di sacri misteri. Le martellanti campagne governative per la promozione nazionale sui media di tutto il mondo hanno sicuramente favorito la visibilità internazionale della Macedonia, anche se gli esperti sollevano non pochi dubbi sull’efficacia dei risultati rispetto ai mezzi finanziari profusi.
Costose campagne media, ma niente fondi per migliorare l’offerta turistica
Le strategie utilizzate infatti si sono concentrate principalmente sulla promozione dell’immagine della Macedonia a livello internazionale: gli esperti suggeriscono invece di migliorare la qualità dell’offerta locale. Proprio la scorsa settimana un esperto ha suggerito che basterebbero 30.000 miseri euro per contribuire a migliorare nettamente la prima impressione che i turisti hanno del Paese: questa cifra sarebbe infatti sufficiente a ricostruire i servizi igienici alla frontiera, che oggi versano in uno stato spaventoso.
Anche se nel Paese non mancano risorse naturali adatte allo sviluppo del turismo rurale, la Macedonia non è l’Italia, e Skopje non è certo Praga, pur potendo contare su incantevoli montagne, numerosi splendidi laghi, fiumi, antichi monasteri, riserve naturali e località termali. La cucina tradizionale, più che quella dei ristoranti, è gustosa e ricca di varianti.
Non basta la bellezza del paesaggio
Eppure, lo sviluppo turistico sembra arrancare. Per causa strutturali innanzitutto, che devono essere affrontate direttamente dal governo.
In cima alla lista, l’elevato costo dei voli. Gli aerei per la Macedonia sono nettamente più cari rispetto a quelli per i Paesi vicini, e i voli low-cost sono ancora scarsi e inaffidabili. I tour operator sono quindi costretti a fare affidamento sui soli turisti provenienti dalle nazioni oltreconfine.
Secondo problema: le infrastrutture locali versano in uno stato disastroso. Le guide turistiche riportano che il degrado delle strade è quel che più colpisce i visitatori. C’è persino una barzelletta sulla promozione alternativa delle sgangherate strade macedoni, talmente piene di buche che potrebbero essere pubblicizzate come terapia per la cura dei calcoli renali.
Quei prezzi da Chiantishire nelle campagne macedoni
In terzo luogo, i costi. In alcune località, vengono imposti prezzi paragonabili a quelli delle campagne del Chianti. Peccato che i servizi offerti siano di ben altra qualità. E questo solo per un’ignoranza abissale in materia di economia e accoglienza.
Infine, l’onnipresente spazzatura. I parchi naturali sono meravigliosi, percorsi da ruscelli cristallini che ristorano il corpo e l’anima. Ma sono colmi di rifiuti. Il risultato è un triste paesaggio, che non incoraggia di sicuro il turista a tornare.
Tutti problemi dunque con radici istituzionali (per la scarsa efficienza delle agenzie municipali preposte alla raccolta dei rifiuti), culturali (scarsa sensibilità), e politiche (mancanza di una leadership motivata e competente, in grado di far fruttare le risorse a disposizione). Tuttavia, oltre l’eccesso di analisi, c’è un’asprea realta con cui fare i conti: nessuno vuole agire.
"Immondizia e turismo sono incompatibili"
I sindaci e il loro staff possono avere centinaia di attestati di frequenza a seminari e laboratori sul tema dello sviluppo locale, ma nessun sindaco vi saprà dire con certezza quando è stata organizzata l’ultima iniziativa collettiva per la raccolta dell’immondizia. Nonostante tutti gli sforzi per una pianificazione strategica, per il capacity building, l’assistenza tecnica, le strategie di sviluppo delle piccole comunità, la mobilitazione degli investitori, il lavoro di networking, la pianificazione delle azioni, la triste realtà è che l’immondizia e il turismo sono incompatibili l’una con l’altro.
Ad essere sinceri, qualche progresso si è registrato rispetto a dieci anni fa, soprattutto nel settore privato. Nelle aree rurali sono stati creati numerosi bed & breakfast, mentre nelle aree montane si è assistito alla creazione di piccoli hotel che hanno contribuito a un certo sviluppo del settore turistico macedone. Ohrid non è più la sola città degna di essere visitata: sempre più macedoni decidono di passare il fine settimana in campagna.
Vicino ai fiumi sono state attrezzate aree per la pesca, con annessi piccoli alberghi privati e ristorantini. In pieno stile post-moderno, si assiste a un ritorno alla buona vecchia cucina tradizionale (rispetto alla corsa alla modernità che aveva caratterizzato gli anni ’80).
Se i macedoni scoprono il week-end fuori porta
Buona parte di questa tendenza allo sviluppo è dovuta a investimenti privati nel settore delle infrastrutture e dei servizi, che compongono l’offerta di turismo rurale. L’altra positiva novità è il crescente interesse per le aree rurali dimostrato dai macedoni: sembra si stia sviluppando una vera e propria cultura del fine-settimana in campagna.
Questo significa che l’iniziativa privata dev’essere incoraggiata, dal momento che gli investimenti più efficaci per la promozione del turismo rurale provengono da fonti private, forse proprio dagli investitori locali, che sembravano essere caduti nel dimenticatoio. Ma il governo, troppo impegnato a rincorrere i generosi donatori internazionali, non sembra essere pronto a comprenderlo.
Varrà la pena per questo prestare più attenzione ai clienti locali, a lungo trascurati a favore del ricco straniero. E il settore pubblico, pur con basse ambizioni, potrebbe contribuire positivamente. Intanto riasfaltare le strade costa molto, e i soldi sono pochi, ma rimboccarsi le maniche e raccogliere la spazzatura sarebbe già un buon inizio.