Transizione verde? Gli investimenti dell’Ue per i Balcani occidentali

Gli investimenti dell’Unione europea mirano a sostenere la transizione verde nei paesi dei Balcani occidentali, ma rimangono diverse criticità rispetto al tipo di progetti sostenuti e alla loro effettiva realizzazione

16/08/2023, Marilen Martin -

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Foto: © Andrej Antic/Shutterstock

Ora che l’allargamento dell’Unione europea ai Balcani occidentali è finalmente tornato in agenda, adeguare la legislazione nazionale a quella comunitaria è diventato una necessità urgente per i paesi candidati della regione. Questo include allinearsi con la legge dell’UE sul clima, che impegna gli stati membri a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

Ridurre significativamente le emissioni nocive rimane una sfida formidabile per i Balcani occidentali. L’approvazione dell’Agenda Verde per i Balcani occidentali nel 2020 ha però sollevato alcune speranze; si tratta di un piano sostenuto dall’Ue, che riflette l’ambizioso Green Deal promosso dalla stessa Unione europea.

Inserito all’interno di questa visione c’è il Piano economico e di investimento (Economic and Investment Plan, EIP), un insieme di misure strategiche che prevedono fino a 9 miliardi di euro di investimenti dell’Ue nella regione tra il 2021 e il 2027. Questi fondi dovrebbero svolgere un ruolo cruciale nell’agevolare la transizione ecologica della regione e nel favorire una sua maggiore integrazione con gli attuali stati membri dell’Ue.

I primi passi sono stati compiuti

Dopo l’adozione del’EIP nell’ottobre 2020, l’Ue ha finora approvato 1,8 miliardi di euro di investimenti nei Balcani occidentali, ovvero un quinto dei fondi promessi complessivamente; si prevede che questi investimenti mobiliteranno a loro volta 5,6 miliardi di euro. "I Balcani occidentali dovrebbero raggiungere la neutralità climatica in contemporanea al resto dell’Ue, ma purtroppo il punto di partenza è molto diverso", afferma Selma Ahatović-Lihić, responsabile della comunicazione del Consiglio per la cooperazione regionale.

Gli investimenti dell’Ue si concentrano su 40 progetti selezionati, per la maggior parte mirati a promuovere trasporti sostenibili ed energia pulita. I progetti spaziano dalla costruzione di nuove strade a progetti solari e al ripristino di una centrale idroelettrica. Benché siano distribuiti in modo piuttosto equilibrato in tutta la regione, si possono notare alcune differenze: ad esempio, gli investimenti previsti in Bosnia Erzegovina riguardano solo progetti per la mobilità sostenibile.

map of the flagship projects

Progetti sovvenzionati dall’EIP nel biennio 2020-2022. Fonte: WBIF .

La distribuzione dei finanziamenti indica che l’attenzione si concentra soprattutto sui trasporti. La quota maggiore dell’EIP è destinata a progetti legati alla mobilità; la quota investita nel miglioramento del sistema stradale è simile a quella destinata al trasporto ferroviario. La disparità tra i diversi investimenti è notevole: per esempio, i finanziamenti destinati alle strade sono più che doppi rispetto a quelli destinati a progetti per l’energia pulita.

Strade invece di ferrovie

Sebbene il Piano Economico e di Investimento includa vari progetti volti a sostenere la mobilità sostenibile, le energie rinnovabili, la digitalizzazione e la crescita del settore privato, non è scontato che tutti questi investimenti vadano davvero a sostenere gli obiettivi di fondo dell’Agenda Verde.

Per esempio, l’accento posto sulla costruzione di strade è problematico e non sembra troppo in linea con l’obiettivo di promuovere forme sostenibili di mobilità. Samir Lemeš, attivista dell’ong bosniaca Eko Forum, critica il fatto che "vengono investiti miliardi di euro nelle autostrade, mentre gli investimenti nelle ferrovie sono quasi nulli". Le ferrovie e le vie navigabili sarebbero forme di trasporto più sostenibili, mentre un aumento del traffico stradale aumenterà le emissioni nocive. Anche se le nuove strade potrebbero migliorare le connessioni all’interno della regione, lo stesso obiettivo avrebbe potuto essere perseguito attraverso le ferrovie, che emettono meno gas serra. Costruire nuove strade comunque non risolve il principale ostacolo alla connettività nei Balcani occidentali: i controlli alle frontiere e i loro tempi lunghi, come evidenzia uno studio del Parlamento europeo .

Abbandonare il carbone, ma come?

Una porzione considerevole degli investimenti dell’Ue punta anche ad aumentare l’efficienza energetica nei Balcani occidentali. Si tratta di una buona occasione per ridurre le emissioni nocive e l’inquinamento atmosferico, dato che gli edifici contribuiscono in modo significativo a generarli, in particolare in caso di sistemi di riscaldamento poco efficienti.

Per ridurre in modo significativo le emissioni, per il riscaldamento dovrebbero essere usate delle alternative rinnovabili al carbone e al legno. Sebbene alcuni progetti dell’EIP si concentrino effettivamente sulla promozione delle energie rinnovabili, un rapporto dell’OCSE evidenzia il potenziale ancora non sfruttato dell’energia solare ed eolica nei Balcani occidentali. Il piano di investimenti previsti dall’Ue non incoraggia un pieno sfruttamento di queste risorse, optando invece per controversi progetti idroelettrici che hanno impatti ambientali negativi. Stanislav Vučković, attivista dell’ong serba Eko Straža, riconosce che "l’energia idroelettrica è una delle soluzioni per la transizione energetica", ma allo stesso tempo avverte che "bisogna fare attenzione a ridurre al minimo i danni agli ecosistemi e all’ambiente". 

