Turchia: l’università di Boğaziçi non ci sta
Da inizio gennaio studenti e professori dell’Università di Boğaziçi, ad Istanbul, tra le più prestigiose del paese, contestano la nomina del proprio rettore avvenuta in modo del tutto irrituale attraverso un decreto dello stesso presidente della Repubblica Erdoğan. Un’intervista
Dall’inizio del 2021 l’università di Boğaziçi, ad Istanbul, è in fermento. La nomina del nuovo rettore Melih Bulu, uomo legato all’Akp di Erdoğan (è stato candidato alle elezioni del 2015), ha scatenato una serie di manifestazioni e proteste sia da parte di studenti e studentesse che del corpo docente. Oltre alla questione dei precedenti politici del neoeletto, vengono contestate anche le modalità di scelta: la nomina è infatti avvenuta tramite decreto presidenziale, senza consultazione con gli organi di consiglio accademici.
A partire dal 4 gennaio, dunque, sia nel campus universitario che per le strade di Istanbul si susseguono mobilitazioni: sono stati indetti numerosi cortei studenteschi, mentre un gruppo di insegnanti porta avanti delle azioni di protesta simbolica a cadenza quotidiana. Alcuni membri del rettorato hanno inoltre deciso di dimettersi. È il caso di Zafer Yenal, professore di sociologia ed ex-consulente del rettore, al quale abbiamo provato a chiedere i perché della sua scelta e quali possano essere le prospettive future a Boğaziçi.
Proviamo a ricostruire quello che è successo. Cosa ha pensato il primo gennaio, quando ha ricevuto la notizia della nomina di Bulu?
Devo dire che sono rimasto molto sorpreso. Solo negli anni ‘80, con a capo della nazione una giunta militare, era successo che il rettore di Boğaziçi venisse nominato per decreto presidenziale senza prendere minimamente in conto i nomi espressi dal consiglio accademico. È vero che anche l’elezione di Mehmed Özkan, il precedente rettore, aveva seguito un iter particolare. Ma si trattava comunque di una persona interna all’ambiente universitario e che nei mesi precedenti alla sua nomina aveva tra l’altro iniziato a lavorare presso il rettorato di Boğaziçi. Inoltre, era il 2016 ed era già stato promulgato il cosiddetto ohal, lo stato di emergenza successivo al tentativo di colpo di stato del 15 luglio.
Si trattava di un buon compromesso per tempi eccezionali. Al contrario, la nomina di Melih Bulu mi ha trasmesso fin da subito un grosso senso di delusione: si tratta di un completo “estraneo”, privo di qualunque collegamento con la tradizione e la cultura di Boğaziçi. In più, non possiede alcuna esperienza come funzionario pubblico: gli altri rettori possedevano sempre delle competenze a livello amministrativo. La nostra università è molto antica e prestigiosa e negli ultimi decenni è cresciuta sotto vari aspetti. Diventa dunque sempre più complicato gestirla: la nomina del nuovo rettore mi è sembrata in primo luogo assolutamente poco professionale. Infine, non c’è stato alcun dialogo e i nomi presentati dal consiglio accademico non sono stati presi minimamente in considerazione.
Si è sviluppata una contestazione…
C’è un’immagine che secondo me fotografa molto bene il momento attuale: prima della nomina di Bulu tutti i professori si ritrovavano insieme negli uffici del rettorato, mentre ora Bulu si trova lì dentro da solo negli spazi vuoti, protetto dalla polizia. Si tratta davvero di una situazione fastidiosa, disturbante… Nessuno ha piacere a operare e ad accettare delle decisioni sotto la minaccia delle pistole, no? Allo scoccare delle ore 12 di ogni giorno, alcuni professori e alcune professoresse si ritrovano nel piazzale antistante al rettorato e si posizionano dando le spalle all’edificio in segno di protesta. Indossano la toga accademica, che viene utilizzata solo in occasioni di una certa importanza, cruciali. Oramai siamo alla quarta settimana in cui questo accade.
La ragione, dal mio punto di vista, è molto semplice: in quanto docenti, i nostri sforzi devono essere orientati a esercitare e promuovere il pensiero critico, un pensiero razionale e “scientifico”. Nel momento in cui il potere politico o il potere finanziario penetrano in maniera profonda nell’ambiente accademico, il pensiero critico si trova in pericolo ed è nostro dovere reagire, provare a difenderlo. Non è questione che occorre nominare per forza il rettore attraverso elezioni, è che vorremmo che il processo fosse trasparente e che le considerazioni e le valutazione venissero compiute nel merito.
In che senso Bolu rappresenterebbe un pericolo per tutto ciò?
Io non ho proprio idea del perché abbiano scelto lui. Si tratta di una persona molto vicina al partito di governo e questo, per quanto mi riguarda, va evidentemente a minare l’autonomia intellettuale dell’università e dell’accademia, le quali dovrebbero essere il più possibile indipendenti dallo stato. È vero: le università vengono finanziate con soldi pubblici, quindi lo stato rappresenta in un certo senso uno degli “azionisti” delle strutture accademiche. Però, appunto, è solo uno fra i tanti: ci sono moltissime altre voci e prospettive, da quelle dei docenti a quelle degli studenti fino al personale amministrativo, che andrebbero invece ascoltate e incluse nei processi decisionali.
I passaggi che hanno portato alla nomina di Bulu, al contrario, non sono stati in alcun modo trasparenti. Non è stato neanche spiegato per quali motivi il precedente rettore non sia stato rinominato… In generale, diciamo che quello attuale non è il miglior momento nella storia del paese per chi lavora nell’accademia, soprattutto per chi si occupa di scienze sociali. Ciò che desideriamo è semplicemente poter tornare a svolgere il nostro impiego senza problemi.
Che prospettive ci sono?
In questo momento siamo come in un vicolo cieco. Non ho proprio idea di come potrebbero svilupparsi gli eventi. Ma la mia unica preoccupazione è tutelare i miei studenti. Anche i ragazzi e le ragazze dell’università stanno protestando contro il rettore. C’è dialogo e collaborazione con loro, anche se io preferisco mantenere una certa distanza. A ogni modo, reputo molto importante che l’università agisca come fosse un corpo unico, che punti nella stessa direzione. Siamo uniti nella diversità.
Boğaziçi è un’istituzione accademica di prestigio, sia in Turchia che all’estero. La condizione di insegnanti e studenti è già messa duramente a prova dall’emergenza pandemica, ed è fondamentale non avere ulteriori difficoltà. Tutto ciò che chiediamo è che venga ripristinata l’indipendenza accademica e che si possa avere un rettore che abbia a cuore i principi fondanti del nostro istituto.