Trekking: tra i pastori di Dober Dol

Cento chilometri a piedi, tra le selvagge montagne che separano e uniscono Kosovo, Montenegro e Albania. Il racconto di un trekking, "alla portata di tutti con un minimo di esperienza" e che rimane nel cuore. Un’intervista a Tarcisio Deflorian della SAT di Trento

09/08/2012, Kaela Venuto -

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Il trekking nelle Alpi albanesi - foto di Tarcisio Deflorian

A fine giugno un gruppo della SAT (Società Alpinisti Tridentini), l’equivalente trentino del Club Alpino Italiano, ha realizzato un trekking transfrontaliero sulle Alpi Albanesi. Il cammino, lungo sette giorni, parte dalla Val Rugova, in Kosovo, passa dal Monte Jelenk (2146 mslm), in Montenegro e dalla vallata di Thethi in Albania per poi tornare in Kosovo attraverso valichi e cime, tra cui il Monte Trekfunj (2365 mslm).

Per il viaggio i nove escursionisti italiani si sono appoggiati all’Ong kosovara Rugova Experience, la quale, in collaborazione con l’Associazione Trentino con i Balcani, da alcuni anni si occupa di turismo sostenibile nell’area montana di confine tra i tre Paesi.

Abbiamo intervistato Tarcisio Deflorian, Presidente della commissione per i sentieri della SAT, al suo rientro dal viaggio.

Eri mai stato nei Balcani e com’è nata l’idea del viaggio nelle Alpi albanesi?

A parte le vacanze sulla costa croata, nel 2007, con un amico, ho fatto un viaggio da Dubrovnik, passando per l’entroterra del Montenegro, per la Serbia – Novi Pazar e Kraljevo – e per Sarajevo e Mostar in Bosnia Erzegovina.

Ma già nel 2005, come SAT, avevamo collaborato con il Tavolo Trentino con il Kosovo e il Progetto Prijedor, organizzando un corso di formazione per accompagnatori di montagna serbi, kosovari e bosniaci qui a Trento.

Dal 2010 la SAT ha iniziato a mandare consulenti in Kosovo per collaborare alla costituzione del green path, una rete di sentieri tra quattro villaggi della Val Rugova, realizzata nell’ambito del programma SeeNet.

Così siamo entrati in contatto con Rugova Experience, un’Ong kosovara che ha recentemente sviluppato questo percorso di trekking transfrontaliero sulle Alpi albanesi.

Cosa pensavi di trovare?

Mi ero documentato, come faccio sempre prima di andare in montagna, ma non mi aspettavo una natura di così alta qualità. Inoltre, paragonando la latitudine del nostro viaggio a quella in Italia, avevo immaginato l’alta Albania molto brulla, invece ci siamo trovati immersi in ambienti verdissimi.

E quando sei arrivato, oltre alle spettacolarità ambientali, cos’altro ti ha colpito?

La prima sera abbiamo dormito in una guest house a Drelaj, in Val Rugova in Kosovo, dove la famiglia che ci ospitava si è vestita in costume tradizionale: dai bambini ai nonni. Mi ha colpito il loro orgoglio per la propria cultura, tradizione e allo stesso tempo la semplicità disarmante con cui ci hanno ospitati.

Che ambienti si attraversano durante il trekking?

Passando da una valle all’altra si incontrano ambienti diversi tra loro: il paesaggio fra Montenegro e Albania ricorda molto le Dolomiti, le Alpi Giulie, certe zone del Cadore. Le valli sono molto lunghe con distese di ghiaia e belle cime bianche sullo sfondo. Le zone tra Albania e Kosovo invece assomigliano al Lagorai, alle Maddalene. I paragoni servono solo a facilitare un po’ l’immaginazione. Ma in fin dei conti questi luoghi hanno un’originalità tutta loro.

Avete avuto problemi a passare i confini?

Era un’altra cosa che non mi aspettavo. Dei confini nessuna traccia, se non una casermetta cadente tra il Montenegro e l’Albania e un vecchio cippo in calcestruzzo tra l’Albania e il Montenegro.

Sembra quindi tutto molto libero, ma non è così. Prima di partire occorre infatti richiedere un permesso di passaggio alle autorità dei vari Paesi che si attraversano. Le trafile burocratiche sono complesse e per questo ci si può appoggiare ad associazioni come la Rugova Experience. Il nostro trekking è stato una ‘prova’ per testare il funzionamento del permesso unificato tra i tre Paesi. Un test che è funzionato perfettamente.

