Suicidio di un testimone chiave
Il suicidio di Milan Babic, già presidente dell’auto-proclamata Repubblica serba di Krajina, avvenuto nella sua cella nel carcere di Scheveningen il 5 marzo 2006, priva l’accusa di un testimone chiave in numerosi processi contro alti funzionari serbi accusati di crimini di guerra
Milan Babic, l’ex leader dei serbi della Krajina, accusato dal Tribunale internazionale dell’Aia per crimini di guerra nella ex Jugoslavia e condannato alla pena di 13 anni per aver partecipato alle persecuzioni contro la popolazione croata tra il 1991 e il 1992, si è suicidato il 5 marzo scorso nella sua cella, verso le ore 18.30.
Il TPI ha confermato ieri la morte di Babic per suicidio. Il presidente del TPI Fausto Pocar ha ordinato un’indagine interna sulla morte del detenuto. Secondo le informazioni dell’emittente B92, la cella di Babic non era sorvegliata da telecamera, ma veniva controllata regolarmente ogni 30 minuti. L’ultima visita alla cella di Babic, alle ore 18.00, non aveva riscontrato alcun indizio che potesse far supporre ad un imminente suicidio.
La portavoce del Tribunale dell’Aia in Serbia e Montenegro, Aleksandra Milenov, ha dichiarato che "non c’era alcun indicazione che avrebbe potuto commettere una simile azione altrimenti sarebbe stato posto sotto stretta sorveglianza".
Milan Babic il 27 gennaio 2004 aveva riconosciuto la propria colpa e il pentimento davanti al tribunale, ammettendo di aver commesso crimini contro la popolazione non serba nella auto-proclamata Repubblica serba di Krajina.
Diversi giornalisti e giuristi consideravano Babic un testimone chiave in vari processi, in particolare contro l’ex presidente serbo Slobodan Milosevic contro il quale aveva già testimoniato in una serie di udienze. In questi giorni si trovava nel carcere di Scheveningen per testimoniare al processo contro Milan Martic, altro leader dei serbi di Krajina divenuto presidente della Repubblica serba di Krajina dopo aver ingaggiato una lotta per il potere contro il rivale Babic.
La testimonianza di Babic era attesa anche nel processo contro Franko "Frenki" Simatovic comandante dei Berretti Rossi, unità per le operazioni speciali, accusato di responsabilità per la pulizia etnica in Croazia, Bosnia e Kosovo. Ma non solo. Anche in quello contro Jovica Stanisic, ex capo dei servizi di sicurezza serbi, e contro il leader dei radicali serbi Vojislav Seselj.
Secondo quanto riporta IWPR, portale internet che segue regolarmente l’andamento dei processi all’Aia, "nel 2002 Babic aveva rivelato la complicità di Milosevic, descrivendo la struttura di comando parallela stabilita dalla polizia segreta di Milosevic". Avrebbe così confermato che i drammatici accadimenti dell’epoca non erano diretti da Knin, la capitale della Repubblica serba di Krajina, ma da Belgrado.
Babic aveva descritto come Belgrado avesse nel 1991 aiutato i serbi di Krajina a provocare la polizia croata con l’intento di coinvolgere l’Esercito jugoslavo (JNA) nel conflitto, dichiarando chiaramente che le rivolte in Croazia erano organizzate dalla leadership militare e politica di Belgrado.
"La strategia pubblica era di preservare la Federazione (Jugoslavia), e quella segreta era la creazione di forze paramilitari e causare l’intervento dell’Esercito jugoslavo in Croazia, con l’obiettivo di creare un singolo stato di tutti i serbi, a prescindere da come sarebbero risultati i confini della Repubblica. Quella era la politica di Milosevic", aveva dichiarato Babic in una recente testimonianza.
Biljana Kovacevic – Vuco, presidentessa del Comitato degli avvocati per i diritti umani, ha dichiarato all’agenzia Beta che il suicidio di Babic rappresenta "un grosso problema. Milan Babic era uno dei testimoni chiave per quanto accaduto in Croazia. Egli appartiene alla categoria dei testimoni collaboratori-pentiti e ha giocato un ruolo determinante nel chiarimento di quegli avvenimenti".
Il Tribunale dell’Aia è rimasto senza un testimone prezioso e fondamentale nei processi contro Jovica Stanisic, Franko Simatovic e Vojislav Seselj, dichiara il giornalista del settimanale "Vreme", Filip Svarm.
"Milan Babic era un testimone chiave della procura del Tribunale dell’Aia. Egli fu vicino a tutte le fonti del potere che presero decisioni tra il 1991 e il 1995, conosceva molto bene Milosevic, Karadzic e altri. Infine è il più alto funzionario che ha parlato del ruolo dei servizi di sicurezza statali nella Krajina e in Bosnia, dal 1991 al 1995. Proprio la sua testimonianza contro Milosevic in buona parte aprì il vaso di Pandora sul ruolo dei servizi di sicurezza negli accadimenti della Krajina", ha commentato il giornalista Filip Svarm a B92.
Dichiarazioni di segno contrario giungono invece dall’Associazione dei serbi di Croazia, la quale considera che il suicidio dell’ex premier dell’auto-proclamata Repubblica serba di Krajina è avvenuto dopo che Babic "ha avuto una presa di coscienza a causa delle false testimonianze rilasciate durante i processi presso il Tribunale dell’Aia". Nel comunicato di questa associazione, secondo quanto riporta il quotidiano fiumano "Novi list", si legge che la morte di Babic "è la prova che le sue testimonianze erano state estorte e che per questo non possono servire da prove nei processi presso il Tribunale dell’Aia".
Anche il direttore del centro di documentazione "Veritas", Savo Strbac ha dichiarato che i dati che Babic ha portato in tribunale "non corrispondono ad una completa verità e molti sono connotati dai conflitti interpersonali che aveva con gli accusati contro cui ha testimoniato"
L’ammissione della colpa da parte di Babic aveva suscitato parecchie polemiche in Croazia, mentre in Serbia lo stesso veniva visto dagli ambienti nazionalisti come un traditore. Lo stesso Babic aveva ripetutamente avvertito che la sua collaborazione con il TPI dell’Aia aveva provocato numerose minacce contro lui e la sua famiglia.
Il suicidio di Milan Babic non è il primo al Tribunale dell’Aia. Prima di Babic ci fu il suicidio dell’ex sindaco del comune di Vukovar, Slavo Dokmanovic, impiccatosi nella sua cella il 29 gennaio 1998. Dokmanovic era accusato dei delitti commessi nella fattoria di Ovcara, novembre 1991, per i quali all’Aia si sta conducendo il processo contro gli ufficiali dell’Esercito jugoslavo (JNA) Veselin Sljivancanin, Milet Mrskic e Miroslav Radic.