Trump ospita il vertice Aliyev-Pashinyan
Baku e Yerevan hanno fatto ulteriori passi verso la pace durante un incontro, definito storico, ospitato e facilitato da Donald Trump. I leader di Armenia e Azerbaijan annunciano di volerlo candidare al Premio Nobel per la Pace

Trump-ospita-il-vertice-Aliyev-Pashinyan
Donald Trump © Brian Jason/Shutterstock
Lo scorso 8 agosto Armenia e Azerbaijan hanno fatto un ulteriore passo verso la normalizzazione delle relazioni bilaterali in un ambiente assai insolito – la Casa Bianca. Anche in passato c’erano stati incontri tra le due parti a Washington, mai però di così alto livello.
Durante il loro primo incontro trilaterale, il premier armeno Nikol Pashinyan, il presidente azerbaijano Ilham Aliyev e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump hanno firmato una dichiarazione congiunta in sette punti che delinea il loro impegno per finalizzare il tanto atteso trattato di pace.
Nel corso dei colloqui a Washington, il ministro degli Esteri armeno Ararat Mirzoyan e il suo omologo azerbaijano Jeyhun Bayramov hanno sottoscritto l’Accordo sulla pace e l’instaurazione di relazioni interstatali, che comprende diciassette punti.
Un gesto che, pur ribadendo quanto scritto nella bozza dell’accordo, finalizzata a marzo, non è sufficiente. Restano infatti da soddisfare due condizioni prima di concludere definitivamente e ratificare il trattato: sciogliere il Gruppo di Minsk dell’OSCE, ormai inattivo, che prima della guerra del 2020 aveva funto da mediatore tra le parti, e rimuovere un controverso preambolo dalla Costituzione armena.
È improbabile che questo accada prima della metà del prossimo anno. Ad ogni modo, durante l’incontro con Trump le parti hanno avanzato una richiesta congiunta di sciogliere il Gruppo di Minsk.
Un altro risvolto significativo del vertice di Washington è la pubblicazione, lo scorso 11 agosto, dei dettagli della bozza del trattato di pace. Le parti sembrano aver compiuto progressi sufficienti per far credere a molti che una pace duratura e sostenibile sia a portata di mano.
Questo implica il riconoscimento reciproco dei territori e dei confini, il continuo impegno per delimitare e demarcare i confini, l’obbligo reciproco di rinunciare alle rivendicazioni territoriali e di astenersi dall’uso della forza e dall’ingerenza negli affari interni della controparte, l’instaurazione di relazioni diplomatiche, gli sforzi per evitare la presenza di truppe di paesi terzi sul confine condiviso e per affrontare la questione delle persone scomparse a causa del conflitto che si è protratto per oltre trent’anni. Una commissione bilaterale monitorerà il rispetto dell’accordo.
Uno dei punti più sorprendenti della dichiarazione congiunta è l’annuncio della Trump Route for International Peace and Prosperity (TRIPP), un collegamento di transito tra l’Azerbaijan e la sua exclave di Nakhchivan attraverso l’Armenia. Già noto come “corridoio di Zangezur” – anche se l’Armenia si è sempre opposta a questo nome – il percorso dovrebbe essere realizzato concedendo alle aziende americane diritti di sviluppo esclusivi per un massimo di novantanove anni.
Le trattative sarebbero già in corso, anche se non è ancora chiaro come l’idea possa essere messa in pratica. Non si sa nemmeno quando l’annunciato percorso di 44 chilometri possa essere inaugurato.
Inizialmente la Russia si era opposta ad un maggiore coinvolgimento degli Stati Uniti, esortando l’Armenia e l’Azerbaijan a rimanere legati ad un gruppo di lavoro trilaterale per raggiungere un accordo sullo sblocco dei trasporti regionali che includesse Mosca. A Yerevan, l’opposizione accusa Pashinyan di voler cedere sovranità, accuse respinte dal governo.
Sia Aliyev che Pashinyan hanno sottolineato la necessità di fare ulteriori passi prima di siglare un accordo di pace. Il presidente azerbaijano resta però fiducioso che Yerevan possa modificare la propria Costituzione per permettere la ratifica dell’accordo entro la metà del 2026.
La dichiarazione congiunta firmata a Washington spiana la strada anche ad una nuova Carta di partenariato strategico tra Stati Uniti e Azerbaijan e all’abrogazione della Sezione 907 del Freedom Support Act statunitense del 1992. Questa disposizione vieta gli aiuti finanziari diretti a Baku, anche se dal 2001 di solito non viene applicata.
L’incontro di Washington ha suscitato entusiasmo della comunità internazionale, compresi la NATO, l’UE, il Regno Unito e persino l’Iran, anche se Teheran ha messo in guardia sui “cambiamenti geopolitici” al confine con l’Armenia.
La Russia e l’Iran sono entrambi visti come potenziali oppositori all’accordo, e il presidente iraniano Masoud Pezeshkian è atteso in Armenia a breve. Ora Yerevan sta cercando di dissipare le preoccupazioni dei funzionari più intransigenti di Teheran, che hanno reagito al vertice di Washington con toni più aggressivi.
L’opposizione armena cerca di sfruttare il processo di normalizzazione delle relazioni con Baku per screditare Pashinyan in vista delle elezioni del prossimo anno. Non stupisce quindi la reazione delle forze di opposizione, secondo cui il governo avrebbe oltrepassato la sua stessa linea rossa, concedendo all’Azerbaijan un passaggio agevole senza chiedere un percorso reciproco per l’Armenia quando un giorno i suoi cittadini vorranno attraversare il Nakhchivan.
Il primo presidente dell’Armenia, Levon Ter-Petrosyan, il cui partito Congresso Nazionale Armeno (ANC) si oppone a Pashinyan, è stato più cauto nella sua valutazione. Interpellato dai giornalisti, Petrosyan ha affermato che non sarà possibile trarre conclusioni definitive dall’incontro di Washington finché i punti concordati non saranno attuati. Questi dettagli sono fondamentali, considerando il clima, già teso, che vige nel paese in vista delle elezioni.
Ad ogni modo, sia Aliyev che Pashinyan sembrano soddisfatti dei risultati dell’incontro, annunciando di voler candidare Trump al Premio Nobel per la Pace, cosa che il presidente statunitense desidera ardentemente.
Yerevan e Baku non sono mai state così vicine ad un accordo di pace come lo sono oggi. L’Iran e la Russia dovranno trovare un compromesso per evitare di compromettere qualsiasi accordo. Al momento, le prospettive sembrano promettenti. Mancano però solo dieci mesi alle elezioni parlamentari in Armenia, quando tutto potrebbe cambiare.
Un sondaggio condotto a giugno dall’International Republican Institute (IRI) ha rilevato che il 47% degli armeni è favorevole ad un accordo con l’Azerbaijan, mentre il 10% ha affermato di non poter rispondere alla domanda prima di leggere le disposizioni del trattato.
Al momento della stesura di questo articolo non sono stati effettuati nuovi sondaggi per permettere un confronto dei dati dopo la pubblicazione dell’accordo, reso disponibile contemporaneamente dai ministeri degli Esteri di Armenia e Azerbaijan la scorsa settimana.