È costoso e complesso riuscire a fare abbandonare il carbone a interi sistemi economici. I costi elevati – incluso l’impatto socio-economico della transizione – suggeriscono che i governi possano esitare a procedere davvero in tale direzione. Selma Ahatović-Lihić è preoccupata perché "il cambiamento climatico sta diventando sempre più costoso e appesantisce ulteriormente le economie già deboli dei Balcani occidentali, dove la povertà energetica è un problema significativo". Gli investimenti dell’Ue in questa regione diventano cruciali per incoraggiare e sostenere la transizione energetica – ma i finanziamenti stanziati finora sono assai limitati.

Più in generale, l’allocazione dei fondi attualmente prevista non affronta in modo organico il problema del cambiamento climatico e dei danni ambientali. Per esempio, alcuni progetti si concentrano sulla gestione dei rifiuti e delle acque reflue ma trascurano altre importanti questioni ambientali. Settori come quello dell’agricoltura sostenibile – nonostante il suo impatto significativo sulle esportazioni e sull’occupazione nella regione – rimangono attualmente esclusi dal piano di investimento dell’Ue.

La necessità di una buona governance 

I progetti dell’EIP sono ancora nella loro fase iniziale, e dunque non è possibile valutarne in modo preciso l’impatto. Appare però già evidente che il loro successo dipenderà dal contesto politico e dal rafforzamento della capacità di agire delle autorità. La debolezza delle istituzioni e i privilegi conferiti alle imprese statali pongono sfide notevoli per l’efficacia degli investimenti in questo ambito. Inoltre, le carenze nel sistema di istruzione e lo spopolamento devono essere affrontati se si vuole far emergere una forza lavoro qualificata e in grado di guidare lo sviluppo economico. "Ci mancano non solo i fondi, ma anche l’infrastruttura necessaria per garantire l’attuazione dei progetti", afferma Stanislav Vučković. "Abbiamo bisogno di opportunità per acquisire esperienza diretta e scambiarci conoscenze con i paesi dell’Ue". Secondo l’attivista, "il principale ostacolo a una vera transizione verde della Serbia è il regime politico serbo sostenuto dall’Ue".

I comuni dei Balcani occidentali hanno bisogno di sviluppare le competenze necessarie. Essere in grado di svolgere analisi d’impatto ambientale esaustive è cruciale per garantire che i progetti contribuiscano davvero alla transizione verde. Ma la loro efficacia dipende in ultima analisi dalla fase di attuazione: buone pratiche di governance sono indispensabili a questo scopo.

Le ong consultate sollevano anche preoccupazioni per la mancanza di dialogo con la società civile durante la fase di pianificazione dei progetti dell’EIP, evidenziando la necessità di maggiore coinvolgimento e trasparenza. Secondo Samir Lemeš "il processo non è trasparente, non ci sono abbastanza informazioni disponibili pubblicamente, e la maggior parte dei fondi finisce a consulenti dell’Ue".

Mettere i numeri in prospettiva

L’ammontare complessivo dei finanziamenti dell’Ue diretti ai Balcani occidentali attraverso l’EIP è relativamente modesto se confrontato con i fondi dell’Ue che fluiscono negli stati membri confinanti coi Balcani occidentali, come Romania, Bulgaria, Croazia, Ungheria e Grecia. È naturale che i paesi dell’Ue beneficino di molti più programmi e opportunità di finanziamento – è anche per questo che i paesi candidati sono tanto interessati a poter finalmente accedere all’Ue. Secondo Selma Ahatović-Lihić, "il divario tra i Balcani occidentali e l’Ue rimane ancora enorme".

Il sostegno finanziario fornito dall’Ue attraverso l’EIP rientra nel programma di pre-adesione IPA III, che è specificamente destinato ad aiutare i paesi nel loro percorso verso l’adesione all’Ue. Di conseguenza questi investimenti sono soggetti a condizionalità – vale a dire che l’importo dei finanziamenti ricevuti dipende dalle prestazioni di ciascun paese.

Tuttavia affinché l’impegno dell’Ue verso i Balcani occidentali rimanga credibile, è necessario che la prospettiva sia chiara. "La data dell’adesione della Serbia all’Ue è stata posticipata a tempo indefinito, di certo per decenni", sostiene Vučković. "Di conseguenza, qualsiasi sostegno finanziario da parte delle istituzioni dell’Ue viene guardato – per usare un eufemismo – con una certa cautela".

I fondi previsti

Mentre 8 dei 9 miliardi di euro previsti dall’Agenda Verde sono concessi a fondo perduto, 1 miliardo è costituito da garanzie concesse attraverso il Fondo di garanzia per i Balcani occidentali. Una garanzia significa che l’Ue non presta direttamente denaro, ma garantisce che il debito verrà rimborsato (almeno in parte) nel caso in cui il paese destinatario dovesse andare in default. Attraverso i suoi investimenti e finanziamenti, l’Ue prevede di mobilitare complessivamente 20 miliardi di euro nella regione nel corso del prossimo decennio.

 

Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto "Work4Future" cofinanziato dall’Unione europea (UE). L’Ue non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto. La responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa. Vai ai materiali "Work4Future"

 

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