T[]ismo in Caucaso, in cerca di strategie

Dopo l’attentato dello scorso 9 settembre al mercato di Vladikavkaz, nuove tensioni tra Ossezia e Inguscezia. Nella regione, il numero di attentati non accenna a diminuire. Il Cremlino cerca una via d’uscita con una strategia di lungo periodo che dovrebbe cambiare il volto della regione entro il 2025

06/10/2010, Giorgio Comai -

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Un check point all'ingresso della repubblica di Karačaevo-Circassia (foto di G. Comai)

Lo scorso 9 settembre, un’autobomba ha colpito il mercato centrale di Vladikavkaz, causando 19 vittime e quasi 200 feriti. La macchina “Volga” utilizzata per l’attentato proveniva dalla vicina Inguscezia, e come era già avvenuto in seguito alla tragedia della scuola di Beslan del 2004, l’esplosione del 9 settembre ha subito portato all’inasprimento delle tensioni tra osseti e ingusci.

L’11 settembre ha avuto luogo di fronte al palazzo del governo nella piazza centrale di Vladikavkaz una manifestazione a cui hanno partecipato circa duecento persone richiedendo “maggiore sicurezza” e facendo riferimento al pericolo di attentatori provenienti dalla vicina Inguscezia. Il 13 settembre alcune centinaia di persone si sono mosse inneggiando slogan nazionalistici in direzione di Karca, un centro alla periferia di Vladikavkaz abitato prevalentemente da ingusci. Solo l’intervento deciso della polizia ha permesso di disperdere la folla.

Il 15 settembre durante una nuova manifestazione a Vladikavkaz, alcuni degli organizzatori hanno comunicato il contenuto di una lettera aperta alle autorità locali e federali in cui si richiede un rafforzamento dei controlli ai confini con l’Inguscezia e il blocco del programma di reinsediamento in Ossezia del nord di cittadini ingusci che avevano dovuto abbandonare le loro case in seguito al conflitto del 1992 nel Prigorodnyj rajon.

A quasi un mese di distanza dall’incidente, la situazione sembra essersi tranquillizzata, ma in questi giorni è continuato un dibattito che ha coinvolto leader e attivisti di Ossezia del Nord, Ossezia del Sud e Inguscezia. I messaggi concilianti dei presidenti di queste repubbliche e la partecipazione di Yunus-bek Yevkurov, presidente dell’Inguscezia, alle cerimonia per il festeggiamento dei “20 anni di indipendenza dell’Ossezia del Sud” non sono bastati a placare le polemiche.

Gli attentati continuano

A differenza di Daghestan, Inguscezia e Cecenia, Vladikavkaz si trova in una regione dove attentati, attacchi a rappresentanti delle forze dell’ordine e azioni di polizia su ampia scala non sono un evento quotidiano. Anche per questo l’attentato al mercato ha avuto ampia risonanza sia localmente sia a livello di media federali. Negli ultimi mesi si sono comunque registrate una serie di esplosioni anche in altre zone del Caucaso generalmente considerate più tranquille. Attentati “minori” che però sono chiaro segnale dell’instabilità di cui la regione nel suo complesso è vittima.

Ad esempio, la notte tra il 18 e il 19 settembre, alle 3.50, un’esplosione ha fermato un treno locale sulla tratta Mineral’nye vody – Nevinnomyssk, nel territorio di Stavropol’, circa 300 km a nord-est di Vladikavkaz. Il treno non aveva passeggeri, non si è registrata nessuna vittima, ma le indagini hanno confermato che si è trattato di un attentato realizzato con lo stesso metodo che negli scorsi mesi ha portato in più occasioni all’interruzione di linee ferroviarie in Daghestan.

