Tensione a Vukovar

Migliaia di hooligans si radunano a Vukovar per protestare contro un episodio di vandalismo causato in febbraio da alcuni giovani serbi. Paura ma nessun incidente nella città simbolo della guerra degli anni ’90. Il resoconto del nostro corrispondente

05/03/2008, Drago Hedl - Osijek

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La curva dei Bad Blue Boys

Più di 500 poliziotti hanno impedito un possibile scontro interetnico a Vukovar, città della Croazia orientale, dove domenica 2 marzo sono giunti circa 3.000 hooligans da tutto il Paese. I tifosi non erano arrivati in questa città, i cui abitanti hanno sofferto duramente nel corso della guerra di dissoluzione della Jugoslavia, per assistere ad una partita, ma per esprimere il sostegno ai croati del luogo dopo l’incidente avvenuto il 13 febbraio scorso, quando un gruppo di giovani serbi aveva demolito il Centro studentesco. In quell’occasione, una ventina di finestre e i vetri delle porte d’entrata erano stati distrutti al grido di "Questa è Serbia", tra insulti e offese indirizzati al primo presidente croato Franjo Tuđman.

La polizia è subito intervenuta arrestando i giovani vandali, e i rappresentanti della comunità serba di Vukovar hanno condannato l’attacco, così come il vicepresidente del governo, Slobodan Uzelac, membro del Partito indipendente democratico serbo (SDSS), il più forte partito politico serbo in Croazia. Questo, evidentemente, non è stato sufficiente, e due gruppi di tifosi – i Bad Blue Boys della Dinamo di Zagabria e i Torcida dell’Hajduk di Spalato, hanno reso noto di voler arrivare in massa a Vukovar per esprimere sostegno ai croati del luogo, ritenendo di essere stati minacciati nella loro patria. Già noti per gli incidenti negli stadi, il loro arrivo ha fatto presagire la possibilità di un serio conflitto con gli appartenenti alla minoranza serba della città, numericamente di poco inferiori ai croati.

Si è minacciato così il pericolo di un serio incidente interetnico, che avrebbe rovinato tutti gli sforzi del governo per la convivenza nella città che, 17 anni fa, era stata tenuta sotto assedio per mesi dalle unità serbe e dai membri dell’allora Esercito popolare jugoslavo (JNA) e in cui, dopo la sua caduta il 18 novembre 1991, era avvenuto il massacro di feriti e prigionieri e più di 260 croati erano stati uccisi. Anche se le ferite a Vukovar sono ancora aperte, i rapporti tra le due etnie si stanno ristabilendo e nella città non ci sono stati incidenti più gravi di quello dei giovani serbi che, a metà febbraio, hanno demolito il Centro studentesco.

La risposta non si è fatta attendere, e non è arrivata da Vukovar, ma da Zagabria. I capi delle tifoserie hanno annunciato la marcia su Vukovar, e quando la voce è arrivata ai gruppi di giovani serbi della città, sui muri sono apparse scritte in cirillico, l’alfabeto usato dai serbi, come "Delija", nome dei tifosi della Stella Rossa di Belgrado. La tensione a Vukovar è cresciuta, così come la paura di possibili pericolosi incidenti.

Quando domenica mattina hanno cominciato ad arrivare pullman e auto dei gruppi di tifosi, le forze di polizia hanno bloccato l’entrata a Vukovar. Hanno controllato attentamente ogni persona ed ogni mezzo e, quando alle 11 è iniziata la manifestazione, hanno seguito il corteo fino alla croce situata sulle rive del Danubio in commemorazione delle vittime di Vukovar. Anche se tutto si è svolto in tono pacifico, gruppi più piccoli di tifosi hanno urlato "Uccidi, uccidi i serbi", e alcuni hanno cantato "Oh madre Croazia, sgozzeremo i serbi" e "Si combatte la battaglia, sventola la bandiera ustascia". La polizia ha ripreso con più telecamere l’intero gruppo, ha segnalato i più chiassosi, contro cui saranno presentate, come reso noto, delle denunce.

Il consolato della Repubblica Serba a Vukovar è stato posto sotto stretto controllo della polizia perché ritenuto obiettivo principale dell’attacco. Le forze dell’ordine hanno impedito l’accesso a locali e alberghi e la maggior parte dei negozi, in particolare quelli di proprietà dei cittadini serbi, è rimasta chiusa per paura di saccheggi e aggressioni da parte dei tifosi.

"Temevo che i tifosi potessero capitare nel mio negozio e ho ritenuto che fosse più intelligente non tenere aperto domenica", ha detto un commerciante membro della minoranza serba di Vukovar. Ma la sua paura era infondata perché la polizia ha vigilato attentamente sui giovani più aggressivi. Questi si sono perfino lamentati perché a causa dell’intervento della polizia sono rimasti affamati e assetati, e si sono risentiti con i rappresentanti delle autorità locali perché nessuno si è rivolto a loro e ha sostenuto il loro arrivo a Vukovar.

Un numero insignificante di abitanti della città si è unito ai tifosi provenienti dalle diverse zone della Croazia. "Loro vanno e vengono, fanno spettacolo, e noi dobbiamo continuare a vivere qui insieme a loro", ha detto un croato del posto, dopo che i circa 3.000 hooligans domenica pomeriggio hanno lasciato la città. Tra i molti commenti dei lettori delle pagine web dei quotidiani, che hanno seguito con grande attenzione il viaggio dei tifosi a Vukovar, dominano coloro che denunciano questa visita.

"Probabilmente volevano mostrare ai serbi, che nelle dimostrazioni di Belgrado contro la dichiarazione d’indipendenza del Kosovo si sono coperti di vergogna, che anche in Croazia ci sono dei pazzi e dei primitivi, e ci sono riusciti", ha scritto un lettore. I tifosi dei club calcistici croati, invece, soddisfatti della loro "visita patriottica", fanno sapere che continueranno a seguire ciò che accade a Vukovar e annunciano nuove visite, se fosse necessario.

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