Turchia elezioni: Voto e Oltre

Oy ve Ötesi (Voto e Oltre) è un’associazione civile volontaria nata allo scopo di monitorare il regolare svolgimento delle elezioni in Turchia, attraverso il lavoro di oltre 50.000 volontari in tutto il paese. Intervista

29/10/2015, Dimitri Bettoni - Istanbul

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Logo dell'associazione Oy ve Ötesi (Voto e Oltre)

Di recente Oy ve Ötesi (Voto e Oltre) è finita del mirino dei media filogovernativi, che accusano l’organizzazione di imparzialità e di collegamenti con il movimento islamico di Fetullah Gülen, un tempo solido alleato di Erdoğan e oggi suo acerrimo nemico, o con l’organizzazione curda armata del PKK.

Emersa nel 2013 da quel terreno fertile ed esuberante che fu il movimento Gezi Park, Oy ve Ötesi è una delle più felici concretizzazioni di quella richiesta di maggiore partecipazione collettiva alla vita politica del paese che la società civile aveva espresso con chiarezza durante le manifestazioni.

La Turchia è un paese dove la partecipazione al voto è storicamente molto alta, con percentuali di astensionismo nettamente inferiori alle altre democrazie, in particolar modo quelle del mondo occidentale. Tuttavia, negli ultimi anni una crescente sfiducia nella legittimità del voto rischia di minare il rapporto tra elettori ed istituzioni; secondo recenti sondaggi, oltre il 40% degli elettori crede che il voto sarà viziato da brogli.

Selin Kori

Selin Kori è project manager di Oy ve Ötesi e una delle sole tre persone che dall’associazione riceve uno stipendio. L’ho incontrata nell’ufficio situato a Beyoğlu, nel cuore di Istanbul, per farmi raccontare la situazione a pochi giorni dalle elezioni politiche del 1° novembre.

Sono passati due anni dalle proteste di Gezi Park e in così poco tempo siete diventati una realtà importante per la vita politica della Turchia. Cosa resta di quei giorni?

Di certo siamo parte della stessa atmosfera, di quell’aria di festa e impegno civile che si respirava tra gli alberi di Gezi Park. I nostri valori fondanti provengono da quell’esperienza. Tuttavia, ci consideriamo oggi una realtà indipendente rispetto a qualunque influenza politica, anche a quella composita di Gezi Park, e i nostri sforzi sono rivolti a realizzare e dimostrare questa neutralità. Una parte della popolazione ci considera figli di quell’esperienza e, non avendola condivisa, resta lontana da noi; è tra le nostre priorità convincere queste persone che il nostro è un servizio rivolto all’intera collettività, indipendentemente dal colore politico; forse il più difficile tra i compiti che ci siamo imposti.

Ed oggi cosa siete diventati? Quante persone lavorano con voi?

Siamo nati come piattaforma collettiva, ma nel 2014 ci siamo costituiti come associazione: in questo modo ci siamo volontariamente sottoposti alla verifica legale delle istituzioni e del governo, perché non puoi chiedere trasparenza se non sei tu stesso trasparente. Anche il sito web aiuta in questa operazione di limpidità. L’obiettivo di Oy ve Ötesi è duplice: assicurare il regolare svolgimento del voto e incentivare la partecipazione attiva della gente alla vita politica. Combattere il clima di sfiducia che si respira nel paese verso l’istituzione democratica è il cuore del nostro progetto. La risposta che secondo noi la gente deve dare non è disinnamorarsi dell’impegno civile, ma al contrario ricominciare a pretendere con forza un maggiore coinvolgimento nella gestione del paese. Il voto è sicuramente il momento più delicato in cui si esercita la volontà democratica ed è perciò essenziale preservarne la genuinità e trasparenza.

Ad oggi (25 ottobre) contiamo circa 53.000 volontari in 43 città diverse, o per meglio dire in 168 distretti elettorali, ma ci aspettiamo un ulteriore aumento con l’avvicinarsi del giorno delle elezioni. Questa è la quarta tornata elettorale in cui siamo attivi e l’esperienza ci dice che sarà così anche questa volta.

Sono numeri importanti, che diffusione avete avuto sul territorio? Mi par di capire che vi siete concentrati sui centri urbani.

Dal punto di vista geografico siamo presenti in ogni regione della Turchia. Però è vero che, almeno per ora, possiamo raggiungere soltanto le città. Riceviamo richieste di adesione anche da centri minori e villaggi, a dimostrazione di quanto l’iniziativa sia condivisa, e ogni volta mi ritrovo a dover rispondere “Per le prossime elezioni…”. Il punto è che ci sono due problemi: il primo è reperire risorse, umane ed economiche, sufficienti ad espandere il nostro raggio di azione; il secondo è che dobbiamo cercare di costruire un rapporto di fiducia con i nostri volontari. Per entrambe queste cose serve tempo, ma ci stiamo lavorando!
Non potendo per ora essere in ogni singolo seggio elettorale, dobbiamo concentrare la nostra presenza legandola a due considerazioni: il numero della popolazione residente in un determinato distretto elettorale e la sensibilità alla variazione del risultato elettorale, ovvero quanto quel dato distretto è conteso e quindi quanto la più piccola variazione di preferenze può incidere sull’esito delle elezioni.