Il Caucaso del nord. In rosso, il Prigorodnyj rajon

Più serio invece l’attentato che ha colpito lo scorso 17 agosto Pjatigorsk, una tranquilla località termale di cura situata nel sud della Russia. Nel viale centrale della città, molto frequentato da pazienti dei sanatori e da vacanzieri che usano Pjatigorsk come località di partenza per poi visitare le località di montagna della Kabardino-Balkaria o della Karačaevo-Circassia, è esplosa un’autobomba. Probabilmente anche grazie a un acquazzone che spinto molti passanti a fermarsi nei numerosi bar e ristoranti che costellano il viale, l’esplosione ha causato oltre 40 feriti, ma nessuna vittima.

Il 30 settembre è stata ritrovata e disinnescata una bomba in un auto nel centro di Stavropol’. Secondo le indagini, gli autori potrebbero essere gli stessi dell’attentato di Pjatigorsk.

Questi non sono casi isolati. Secondo Artem Mel’nikov, capo della procuratura generale del distretto federale del Caucaso del nord, al 22 settembre si registravano già 246 “reati di tipo t[]istico” nel solo Caucaso settentrionale.

Visita la galleria fotografica "Pjatigorsk"

Ai confini tra tutte le regioni e le repubbliche del Caucaso del nord, incluse quelle come territorio di Stavropol’ e territorio di Krasnodar che si trovano più lontano dalle zone dove t[]isti e ribelli attaccano più frequentemente, ci sono dei punti di controllo. Spesso autobus e auto vengono fermati solo per un controllo sommario dei documenti, a volte non avviene neppure questo, ma permane comunque la sensazione di oltrepassare un confine. In alcuni casi, i controlli sono molto più rigidi, come nel caso del check point situato al confine amministrativo tra Ossezia del Nord e Inguscezia, dove la verifica dei documenti è più attento e in alcuni casi vengono perquisiti bagagli e mezzi di trasporto. Anche per le strade dell’Inguscezia sono frequenti i posti di blocco e pattuglie delle forze dell’ordine armate pesantemente sono ben visibili ai lati delle strade. Ciononostante, il numero di attentati in questa regione non accenna a diminuire.

La strategia per il 2025 di Khloponin

Che i problemi del Caucaso non si possano risolvere con più forze dell’ordine oppure chiudendo i confini tra le regioni come chiedevano alcuni dei partecipanti alle proteste di Vladikavkaz di metà settembre, sembra sia chiaro anche a una parte della leadership russa.

Da mesi infatti il vice-primo ministro della Federazione Russa Aleksandr Khloponin, nominato dal presidente Medvedev a capo del distretto federale del Caucaso del nord, parla dell’importanza di cambiare approccio nei confronti della regione. Le proposte di Khloponin hanno trovato espressione in un dettagliato documento di 116 pagine sottoscritto dal primo ministro Vladimir Putin e presentato lo scorso 29 settembre al Consiglio della Federazione, la camera alta del parlamento russo.

È un piano di sviluppo di lungo periodo, che pone degli obiettivi ambiziosi da raggiungere entro il 2025, tra cui quadruplicare il budget delle regioni facenti parte del distretto federale del Caucaso del nord, aumentare di due volte e mezzo lo stipendio medio dei cittadini, creare oltre 400.000 posti di lavoro. La strategia ha al suo centro sviluppo delle infrastrutture, in particolare quelle turistiche, politiche mirate a sostenere l’imprenditoralità giovanile e nuovi schemi per garantire gli investimenti di compagnie private disposte ad operare nella regione. Ma si parla anche di qualità della vita, di questioni ambientali e dell’importanza di stabilire relazioni interetniche pacifiche in un territorio dove nessun gruppo etnico è maggioranza (i russi sono poco meno del 30% della popolazione del distretto federale, seguiti dai ceceni con il 16%).

Nelle 116 pagine della strategia, che descrivono puntualmente i problemi della regione (a partire da estremismo, t[]ismo e disoccupazione), non si trova però alcun riferimento a episodi di violenza e abusi commessi dalle forze dell’ordine, questioni relative alla difesa dei diritti umani o problemi riguardanti la libertà dei media.

Un’occasione mancata da Khloponin per dare un segnale di rinnovamento più profondo.

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