Tiepida reazione del governo sloveno sulle foibe
Il giornalista sloveno Andrej Brstovsek (Dnevnik) descrive l’imbarazzo del governo di Ljubljana nell’affrontare la questione delle foibe, a seguito della messa in onda del controverso sceneggiato italiano "Il cuore nel pozzo". Riconciliazione simbolica tra Italia, Slovenia e Croazia?
Di Andrej Brstovsek*, Ljubljana, Transitions Online, 2 marzo 2005 (titolo originale: "Moving on?")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall’Asta
Ljubljana, Slovenia – Un film italiano, massicciamente pubblicizzato, sulle uccisioni di civili italiani alla fine della Seconda Guerra Mondiale in quella che allora era la Jugoslavia ha irritato molti in Slovenia e rendendo tesi i rapporti tra i due Paesi. "Il Cuore nel Pozzo" è stato largamente condannato in Slovenia per il suo rappresentare i partigiani jugoslavi come criminali, senza considerare le circostanze in cui avvennero i fatti.
Il dibattito che si è innescato a causa del film mostra che i due Paesi non hanno mai raggiunto una vera riconciliazione e non riescono neppure ad avere una visione concorde su quanto esattamente accadde prima, durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale.
"Io volevo fare una semplice storia. Il fine non era quello di dare un messaggio politico," dice il regista, l’italiano Alberto Negrin. Il film mostra immagini di famiglie messe davanti ai plotoni d’esecuzione dei partigiani italiani e jugoslavi, bambini italiani che strillano per essere stati separati dalle madri e civili uccisi che vengono gettati nei pozzi carsici della Slovenia e della Croazia, le fojbe o foibe.
Il film non parla dei crimini commessi dai fascisti in quelle zone.
Una nuova vacanza romana
Se Negrin voleva fare un film non-politico, ha ottenuto il risultato opposto. In Italia, il film ha ricevuto l’esplicita approvazione di Alleanza Nazionale, partito della coalizione di governo del Primo Ministro Silvio Berlusconi, che affonda le sue radici nei fascisti di Mussolini. "Dobbiamo estrarre da un abisso di menzogne una verità nascosta dall’imposizione di un pregiudizio culturale", ha detto il ministro italiano delle Comunicazioni Maurizio Gasparri, membro di Alleanza Nazionale, come riportato dalla Reuters.
Il film, in due parti, è stato trasmesso in prima visione sulla televisione di Stato italiana appena prima del 10 febbraio, una nuova festività nazionale che commemora le vittime delle foibe. Milioni di Italiani lo hanno visto – e anche un buon numero di Sloveni si sono sintonizzati.
La reazione politica da parte dei vicini ad est dell’Italia è stata immediata e decisa.
Tra i primi a replicare sono stati i veterani sloveni e croati della Seconda Guerra Mondiale, che hanno accusato il regista Negrin di essere prevenuto e di cercare di dipingere l’Italia come vittima mentre in effetti essa fu l’aggressore.
"Le forze d’occupazione italiane uccisero e violentarono, ciò che causò rappresaglie. Le vendette sono sempre state cieche," ha detto Janez Stanovnik, presidente dell’associazione slovena veterani della Seconda Guerra Mondiale. Ha detto che era una "enorme menzogna" sostenere che gli Italiani furono uccisi per il solo fatto di essere Italiani.
Anche senza il film, la nuova festività italiana avrebbe creato qualche perplessità in Slovenia. È probabile che il parlamento sloveno risponderà proclamando una nuova festività slovena, che celebrerà l’annessione alla Slovenia della regione costiera di Primorje, che un tempo era italiana.
È un fatto storico incontrovertibile che molti Italiani furono uccisi in Slovenia e Croazia dopo la guerra – le stime sul loro numero variano da 1.700 a 10.000. Molti Italiani abbandonarono il territorio anche per paura di rappresaglie, oppure perché non volevano vivere in uno Stato comunista.
