Tito sopravvive in Montenegro

Recentemente una statua di Tito è stata tirata fuori dai magazzini dove era rimasta per 30 anni ed è ritornata in centro a Podgorica, capitale del Montenegro. In molti si sono chiesti perché

27/02/2019, Marjana Camović -

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Tito su di una banconota jugoslava (© Nejc Pintar/Shutterstock)

(Pubblicato originariamente su Kosovo 2.0 il 19 gennaio 2019)

Il presidente a vita della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia è tornato a Podgorica, ma nessuno ne sa il motivo. Il dibattito attorno al collocamento di un monumento dedicato a Josip Broz Tito nella capitale montenegrina è durato fino a che la statua non è stata finalmente posizionata.

La decisione di erigerla è stata presa dal consiglio comunale di Podgorica alla fine dell’ottobre del 2018. Nelle settimane seguenti, fino alla cerimonia d’inaugurazione avvenuta il 19 dicembre scorso, Tito è stato un tema centrale nel dibattito pubblico, con giudizi che variavano significativamente. Mentre alcuni gli davano merito praticamente di tutto ciò che vi sarebbe di "buono" in Montenegro – fino a dire che Tito è stato colui che ha posto le basi per l’indipendenza del Montenegro – altri affermavano che fu lui il responsabile del fratricidio jugoslavo.

L’iniziativa del "ritorno" di Tito a Podgorica è del sindaco Ivan Vuković, che ha affermato che non si tratta di "Jugonostalgia", bensì "della prova che il Montenegro rimane fedele al suo orientamento anti-fascista".

Oggi il monumento restaurato, non è infatti nuovo ma era rimasto nel magazzino di una caserma di Podgorica di proprietà del ministero della Difesa per quasi 30 anni, richiama poche attenzioni con una stradina di ciottoli di pochi metri quadri che ne indica il posizionamento all’interno di un parco vicino al fiume Morača.

Ironizzare sul passato

Il monumento a Tito è stato inaugurato il 19 dicembre 2018, nell’anniversario della liberazione di Podgorica nel 1945 dalle forze fasciste alla fine della Seconda guerra mondiale.

Anche la posizione della statua è simbolica: Tito ora si trova sul viale che prima prendeva il nome di Lenin e che ora riporta il nome dell’Ordine ortodosso di San Pietro di Cetinje. Vicino vi è il ponte Blažo Jovanović, denominato così in onore del primo Presidente del Parlamento del Montenegro (1976), mentre il viale taglia una strada nominata in onore di Ivan Milutinović, un eroe partigiano che ha dato il suo nome alla piazza principale della città quando questa si chiamava ancora Titograd, dal 1946 al 1992.

Tito ‘osserva’ anche il palazzo che prima apparteneva alla Lega dei Comunisti di Jugoslavia, ora di proprietà del Partito Democratico dei Socialisti del Montenegro, guidato da Milo Đukanović: questo partito rinunciò alla sua eredità comunista nel 1990 per diventare da un giorno all’altro un partito socialista.

Le contraddizioni apparenti nel far tornare in vita una statua di questo tipo, da parte di qualcuno il cui retaggio politico ha forgiato carriere che cercano di distanziarsi da ciò che era il passato, non sono passate inosservate da parte dei montenegrini.

"È ironico che il monumento di Tito sia stato eretto da coloro che hanno preso parte alla dissoluzione della SFRJ", ha dichiarato Predrag Nikolić, residente di Podgorica, a Kosovo 2.0, prima di aggiungere che i montenegrini, per quanto amino o odino i loro politici, sono abituati a scadenze a breve termine per quanto riguarda le ultime persone da "venerare". "Per quanto riguarda il monumento dedicato a Tito, persone all’interno del parlamento stanno già iniziando a dire che non starà lì ancora molto", ha affermato.

Il fatto che Tito sia stato rimosso precedentemente in modo che non fosse un promemoria per coloro che – recentemente – se ne vergognavano ma che ora lo celebrano, è ancora fonte di dolore per l’uomo che in Montenegro si è più battuto per preservare l’eredità della Jugoslavia.

