Turismo: Dubrovnik affonda
Dubrovnik straripa di turisti ed i pochi residenti denunciano che ha ormai perso la sua identità, il suo charme, il suo stile di vita
(Pubblicato originariamente da Balkan Insight)
Se la si guarda dalla Fontana grande di Onofrio, risalente al 15mo secolo e posta ad una delle due estremità dello Stradun, la via principale della città vecchia di Dubrovnik, tutta pavimentata a pietra, quella che Lord Byron chiamava “la perla dell’Adriatico” potrebbe essere confusa con una schermata di tetris, il popolare videogame degli anni ’80.
I turisti fluiscono in interminabili ondate attraverso i cancelli della città. Si muovono in formazioni variegate ed in differenti direzioni.
A momenti, sono così tanti che riempiono l’intero spazio, come pezzi di puzzle coprono interamente la superficie liscia delle pietre sotto i loro piedi.
Il centro città, che si espande per circa 18 ettari, può reggere, e di fatto regge, 10.000 turisti contemporaneamente. Le stradine si intasano; le file di persone a stento si muovono, i turisti si fotobombardano reciprocamente con i selfie.
E, nel mezzo di questo caos, si possono scorgere alcune persone dall’espressione severa, che s’affrettano attraverso la folla, nel tentativo di portare a termine le loro commissioni quotidiane. Sono i residenti locali, una specie in via d’estinzione.
Se, per puro caso, la città vecchia, per un momento, si svuota, ciò a cui si assiste toglie il respiro: una città medioevale in pietra, dalle proporzioni perfette, circondata da mura monumentali con torrette e fortificazioni che hanno difeso la sua libertà per secoli. Il suo lato meridionale è baciato dall’Adriatico, il settentrione dalla collina di Srdj.
Lord Byron non esagerava. Come non esagerano le migliaia di turisti che postano foto di Dubrovnik sui social media con gli hashtags #stupefacente, #meravigliosa #davedere.
L’armonia tra il corporale e lo spirituale ha a lungo preservato Dubrovnik. Sin dal settimo secolo d.c la città è cresciuta secondo piani ben definiti, in equilibrio con la sua grandezza e le sue possibilità.
E questa è la ragione per cui questa ex città-stato perfettamente conservata è, in ultima istanza, unica. Ed è per questo che l’Unesco l’ha inserita nella lista del Patrimonio dell’umanità fin dal 1979.
Ed è il motivo per cui i produttori di “Game of Thrones” hanno deciso sarebbe stata la scenografia ideale per la capitale dei Sette Regni.
Ora Dubrovnik è sulla lista di molti viaggiatori. Da vedere prima di morire. Ma la popolarità della città è divenuta anche la sua maledizione. È, dopo Venezia, la seconda destinazione delle crociere nel Mediterraneo.
L’anno scorso l’hanno visitata 1 milione e 200.000 turisti, un aumento del 17% rispetto al 2016. Quest’anno pare che si batterà ogni record. E mentre il numero di turisti sale, il numero di residenti scende.
Dei 42.615 residenti dell’intera municipalità di Dubrovnik, solo 1.557 vivono nel centro storico, un 25% in meno rispetto al 2011. Un terzo di loro ha più di 65 anni. Il 22% sta prendendo in considerazione, secondo una recente indagine dell’Istituto per la ristrutturazione di Dubrovnik, di andarsene.
“In centro andremmo a dormire e ci sveglieremmo circondati da schiamazzi. Trascorrevamo mesi con le nostre finestre chiuse”, racconta Sandra Ivičević Bakulić, la cui famiglia si è trasferita l’anno scorso dalla città vecchia nel vicino quartiere di Zlatni Potok, in fuga dai turisti. Tre generazioni della sua famiglia sono nate all’interno delle mura. Della trentina di famiglie della loro via, non ne resta che qualcuna.
“Troppo stress da gestire”, racconta.
“La città ha perso tutto quello per cui la amavamo”.
"Smettere di contare le persone"
Il turismo è il pilastro dell’economia della Croazia, ed ha generato reddito, lo scorso anno, per 9.5 miliardi di euro, equivalenti a circa un quinto del Pil del paese. Cifre che, ha dichiarato il ministro per il Turismo Gari Capelli lo scorso marzo, sono “il migliore indicatore di dove è arrivato il turismo croato”.
Ma a che costo?
Le infrastrutture di Dubrovnik, vecchie di secoli, stanno andando a pezzi e nel frattempo la stessa Unesco ha minacciato di toglierla dalla propria lista a causa del sovraffollamento. La CNN quest’anno l’ha posta al terzo posto della lista dei 12 posti che i viaggiatori quest’anno potrebbero evitare. Davanti a Venezia, al quarto posto.
“Il turismo a Dubrovnik negli ultimi anni è divenuto un mostro difficile da controllare. La città assomiglia sempre più a Disneyland,” afferma Božo Benić, presidente dell’Associazione degli architetti di Dubrovnik. “Questo deve finire se vogliamo preservare l’identità e la dignità della città ed una qualità di vita ai residenti”.