Fiducia ed organizzazione: come si può gestire un così ampio numero di persone e come potete accertarvi che, nelle vostre fila, non ci siano persone che non condividono le idee di trasparenza e neutralità alla base di Oy ve Ötesi?

La maggior parte dei nostri sforzi è rivolta alla formazione dei nostri volontari. Organizziamo seminari e corsi per preparare le persone a quello che sarà il loro lavoro sul campo il giorno delle elezioni. In questo modo sapranno quali sono le corrette procedure previste dalla legge, sapranno riconoscere eventuali incongruenze e sapranno come intervenire adeguatamente. In questi seminari insistiamo molto sul concetto di imparzialità: i nostri 50.000 volontari, anche solo per una questione statistica, avranno sicuramente i più disparati orientamenti politici; quello che chiediamo loro è di accantonare per un giorno le proprie convinzioni partitiche per mettersi al servizio della collettività.
Siamo un’associazione e l’intero lavoro è basato sul volontariato, non possiamo certo dotarci di una “polizia interna”. Ci siamo quindi organizzati in una struttura piramidale. Dal livello più alto scendendo fino alla base ci sono figure di coordinamento che sovrintendono e gestiscono un gruppo di persone con cui intrattengono rapporti personali e diretti. È su questo rapporto diretto che cerchiamo di costruire il clima di fiducia reciproca necessario perché tutti agiscano secondo gli stessi principi.

In quanto associazione di privati cittadini, Oy ve Ötesi non potrebbe esercitare un controllo legale sull’andamento elettorale. Per fare questo dovete ricevere l’aiuto di parlamentari dei vari partiti o indipendenti. Come sono i rapporti con i partiti politici?

Sì è esatto. Innanzitutto è necessario che i nostri volontari abbiano diritto di voto in Turchia. Dopodiché un candidato deve spalleggiare la presenza dei nostri osservatori, legalizzandola attraverso un documento che deve firmare.
Ad oggi Oy ve Ötesi ha il sostegno del Partito Repubblicano del Popolo (CHP), del Partito Democratico dei Popoli (HDP), del Partito Democratico (DP), del Partito Democratico Liberale (LDP) e del Partito Patriottico (VP). All’inizio non avevamo accordi con il Partito del Movimento Nazionalista (MHP), ma quest’anno siamo riusciti a stringere alcune collaborazioni locali grazie al sostegno di alcuni singoli parlamentari. Con il partito di governo Partito di Giustizia e Sviluppo (AKP) purtroppo non siamo ancora riusciti a trovare un terreno d’intesa, ma non smetteremo di provarci: elezioni libere e trasparenti dovrebbero essere nell’interesse di tutti.

Elezioni libere

e trasparenti

dovrebbero essere

nell’interesse di tutti

Selin Kori

In molti temono brogli in queste elezioni. Quali sono i punti critici di questo appuntamento elettorale?

Innanzitutto devo dire che questa idea dei brogli si è enormemente ingigantita rispetto alle sue dimensioni reali. Secondo la nostra esperienza ad esempio, nelle scorse elezioni si sono avute incongruenze tra il dato ufficiale e le nostre rilevazioni nell’ordine di poche migliaia di voti per ciascun partito: su milioni di votanti, non è qualcosa che possa invalidare le elezioni.
Per questo insisto nel dire che sì, bisogna garantire la regolarità delle elezioni, ma è necessario soprattutto contrastare la sfiducia e impedire che si trasformi in disaffezione. Portare gli elettori alle urne, renderli protagonisti della verifica elettorale serve esattamente a questo.

La polemica ruota spesso attorno al sistema di conteggio elettronico dei voti (Seçmis), che in molti credono sia facilmente manipolabile.

Il problema in questo caso non è se vi sia o meno manipolazione, ma nella non trasparenza del sistema, che non è passibile di ispezioni di dominio pubblico. Oy ve Ötesi ha sviluppato un suo sistema informatico, chiamato T3, su cui carichiamo i dati dei vari seggi in cui i nostri volontari operano. In questo modo riusciamo a confrontare il dato ufficiale rilasciato dal supremo consiglio elettorale turco (YSK) con quanto da noi rilevato. Nelle scorse occasioni non ci sono state discrepanze tali da far pensare ad una manipolazione del risultato elettorale a livello nazionale.

La vostra associazione non si occupa di questo, ma siete in contatto con migliaia di persone e quindi avrete avuto modi di tastare il polso dell’umore delle persone: come si vivono queste elezioni all’ombra di tragedie come quella di Ankara? C’è il timore che anche nei seggi possa accedere qualcosa?

Beh il timore c’è, ma la reazione individuale poi dipende da persona a persona. I nostri sono volontari e quindi motivati: per molti ciò che è accaduto ad Ankara ha significato una maggiore convinzione sulla necessità di impegnarsi in prima persona a favore della tutela di queste importanti elezioni.

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