Marko Perković presiede l’ong Consolato generale della SFRJ con sede a Tivat. Non era presente all’inaugurazione della statua e non l’ha visitata fino ad oggi. Perković e il suo Consolato Generale preservano la memoria della SFRJ rimarcando le date significative nella sua storia e ricordando ai cittadini montenegrini i valori della lotta anti-fascista e dei partigiani.

"Non ero presente all’inaugurazione perché trovo ipocrita che le persone che hanno denigrato Tito negli anni ’90 ora stiano innalzando una statua agli ordini di qualcun altro", ha affermato Marko Perković. "Non volevo farne parte. A Tivat  onoriamo Tito regolarmente, quindi non ci sono problemi da quel punto di vista, e non darò importanza a qualcuno perché era presente all’inaugurazione".

Perković ha sottolineato che in Montenegro ora ci sono molti "convertiti", persone che durante gli anni ’90 "erano contro Tito e denigravano la Jugoslavia, oltre che la fratellanza e l’unità", riferendosi ai valori di unità tra le persone e le nazionalità, valori centrali per Tito nella costruzione della Jugoslavia.

Perković afferma che le persone che ora stanno sostenendo la reintroduzione del monumento sono le stesse che prima "richiedevano la rimozione del monumento di cui si vergognavano, chiedendo di nasconderlo dalla vista delle persone".

Quando la città era ancora chiamata Titograd, il piedistallo era eretto al centro delle caserme militari di Masline, ma fu rimosso all’inizio degli anni ’90 e subito dimenticato nella stanza memoriale della 5° Brigata proletaria d’assalto.

"Un monumento su Tito non fu più ricostruito, ma la sua statua era presente alla luce del sole; finora ha avuto l’importanza di un oggetto di seconda mano, di cui si vergognavano e che hanno diffamato negli ultimi 30 anni," dichiara Perković, aggiungendo che una revisione della storia sta prendendo piede secondo i desideri di quelli al potere e "i loro interessi politici quotidiani".

"L’insurrezione del 13 luglio [del 1941, che iniziò in Montenegro sotto il controllo del Partito Comunista di Jugoslavia], AVNOJ [il Consiglio Anti-fascista per la liberazione nazionale della Jugoslavia], la Seconda Guerra Mondiale e Tito vengono tutti utilizzati ora perché apparentemente senza un sentimento anti-fascista non si può entrare nell’Unione europea e di conseguenza ora si comportano come anti-fascisti" afferma Perković. Quest’ultimo sottolinea inoltre che le dichiarazioni sull’ipocrisia e l’ideologia errante del governo sono dimostrate dall’apertura due anni fa di un cimitero tedesco vicino a Podgorica. Qui sono stati sepolti i resti di 64 soldati tedeschi, che hanno lottato contro i partigiani durante la Seconda guerra mondiale.

Il Partito Comunista Jugoslavo – fondato in Montenegro nel 2009 – insieme ad anti-fascisti, ha protestato il giorno dell’apertura del cimitero, non tanto per la sepoltura dei resti di coloro che erano stati dati per dispersi bensì per richiedere alle autorità montenegrine di prendersi cura dei cimiteri per i partigiani ormai abbandonati; alla fine della cerimonia, l’artista Tanja Maruša ha appoggiato un bouquet di garofani rossi a cinque punte, che simboleggiavano la stella partigiana.

La lotta ideologica

Tra coloro che si sono opposti al riposizionamento della statua per ragioni ideologiche ci sono anche rappresentanti di partiti politici in Montenegro che difendono i diritti della minoranza serba, primi fra tutti i parlamentari della coalizione del Fronte Democratico.

Questa coalizione raggruppa diversi partiti, tra cui quelli più nazionalisti della Nuova Democrazia Serba e del Movimento per il Cambiamento; due suoi parlamentari, Andrija Mandić e Milana Knežević, sono attualmente sotto processo per il tentativo di colpo di stato nell’ottobre 2016, che l’accusa sostiene sia stato pianificato per tenersi il giorno delle elezioni parlamentari.

