Turchia, il vicolo cieco del CHP
Dopo dieci anni di governo dell’AKP di Erdoğan, i "kemalisti" e il CHP, partito che ne rappresenta le istanze e fondato dallo stesso Atatürk, sono sempre più isolati. Bloccati in un continuo “ritorno al passato” sembrano incapaci di rinnovarsi
Fiducia assoluta nell’esercito e nello stato, laicismo radicale e fede incrollabile nel kemalismo, la dottrina politica ispirata dagli insegnamenti di Mustafa Kemal Atatürk, il fondatore della Repubblica di Turchia, morto nel 1938. Sono questi i valori imprescindibili dei “kemalisti”, componente della società turca che vede il conservatore Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP) come un pericolo e che, dopo dieci anni di governo di Recep Tayyip Erdoğan, si sente sempre più isolata.
In piazza
Il 29 ottobre, durante le celebrazioni per la Festa della repubblica, i kemalisti, rappresentati in parlamento dal Partito repubblicano del popolo (CHP) fondato proprio da Atatürk negli anni ’20, sono scesi in piazza in tutto il paese contro il governo e per difendere i “principi del Padre della patria”.
“Oggi festeggiamo l’ottantanovesimo anniversario della proclamazione della Repubblica di Turchia, fondata grazie alla guida del grande Atatürk”, recitava l’editoriale pubblicato in prima pagina da Cumhuriyet, giornale ufficiale del Partito repubblicano del popolo. “Tuttavia oggi coloro che non condividono lo stile di vita fondato sui principi del kemalismo vogliono riportare la Repubblica al passato”.
Il meeting più partecipato è stato quello organizzato a Izmir, terza città del paese e storica roccaforte del CHP, dove centinaia di migliaia di persone armate di bandiere turche e foto di Atatürk hanno riempito piazza “Cumhuriyet meydanı”, intonando canzoni patriottiche e inno nazionale. Ad Ankara invece i manifestanti si sono dati appuntamento in piazza Ulus, nonostante la prefettura avesse vietato la manifestazione in base a generiche “informazioni di intelligence”. Scandendo slogan come “la Turchia è laica e laica resterà” e “siamo i soldati di Atatürk” i manifestanti, che volevano raggiungere l’Anıtkabir, il mausoleo dove è sepolto Atatürk, hanno tentato di forzare il cordone di polizia che li ha respinti facendo uso gas lacrimogeni e idranti.
Kemal Kılıçdaroğlu, leader del CHP oggi principale movimento di opposizione, dopo aver partecipato alla manifestazione di Ankara si è rivolto direttamente a Erdoğan in una conferenza stampa, indicandolo come il responsabile degli incidenti e paragonandolo al presidente siriano Bashir al-Assad: "Perché hai proibito la manifestazione? Qual è la logica che sta dietro la tua scelta? Dovremmo cominciare a chiamarti Tayyip “Assad” Erdoğan”.
Il premier, dal canto suo, ha difeso l’operato della polizia attaccando a sua volta il leader dell’opposizione: “La repubblica è dei cittadini, del popolo. Coloro che vogliono che la repubblica, da simbolo di tutti diventi un simbolo solo loro, sono gli stessi che si sentono gli unici legittimi detentori del potere, e che rimpiangono la dittatura. Fino ad ora abbiamo sempre celebrato la festa della repubblica presso l’Ippodromo [di Ankara, N.d.R.], tutti insieme. Avevo invitato Kılıçdaroğlu a fare lo stesso anche quest’anno, ma ha rifiutato”.
La repubblica e il velo
Al di là delle polemiche sulla gestione della piazza, l’ottantanovesimo anniversario della fondazione della Repubblica turca quest’anno hanno avuto un significato particolare. Per la prima volta, infatti, al tradizionale ricevimento organizzato nel Palazzo di Çankaya, la residenza del Presidente della repubblica turco hanno partecipato la moglie del Primo ministro Erdoğan e quella del Presidente Abdullah Gül che indossano entrambe il velo, un fatto impensabile fino a pochi anni fa, quando avere una moglie velata era un tabù che precludeva automaticamente la nomina a qualsiasi carica pubblica di rilievo.