Mato Franković, eletto sindaco nel giugno 2017, afferma di aver già intrapreso alcuni passi per affrontare il problema. La sua amministrazione mira a tagliare il numero di crociere a non più di due al giorno, suddivise lungo l’intera settimana e a limitare i visitatori all’interno delle mura ad un massimo di 8000 persone. Ha già tagliato il numero di coperti di ristoranti e bar e il numero di bancarelle di souvenir.
“Dobbiamo smettere di contare le persone e i pernottamenti e focalizzarci invece sulla qualità”, afferma Franković.
“Dopo anni di eccessi sarà difficile raggiungere in un anno o addirittura nei quattro anni del mio mandato un turismo sostenibile, ma alcune misure le abbiamo già implementate”, afferma. “Dubrovnik non può essere una vittima del suo successo”.
Le navi da crociera in passato erano un segno benaugurante, rappresentavano il simbolo della rinascita di una città che poco più di un quarto di secolo fa era sotto assedio da parte dell’Esercito federale jugoslavo dopo la guerra 1991-1995 che è seguita alla separazione della Croazia dalla Jugoslavia.
Non si sono negoziate condizioni né limiti. Ma poi sono arrivate più crociere, più turisti, più appartamenti in affitto, più ristoranti, più negozi di souvenir, sino a quando la città ha iniziato a cadere a pezzi.
Non era stata edificata per contenere tutte queste persone. Quando piove le fognature medioevali strabordano dai tombini. I lavori per porvi rimedio sono iniziati lo scorso inverno.
Anche la sua centrale elettrica non è grande abbastanza per fornire energia a tutti i ristoranti e a tutti i condizionatori di tutte le stanze in affitto della città; una centralina che si è fusa qualche anno fa a causa del sovraccarico. Gli scarichi esterni dei condizionatori alzano la temperatura della città e ne danneggiano le facciate.
In passato vi era un piano di sviluppo del centro storico che definiva l’utilizzo di ogni luogo e superficie ma è stato abbandonato durante gli anni ’80 e da allora la città si è sviluppata senza alcun criterio.
Il numero di bar, hotel, ristoranti o appartamenti in affitto non è definito, né vi è alcuna strategia per conciliare le necessità dei turisti con quelle dei residenti.
Dubrovnik: “Bella ma stupida”
A cinque minuti a piedi dallo Stradun, nel piccolo e armonioso appartamento di Ana Zuvela e del marito Davor Busnja, il pranzo cuoce sui fornelli. Vicino c’è un ostello ed alcune stanze in affitto. Dalle finestre si intravvedono turisti passare.
“Potrei installare un pannello in cucina in modo si apra se si inserisce un penny permettendo ai turisti di guardarci cucinare mentre i bimbi stanno facendo i compiti. I più esigenti li potremmo avere qui a cena, in modo possano condividere la vita dei residenti”, scherza Ana.
La nostalgia della vita conosciuta da bambina ha riportato Ana in città vecchia a Dubrovnik dopo una laurea ottenuta a Dublino.
La sua decisione ha fatto sì che i suoi bimbi ora crescano nell’area pedonale, i vicini offrano loro fette di torta mentre giocano all’aperto e i ragazzi aiutino le persone più anziane a portare a casa la spesa. Dopo pranzo capitano gli amici, senza invito, per un caffè; oppure qualcuno capita in centro per un funerale e passa a trovarli.
“Penso sia molto importante pensare anche agli altri, non essere solo un ingranaggio in questo mondo di individualismo”, racconta Ana che lavora per l’Istituto statale per lo Sviluppo e le Relazioni internazionali.
“Viviamo qui e ci costa molto, rumori, folla, disordine, abitare in un appartamento molto piccolo perché i costi delle proprietà sono esorbitanti… tutto costa di più se si abita in centro”
Ma sicuramente godranno anche dei benefici di tutti i soldi che si riversano su Dubrovnik? Non proprio. ”Dobbiamo portare la carta igienica all’asilo dei bimbi perché non hanno risorse per comperarla”, spiega Davor.
“Vi è una forte discrepanza tra l’ampio budget della città e la qualità della vita dei suoi cittadini. Sinceramente non capisco dove finisca tutto il denaro che arriva dal turismo”.
Ana poi aggiunge: “Non si promuove nulla per i bambini o gli anziani. Non ci sono medici a sufficienza. In passato il reddito che proveniva dal turismo veniva reinvestito nella città, nel recupero degli edifici. Ora la città viene sfruttata ma non ristrutturata. Storicamente Dubrovnik è stata una città intelligente, ecco perché è stata costruita così. Ma non è più così. È ora una città bella ma stupida”.
Davor è architetto ed è originario di Zagabria, la capitale della Croazia e racconta che all’inizio gli veniva la pelle d’oca tutte le volte che si incamminava lungo lo Stradun.
