Transnistria, vento di cambiamento?

Yevgeny Shevchuk è il nuovo leader della Transnistria. A presentarsi alle urne in questo territorio la cui indipendenza non è riconosciuta internazionalmente sono stati oltre 200.000 cittadini, che dopo vent’anni di autoritarismo hanno bocciato Igor Smirnov, scaricato dalla Russia a causa di brogli finanziari

23/01/2012, Natalia Ghilaşcu - Chişinău

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Tiraspol, sede del governo

Dalle urne della Transnistria è arrivata una sorpresa per il Cremlino. Nel ballottaggio del 25 dicembre 2011, la Russia ha continuato a sostenere Anatolij Kaminski, che ha però ottenuto solo il 19,7% dei voti. Ha prevalso invece Evgenij Shevchuk, ex presidente del parlamento della Transnistria, visto da molti come il rappresentante di una nuova generazione che vuole meno corruzione e maggiore stabilità economica, apertura e libertà. In ogni caso, almeno formalmente, Mosca ha accolto con favore il cambio alla presidenza. Negli ultimi tempi Smirnov, arrivato terzo al primo turno di votazioni, era sempre di più percepito come un ostacolo alla risoluzione del conflitto.

Grandi speranze per l’alternanza

Alla cerimonia di investitura a Tiraspol, Shevchuk ha espresso la volontà di convincere gli organismi internazionali a riconoscere l’indipendenza della Transnistria e intensificare la cooperazione con la Federazione russa. Il nuovo presidente ha dato inizio al proprio mandato rimuovendo dagli incarichi tutti i leader del governo precedente, compreso il figlio di Smirnov, che in quanto capo dei servizi doganali deteneva una forte influenza sull’economia della regione. Shevchuk ha inoltre dichiarato di essere intenzionato a sostenere rapporti di buon vicinato con Moldavia e Ucraina e ad aumentare la libertà di movimento sul confine con Chişinău. Alle parole hanno presto fatto seguito decisioni concrete: il 17 gennaio Tiraspol ha infatti ufficialmente posto fino alla tassazione punitiva del 100% su tutti i beni importati da Chişinău imposta nel 2006 in un periodo di tensione sulla gestione dei confini con l’Ucraina.

Secondo Kalman Mizsei, ex rappresentante speciale dell’UE in Moldavia, la vittoria di Shevchuk rappresenta un grande passo verso la democrazia sulla riva sinistra del Dnestr e l’Unione dovrebbe prenderne nota. “I cittadini della regione si sono espressi democraticamente, eleggendo un nuovo leader che l’UE dovrebbe accogliere con favore”, ha dichiarato Mizsei, nonostante le elezioni rimangano ufficialmente non riconosciute.

A due settimane dalle elezioni, una delegazione UE con a capo Miroslav Lajčák ha incontrato il nuovo leader a Tiraspol. Oggetto di discussione le questioni interne e politiche della Transnistria, con l’obiettivo di raggiungere una più efficace comunicazione fra Tiraspol e Chişinău. Poco dopo, il primo ministro Vlad Filat e il capo delegazione UE a Chişinău Dirk Schuebel hanno firmato un accordo di finanziamento per 13 milioni di euro in 5 anni, con l’obiettivo di costruire rapporti di fiducia fra i cittadini delle due rive del Dnestr.

Chişinău rimane attivamente in silenzio

Pur senza aver ancora discusso azioni concrete con Shevchuk, da Chişinău arrivano dichiarazioni che ispirano ottimismo sulla possibile risoluzione del conflitto. Eugen Carpov, vice primo ministro per la Reintegrazione, ha reagito positivamente alla promessa di aprire i confini e assicurare libertà di movimento ai cittadini: “Meno ostacoli ci saranno fra di noi, più alta sarà la fiducia”. Carpov si è poi dichiarato moderatamente ottimista sul cambio della guardia a Tiraspol suggerendo che lasciarsi alle spalle l’era Smirnov non può che portare progressi nei negoziati. 

Gli analisti politici rimangono invece scettici su possibili rapidi cambiamenti nelle relazioni fra Chişinău e Tiraspol. Secondo Oazu Nantoi, la priorità del nuovo governo sarà la stabilità economica piuttosto che la comunicazione con Chişinău: “Non possiamo aspettarci miracoli dai negoziati. Tiraspol avrà una strategia controllata e ben definita”. Secondo altri esperti, ad ostacolare la risoluzione del conflitto rimane la dipendenza di Tiraspol dalla Russia da una parte, e di Chişinău dall’UE dall’altra.

Incidenti al confine

Il primo gennaio 2012, un diciottenne moldavo è stato ucciso per fatalità dallo sparo di un peacekeeper russo sul confine de facto. L’incidente ha sollevato tensioni e paure nell’area: in 200 hanno manifestato sul confine con la Transnistria per chiedere il ritiro delle truppe russe e la rimozione dei posti di blocco. L’attuale missione di peacekeeping, creata nel 1992 al termine del conflitto fra Chişinău e Tiraspol, si compone di 1.200 soldati da Russia, Moldavia e Transnistria e diversi osservatori ucraini.

Valeri Kuzmin, ambasciatore russo in Moldavia, ha dichiarato che il ragazzo era ubriaco e si trovava alla guida di un’auto rubata. L’affermazione, non provata e poi contestata dalla polizia moldava, ha sollevato le reazioni dei cittadini moldavi. La diaspora moldava in Francia ha protestato contro la presenza di truppe russe in territorio moldavo. Un’altra manifestazione è stata organizzata di fronte all’ambasciata russa a Bucarest, dove i manifestanti hanno sventolato la bandiera romena e gridato “Russian army – go home!”

Le preoccupazioni della comunità internazionale

L’incidente ha dimostrato la necessità di trasformare la missione di peacekeeping in una civile, come ripetutamente richiesto da Chişinău. Dall’altra parte, Mosca pone come condizione che prima si identifichi una via per la risoluzione del conflitto. Vlad Filat ha richiesto ripetutamente il cambiamento dello status della missione e il vice primo ministro ha dichiarato alla stampa che se ne discuterà con tutti i rappresentanti nel formato negoziale 5+2 (con Ucraina, Federazione russa e OCSE a mediare fra le due controparti e UE e USA nel ruolo di osservatori).

Germania e USA hanno espresso preoccupazione. Il governo statunitense ha invitato le autorità moldave e russe ad evitare un aumento della tensione e richiesto indagini congiunte sul caso. “Questo incidente evidenzia la necessità di de-militarizzare l’area di sicurezza per evitare casi simili in futuro. Ci uniamo all’Europa nel confermare la disponibilità a partecipare attivamente alle discussioni”, ha dichiarato l’ambasciatore USA in Moldavia.

Molte voci della politica ucraina esortano la missione russa a lasciare la regione. Il deputato Andrei Parubii trova analogie con le tensioni in Georgia: “Questo è un ottimo esempio di come la Georgia è finita in un conflitto militare. Finché l’esercito russo rimane in Transnistria, questi incidenti si ripeteranno. È nell’interesse dell’Ucraina che vi sia pace ai propri confini”.

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