L’elezione a Presidente della repubblica dello stesso Abdullah Gül nel 2007 era stata duramente osteggiata dall’esercito e dal Partito repubblicano del popolo (allora guidato da Deniz Baykal) proprio perché sua moglie aveva il capo coperto. La sua prima elezione da parte del Parlamento fu quindi annullata dalla Corte costituzionale. Il braccio di ferro si risolse infine a favore dell’Akp solo dopo che Erdoğan si dimise, aprendo così la strada a elezioni anticipate che consegnarono all’AKP una maggioranza ancora più ampia, che permise di eleggere finalmente Gül dopo mesi di crisi istituzionale.
Anche allora l’opposizione kemalista aveva organizzato manifestazioni di massa denominate “meeting per la repubblica”, contro l’elezione di un musulmano praticante alla guida del paese e per chiedere in modo più o meno velato un intervento dell’esercito a “difesa del laicismo e della costituzione laica”. A cinque anni di distanza, il CHP è sceso di nuovo in piazza a fianco del Partito dei lavoratori e delle Associazioni per il pensiero di Atatürk (Add) con modalità e parole d’ordine molto simili a quelle delle manifestazioni organizzate allora.
Kemalisti in minoranza
La Turchia, però, è un paese molto diverso rispetto a cinque anni fa: allora le più importati istituzioni come la Corte costituzionale, il Consiglio superiore della magistratura e la Presidenza della repubblica erano fedeli guardiani del laicismo e dell’ideologia di stato kemalista. Oggi invece l’AKP di Erdoğan, che in pochi anni è riuscito a scardinare il vecchio sistema di potere, ha nominando personalità vicine al partito ai vertici di tutte le principali istituzioni della repubblica e persino il Capo di stato maggiore dell’esercito, Necdet Özel, è considerato in quota Akp.
L’elezione del conservatore Gül a Presidente nel 2007 e l’inizio delle indagini sull’organizzazione “Ergenekon”, che hanno portato in carcere centinaia di militari accusati di voler rovesciare con la forza il governo Erdoğan, sono stati i due elementi di svolta. Oggi, in un paese dove l’AKP di Erdoğan tiene saldamente in mano le redini del potere, l’elitè kemalista, composta principalmente da giudici, avvocati, militari e dipendenti pubblici, si sente sempre più isolata e sotto attacco.
Secondo Sırrı Sürreya Önder, noto intellettuale eletto come indipendente nelle liste del pro-curdo Partito della democrazia e della pace (Bdp) il nodo principale della politica turca sarebbe tuttavia da cercare nell’eccessiva idealizzazione del concetto di Repubblica, comune sia all’AKP che al CHP: “Se [la Repubblica] ci serve dobbiamo usarla, se non ci è utile dobbiamo adottare una forma di governo migliore”, ha dichiarato Önder durante un’intervista sul canale televisivo HaberTürk che ha fatto molto discutere in Turchia. “Quando è stata proclamata, la Repubblica era frutto di un compromesso tra necessità dettate dalle contingenza storica e opportunità. L’[]e principale è che le necessità legate alla situazione di allora sono diventate oggi un dogma religioso intoccabile”.
CHP rinnovato?
Il nuovo corso tuttavia ha costretto anche il Partito repubblicano del popolo a rivedere da qualche anno le sue posizioni, un rinnovamento rappresentato secondo Koray Çalışkan, giornalista molto vicino al CHP, dall’elezione a segretario del partito di Kemal Kılıçdaroğlu: “Il nuovo CHP, con la decisione di stabilire una quota minima di giovani e donne ha mostrato di essere un moderno partito social-democratico”, ha scritto Çalışkan su Radikal in un articolo sull’ultimo congresso del CHP lo scorso luglio. “D’ora in poi inizierà anche un rinnovamento ideologico e il CHP si presenterà alle prossime elezioni con un programma culturalmente kemalista, ma ideologicamente social-democratico”.
Le previsioni del giornalista tuttavia non sembrano essersi avverate: a pochi mesi dalle elezioni amministrative la partecipazione del CHP alle manifestazioni anti-governative del 29 ottobre sembra indicare un ritorno del partito su posizioni radicali e pro-esercito adottate in passato.