Durante una discussione parlamentare dello scorso anno riguardante il posizionamento della statua, Mandić affermò che la statua di Tito era un simbolo della dittatura e ha esortato i suoi colleghi della coalizione a non andare verso quella direzione perché "ci sono migliori esempi nella nostra storia a cui ispirarsi".

"Fu un uomo di capacità modeste, un caporale austro-ungarico, un membro della 42esima divisione (chiamata anche "Devil’s Division", un’unità militare croata famosa per le spietate azioni sul territorio serbo durante la Prima guerra mondiale), che ha ricevuto due onorificenze per aver impiccato anziane serbe a Mačva", ha affermato Mandić ironicamente, inventando ed esagerando i dettagli ad effetto e chiedendo la reintroduzione della monarchia.

Il suo collega di partito, Slaven Radunović, ha mantenuto un comportamento simile, ma, mentre trattava del problema di Tito, ha anche affrontato quello del Kosovo. "State attenti a ciò che fate, soprattutto coloro che hanno sostenuto la decisione di erigere un monumento a Josip Broz a Podgorica", ha avvertito dal suo scranno in parlamento. Radunović ha puntualizzato che "in poche parole, lui è stato il motore propulsore per l’indipendenza del Kosovo. Nel 1974, ha adottato la costituzione che avrebbe poi permesso la secessione [nel 1974 una riforma costituzionale ha concesso maggiore autonomia alla Provincia Autonoma del Kosovo, che era una parte costituente della Repubblica di Serbia]." "Oltre ciò, è stato colui che ha proibito ai montenegrini e ai serbi che vivevano in Kosovo – quelli che sono stati in seguito perseguitati dal Balli Kombëtar [un movimento anti-comunista creato da albanesi provenienti da diversi stati, attivo durante la Seconda guerra mondiale] e gli occupanti del Kosovo – di ritornare in Kosovo dopo la guerra, ledendo direttamente alla sua struttura demografica."

Queste posizioni hanno trovato sostegno anche da parte del metropolita del Montenegro e del litorale, Amfilohije Radović, persona con una certa influenza in Montenegro. Il rappresentante della Chiesa ortodossa serba ha chiesto alle autorità di "non costruire il futuro del Montenegro basandosi su un fratricida", constatando che sarebbe meglio erigere una statua a Mussolini piuttosto che a Tito.

Dal momento in cui le intenzioni di esporre nuovamente la statua di Tito sono emerse, molti in Montenegro si sono chiesti "perché ora?" e vi sono state poche risposte coerenti.

La fretta nel prendere questa decisione e i problemi che ne sono derivati sono testimoniati dal fatto che il testo sotto la statua è stato cambiato solamente un giorno dopo la sua inaugurazione; il 18 dicembre, nella targa vi era scritto "Josip Broz Tito 1892 – 1980. I cittadini riconoscenti di Titograd e Podgorica," mentre, già il giorno dopo, il testo è stato diviso in due – una targa con il nome e l’anno ed una seconda, posta al lato destro di Tito, che esprimeva i ringraziamenti.

A parte la statua di Tito a Podgorica, molti monumenti sono stati inaugurati per il pubblico montenegrino negli ultimi anni, anche se sembra esserci poca coerenza nei messaggi trasmessi. A Nikšić, lo scorso mese, il presidente Milo Đukanović ha inaugurato una nuova statua dedicata ai Komitas, che lui ha descritto come "combattenti per la libertà del Montenegro durante l’occupazione autro-ungarica della Grande Guerra e difensori della dignità dello stato dopo il violento colpo di stato serbo del 1918."

L’ultimo progetto significativo per erigere una statua nella regione – quello ipercriticato di Skopje 2014 – ha lasciato la società macedone sola ad affrontare il dilemma su come procedere ora che i promotori sono stati destituiti dalle loro cariche. In futuro, i montenegrini sembrano essere nelle condizioni di dover affrontare simili perplessità su come rimediare all’eredità monumentale che stanno lasciando gli attuali leader politici.

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