I pernottamenti durante il percorso come sono?

Nella maggior parte delle tappe si dorme nelle guest house, una forma di albergo diffuso basata sull’ospitalità in famiglia. Questo tipo di accoglienza fa entrare davvero in contatto con le persone del luogo. E poi un rifugio, un villaggio turistico ed una notte in tenda.

Vi sono zone che hanno iniziato a sviluppare l’accoglienza turistica?

Credo che la valle di Thethi, alta Albania, vicino al confine con il Montenegro, abbia un potenziale turistico enorme. Ha un pregio ambientale notevole e vi è una parete, quella del Monte Arapit, di 800 metri. La più alta, ci è stato detto, dei Balcani. Sicuramente molto rilevante dal punto di vista alpinistico.

Vi sono già una ventina di guest house, anche se per arrivare in questa valle occorre percorrere una strada sterrata molto impegnativa di una trentina di chilometri. Da noi qualsiasi maso più sperduto è servito da una strada migliore.

Sino a 20 anni fa in valle vivevano 230 famiglie. Ora, in inverno, ne rimangono solo tre. Del resto negli anni ’90 hanno smantellato l’unica scuola e l’unico ambulatorio esistenti. E in molti hanno deciso di andarsene. Anche il proprietario della guest house dove abbiamo dormito è stato per un periodo a lavorare in Italia. Poi è tornato a casa, convinto delle potenzialità della zona.

Come si prospetta questo sviluppo turistico?

A Valbona, in un’altra valle dell’Albania, abbiamo dormito in una guest house in muratura, tutta nuova. Vedendo il cemento di costruzione recente mi è venuto da pensare che si debba stare attenti a non commettere errori simili ai nostri, in Italia. Se tramite progetti di cooperazione si riuscisse a diffondere sensibilità sugli sbagli che abbiamo commesso nelle Alpi in particolare, cementificazioni, destinazioni urbanistiche sbagliate, simili problemi potrebbero essere evitati

I parchi, le strutture sovra-territoriali con una visione un po’ più lungimirante, cioè focalizzati sulla salvaguardia ambientale con relativi riferimenti normativi, sono un aggancio utilissimo per fare le scelte giuste, dato che esistono ancora delle zone abbandonate stupende.

Tornando per esempio alla strada sterrata di Thethi, so che ora c’è un progetto per asfaltarla. Questo sarebbe necessario. Ma è altrettanto necessario che si gestisca bene il passaggio, con benefici diffusi, altrimenti una zona bella come questa verrà depredata.

Tornando al trekking, la sentieristica come è messa?

La sentieristica è molto migliore rispetto a quello che ci aspettavamo. I sentieri non sono moltissimi, ci sono zone più o meno frequentate, ma si nota il passaggio di escursionisti. I sentieri sono comunque quasi tutti segnati. Per esempio tra Montenegro e Albania si vede che probabilmente dei tedeschi o degli svizzeri, hanno aiutato le persone del luogo a progettare almeno l’ossatura della rete.

Quali sono le competenze richieste per fare quest’escursione? Una persona con un minimo di esperienza di montagna potrebbe farcela da sola e che suggerimenti gli daresti?

Nonostante il trekking, non presenti particolari difficoltà tecniche e alpinistiche, ai partecipanti è richiesto un minimo di esperienza e un discreto allenamento fisico per il peso dello zaino (mediamente 10-12 kg) e soprattutto  per la lunghezza  e il dislivello delle tappe.

Il trekking è certamente alla portata anche di piccoli gruppi autonomi di provata esperienza, purché muniti di carte topografiche attendibili, ora disponibili divise per paese, ma consiglio vivamente l’appoggio di un’agenzia del posto (il nostro riferimento è stata la Rugova Experience di Peć/Pejë in Kosovo) per i permessi di transito transfrontaliero e per l’accompagnamento da  parte di una guida locale che, oltre a conoscere il percorso, agevoli i contatti con la popolazione locale.

Suggerirei di partire in gruppi non superiori alle 12-15 persone, viste le limitate capacità ricettive delle guest-house.

Un incontro che ti è rimasto particolarmente impresso?

Il penultimo giorno del trekking, a Dober Dol, a 1800 metri di altezza, in alta Albania. E’ un luogo magico, fatto di immense praterie e dove si incontrano i confini di tre Paesi. Lassù vivono 12 famiglie, un’ottantina di persone, pastori. Lassù ci si muove solo a cavallo. Penso che ciascuno di noi serberà nel cuore l’incontro con loro per molto tempo.

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