“È così grandioso, armonioso e bello. Ne vedo l’effetto sui visitatori quando arrivano d’inverno, stagione in cui Dubrovnik può essere ammirata in pace”, racconta. Ana concorda: “Ciascuno merita un’occasione di essere stupito da Dubrovnik”.
Franković, il sindaco, ammette che negli ultimi anni non si è investito adeguatamente nelle infrastrutture della città. Sin dalla sua elezione però, aggiunge, si sono avviati lavori sul sistema idrico, quello fognario e su alcune strade. Le autorità locali hanno in programma tre nuovi asili e 40 appartamenti agevolati per spingere famiglie giovani a restare. È in programma anche un ospizio.
Sino a qualche anno fa si parlava spesso di riuscire ad estendere la stagione turistica a Dubrovnik.
Ora il numero di turisti scende solo tra novembre e marzo, una breve finestra di tempo in cui la città ed i suoi abitanti si possono riprendere e preparare per la stagione turistica successiva. E poi, fuori stagione, la città diventa il set per molti film.
Non solo un bancomat
Il turismo si è divorato Dubrovnik, afferma Nikolina Farčić, presidentessa dell’Associazione dei lavoratori del settore turistico.
“Si sono piazzate tutte le speranze nel turismo e ora vi è una mancanza di manodopera. Non ci sono alloggi per i lavoratori e per i più giovani in città. Tutto è in affitto e gli affitti sono astronomici”, afferma Farčić.
“Gli standard in passato erano molto alti perché gli hotel assumevano personale qualificato. Ora c’è troppo di tutto e tutti lavorano nel turismo, anche coloro i quali vedono nel turismo una sorta di piano B”.
Nonostante abbia una laurea in francese e italiano, Farčić vive lavorando nella pasticceria di famiglia e gestendo con un’amica una sala per matrimoni. Organizzano tra i 30 e i 40 matrimoni all’anno, in particolare per stranieri. Nata nel centro storico, è lì che ha sempre voluto vivere.
“I turisti sono rumorosi sino a tardi e poi i servizi di consegne iniziano presto. Questi ultimi possono operare in città infatti solo dalle 6.00 alle 8.00. ma quando metto piede in strada, lasciando l’edificio dove la mia famiglia è l’unica a risiedere in modo permanente, è come se entrassi in una macchina del tempo. Sono perfettamente consapevole della storia di Dubrovnik e del suo valore universale. Mi spiace per i turisti delle crociere, s’affannano attraverso la città e non pensano alla sua eredità storica”.
Siede nel Club dei marinai, uno dei pochi posti a prezzi ragionevoli frequentato ancora quasi esclusivamente a gente del posto, al fianco di Srdjan Kera, un ex marinaio e presidente di un’organizzazione non-governativa denominata Nazbilj. Kera, una decina di anni fa, ha organizzato un “funerale” satirico di Dubrovnik. Già allora i residenti venivano espulsi dal centro e librerie, macellai e alimentari venivano sostituiti da ristoranti, bar e negozi di caramelle.
“Già allora si aveva la sensazione che ci fossero troppi negozi di souvenir. Ve ne erano circa una cinquantina. Oggi ve ne sono il doppio. È un caos totale”, afferma. “La città è stata uccisa”.
“A volte penso dipenda tutto dalle emozioni”, afferma Farčić.
Indica poi a un bar vicino: “Hanno avuto un permesso per cinque tavoli e ne mettono nove”.
Farčić concorda: “Non gestiamo il turismo, è quest’ultimo che ci gestisce”.
Al di fuori delle mura il mare è rigato da kayak e moto d’acqua; passa una barca a vela impacchettata di turisti ed un immenso yacht incombe su chi fa il bagno; arriva una crociera, pronta a svuotare il suo carico.
Sandra Ivičević Bakulić ora è quasi commossa, guardando giù – dalla sua terrazza a Zlatni Potok, un quartiere costruito negli anni ’70 a favore dei lavoratori del complesso alberghiero di Babin Kuk – alla città vecchia dove in passato abitava e all’isola Lokrum. Finalmente c’è tranquillità. Ma Sandra e suo marito Ivan si dispiacciono che i loro figli non conosceranno mai Dubrovnik come l’hanno conosciuta loro.
“Non sentono la città come loro, come accadeva invece a noi quando eravamo piccoli”, racconta Ivan.
“Noi uscivamo sullo Stradun, mentre loro si ritrovano alla vecchia stazione degli autobus, perché il centro è troppo caro. Qualche giorno fa nostra figlia non ha potuto fare un bagno a mezzanotte perché a quell’ora le spiagge vengono chiuse”, aggiunge. Dubrovnik “appartiene ai concessionari, perché ormai tutto è dato in affitto”.
“Ecco dove siamo arrivati a prendere i soldi e fuggire. Questa città non è solo un bancomat, è anche la casa di qualcuno”.