Ma sia i veterani che gli storici sostengono che, mentre è importante ammettere ufficialmente le uccisioni e le espulsioni, bisogna anche considerare le circostanze in cui ebbero luogo. Già prima della Seconda Guerra Mondiale, l’Italia perseguiva una politica d’aggressione verso l’Istria (ora divisa tra Croazia e Slovenia) e la Dalmazia (oggi parte della Croazia) e poi occupò la maggior parte di quei territori durante la guerra.
Nel dopoguerra, diversi trattati tra Italia e Jugoslavia affrontarono il problema dei cittadini italiani fuggiti alla fine della guerra. Gli accordi obbligavano il governo italiano a rimborsarli delle proprietà abbandonate in Jugoslavia; questi rimborsi erano considerati altresì come un indennizzo italiano per i danni di guerra in Jugoslavia.
Ma nonostante la definizione legale della questione, l’argomento non trovò mai un accomodamento politico.
Di fronte alla minaccia italiana di porre il veto all’inizio dei negoziati per l’adesione della Slovenia all’UE, a metà degli anni ’90, la Slovenia dovette firmare uno speciale accordo con l’UE con il quale apriva i suoi mercati immobiliari ai profughi italiani.
Nello stesso periodo, sia la Jugoslavia che la Slovenia (che divenne indipendente nel 1991) tentarono di occuparsi della minoranza italiana rimasta sul territorio. Uno dei 90 seggi nel parlamento sloveno è riservato ad un rappresentante della minoranza italiana (un altro è riservato ad un rappresentante della minoranza ungherese), e l’ Italiano è lingua ufficiale nelle aree dove vive la minoranza italiana.
Jansa in una difficile posizione
Ma la questione va oltre i diritti di una minoranza o i risarcimenti per le passate ingiustizie, e per la perdita di proprietà immobiliari, benché tutti questi aspetti siano stati sollevati dalle famiglie di coloro che furono uccisi o abbandonarono il Paese. In questo caso si tratta anche di ricostruire correttamente questa pagina di storia – e di essere capaci di superarla e passare oltre.
Mentre l’attuale governo italiano di centro-destra, che ha sostenuto il film, raccoglierà probabilmente dei benefici dal rivisitare il passato, la nuova coalizione di governo di centro-destra in Slovenia si trova in una situazione scomoda. Non è più solo una questione di rapporti bilaterali, ma anche di politica interna. I critici accusano il governo sloveno di essere stato lento nel reagire perché la sua posizione anticomunista gli rende difficile difendere i partigiani comunisti.
Un certo numero di personaggi pubblici hanno fatto pressione sul Primo Ministro Janez Jansa e sul Ministro degli Esteri Dimitrij Rupel perché replicassero al film. Il leader dei Socialdemocratici, all’opposizione, Borut Pahor, ha suggerito di inviare una nota diplomatica a Roma. Il governo dapprima ha sostenuto che un film non poteva essere una base per discutere di relazioni bilaterali, ma ha cambiato atteggiamento dopo che la televisione slovena ha deciso di trasmettere il film – ed ha riportato un record di ascolti.
Il governo ha emesso una dichiarazione che esprimeva il desiderio che l’Italia si confrontasse in maniera critica con il suo passato, e riaffermava che il governo rifiutava ogni interpretazione della storia recente che fosse pregiudiziale o politicamente motivata. Questo poteva anche essere visto come una critica del regime comunista jugoslavo e della sua versione dei fatti.
Il tono conciliante sembra avere avuto qualche effetto. Un sottosegretario del Ministero degli Esteri italiano ha menzionato la possibilità che rappresentanti dei tre Paesi possano firmare una "riconciliazione simbolica", presumibilmente nel corso di un summit tra Berlusconi, il Presidente sloveno Drnovsek, e il Presidente Croato Stipe Mesic.
D’altra parte, come ha detto Stanovnik della associazione slovena veterani, la riconciliazione è una questione di coscienza personale. E se a questa coscienza non è stato fatto un esame negli ultimi sessant’anni, è poco probabile che ciò possa accadere ora.
*Andrej Brstovsek è un giornalista del quotidiano di Ljubljana "Dnevnik"