Turchia-Azerbaijan: da #occupygezi a #occupy fountainsquare?

Che conseguenze hanno le proteste in Turchia sui paesi confinanti? Il vicino Azerbaijan certo non può dare lezioni di democrazia, eppure…

11/06/2013, Arzu Geybullayeva -

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Oramai siamo tutti a conoscenza di quello che sino ad ora è solo un tentativo di tagliare numerosi alberi nel cuore del quartiere di Taksim, a Istanbul, e di come tutto questo abbia provocato una risposta senza precedenti da parte dei cittadini di Istanbul.

In pochi giorni il centro si è trasformato in una sorta di set hollywoodiano dove si girava un film sull’anti-utopia.

La maggior parte delle strade che portano a Piazza Taksim e Gezi Park sono attualmente bloccate da barricate. Vie come ad esempio Istiklal portano i segni delle centinaia se non migliaia di manifestanti che sono passati di lì non molti giorni fa con slogan e graffiti che ornano ogni spazio di muro libero.

Il mondo – e l’Azerbaijan – guardano

Il mondo intero sta guardando agli eventi che scuotono la Turchia. Li si guarda anche dal suo vicino “fratello-sorella” Azerbaijan. Per la sua leadership è infatti una preziosa occasione per rispolverare il proprio attaccamento ai valori democratici mentre per chi s’oppone all’attuale governo in carica “#occupygezi” è una fonte d’ispirazione e forse una possibile lezione da apprendere.

In Azerbaijan sia gli organi di informazione statali che quelli privati hanno ampiamente seguito le proteste in Turchia.

Ciò che sta accadendo a Gezi Park attualmente non riguarda certamente più il taglio di alcuni alberi, afferma un giornalista del media on-line Musavat.com (dell’opposizione).

Secondo l’autore “quanto accaduto a Gezi Park era la goccia che ha fatto traboccare il vaso della rabbia nei confronti del governo di Erdoğan”. Per quest’ultimo la posizione del primo ministro Erdoğan sulla Siria (che va a braccetto con quella degli Stati uniti); la riforma costituzionale; i recenti divieti, tra i quali la vendita di alcolici; il titolare il terzo ponte della città al sultano Yavuz Suleyman (conosciuto per i massacri contro gli aleviti di Anatolia perpetuati nel 16mo secolo) sono solo alcune delle ragioni del malcontento.

Un calcio al calcio

Tra due mesi l’Azerbaijan avrebbe dovuto ospitare la super coppa turca (tra le due squadre turche Galatasaray e Fenerbahce). Ciononostante, pochi giorni fa, il responsabile della Federazione calcio dell’Azerbaijan Elkhan Mammadov ha dichiarato che Baku non sarebbe stata in grado di ospitare la partita a causa di limiti di tempo e una serie di altri impegni presi.

L’improvviso dietrofront secondo la Federazione turca sarebbe invece da attribuire al tentativo di evitare possibili “mal di testa” derivanti dalla partita: i tifosi turchi sono conosciuti per il loro tifo molto acceso e inoltre anche i recenti eventi potrebbero essere tra i fattori che hanno sconsigliato le autorità azere a non prendersi questa responsabilità.

Sostegno a Gezi Park

Vi è sicuramente da sottolineare l’ampio sostegno ai dimostranti in Turchia arrivato da parte degli attivisti più giovani in Azerbaijan. Hanno seguito gli eventi molto attentamente, hanno condiviso fotografie e commentato on-line quanto stava accadendo. Alcuni hanno anche dimostrato il proprio sostegno scendendo in piazza davanti all’ambasciata turca a Baku. Allo stesso tempo è sembrato fin dall’inizio chiaro a tutti che un movimento come quello turco è difficile si formi anche in Azerbaijan date la dure risposte delle autorità date in passato e l’assenza attuale di vita politica attiva nel paese.

Tra chi ha criticato la autorità turche vi è stato anche il presidente della sezione dell’Azerbaijan dell’International Society for Human Rights, Saadat Bananyarly. Recentemente quest’ultimo ha dichiarato che le violenze a cui ha assistito il mondo intero contro manifestanti pacifici in Turchia sono inaccettabile e in particolar modo l’uso eccessivo di gas lacrimogeni e cannoni ad acqua.

Nel frattempo l’ambasciata dell’Azerbaijan in Turchia ha avvertito i propri cittadini residenti in Turchia di evitare di partecipare alle proteste o venir coinvolti in alcun modo. Nel suo comunicato l’ambasciata ha inoltre chiesto ai propri cittadini di riferire di ogni “situazione negativa”.

Il punto di vista governativo

Le reazioni tra i rappresentanti governative, per dirla con una metafora, ci fanno capire che “i gemelli sono spesso uguali”. La Turchia e l’Azerbaijan infatti per molti versi s’assomigliano. Non molto tempo fa, la Turchia di Erdoğan ha sostenuto a cuore aperto le rivolte in Tunisia, ma quando è arrivato il tempo di affrontare le proteste in casa, sono arrivati i lacrimogeni e i cannoni ad acqua.

In modo non dissimile in Azerbaijan si è preoccupati sull’uso eccessivo della forza in Turchia e sulla repressione dei manifestanti…

Un parlamentare dell’Azerbaijan (pro-governativo), Aydin Mirzazade, ha espresso la sua grande sorpresa in merito alle reazioni del governo di Ankara ed si è detto dispiaciuto dell’incapacità della leadership turca nel trovare canali di comunicazione non-violenti.

Un altro membro del parlamento, Cingiz Ganizade , ha fatto riferimento a supposti doppi standard, notando: “Aspettiamo un comunicato stampa su queste questioni. Quando qualcosa di insignificante accade in Azerbaijan, loro specificano rapidamente la loro posizione con un comunicato stampa…”. Questo, secondo Ganizade “… mostra come il loro atteggiamento rispetto ad altri paesi persegua obiettivi politici, piuttosto che essere fondato sulla protezione dei valori democratici”.

Tornando a Gezi Park, Ankara, Izmir, Hatay, Antalya e nel resto delle altre 60 città dove sono andate in scena le proteste e la violenza, per i manifestanti è importante sapere che vi è ampio sostegno internazionale e consapevolezza su quanto sta avvenendo in Turchia. Ma cosa accade se in alcuni paesi, come l’Azerbaijan, quanto avviene in Turchia viene strumentalizzato per lodare le proprie posizioni democratiche? Potrebbe questo danneggiare le relazioni già in continua fluttuazione tra i due paesi? O passerà inosservato?

Per lo meno l’Azerbaijan non è stato inserito nella “lista nera” dei provocatori gelosi dell’influenza crescente della Turchia nella regione. Sicuramente inoltre non vi sarà a breve un #occupyfountainsqure in Azerbaijan. Anche se, a dire il vero, nessuno aveva predetto neppure un #occupygezi.

 

Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell’Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l’Europa all’Europa

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