Strategie di palazzo

In Albania a più di tre mesi dalle elezioni la formazione del governo Berisha 2 altera gli equilibri tra maggioranza e opposizione parlamentare. Le strategie, le alleanze e gli umori dei partiti albanesi sotto lo sguardo distratto della Comunità internazionale

07/10/2009, Marjola Rukaj -

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konstelacioni fantastik/flickr

Dopo il lunghissimo spoglio elettorale, in Albania è stato formato il governo Berisha 2. I prossimi quattro anni saranno caratterizzati dallo stesso programma politico, all’insegna di grandi investimenti, e della continuità promessa dal premier in sede elettorale. Gli analisti albanesi ritengono che il paese cambierà poco rispetto alla scorsa legislatura, ma le elezioni dello scorso 28 giugno hanno completamente alterato la scena politica albanese sia all’interno della maggioranza al potere, sia tra le fila dell’opposizione.

La formazione del governo Berisha 2 è stata resa pubblica con tempi molto lenti dopo una lunga consultazione sulla spartizione dei ruoli chiave nel consiglio dei ministri. Si è trattato di un vero e proprio gioco di strategia che ha lasciato scontenti non pochi alleati storici del Partito democratico di Sali Berisha, in funzione delle nuove alleanze che il premier è stato costretto a stabilire per ottenere la maggioranza al parlamento.

Con particolare riguardo è stato trattato il partito LSI di Ilir Meta che ha sconfessato il proprio orientamento di sinistra per allearsi con il PD di Berisha all’indomani delle ultime elezioni. L’azzardata manovra politica si è tradotta in ben due cariche per il leader dell’LSI, Ilir Meta, che sarà per i prossimi quattro anni ministro degli Esteri, oltre che vice premier e braccio destro di Berisha. Entrambe le cariche molto ambite e daranno al piccolo partito di Ilir Meta un ruolo chiave nella prossima legislatura. Ma è difficile prevedere quanto possa incidere sulle decisioni di Berisha la presenza di uno dei leader della sinistra.

Mentre rimangono pressoché invariati gli altri membri del governo ha stupito e ha scaturito non poco scalpore il ritorno al potere dell’ex ministro della Difesa Fatmir Mediu, sotto inchiesta dopo la tragedia di Gerdec del marzo 2008. Per i prossimi quattro anni Mediu sarà a capo del ministero dell’Ambiente. A distanza di un anno e mezzo la questione dell’esplosione del deposito d’armi è lontano dall’essere chiarita e a causa di numerosi ritardi Mediu e gli altri imputati hanno ottenuto numerose agevolazioni da parte della magistratura.

Il ritorno al potere di Mediu è stata interpretata come un’offesa alle vittime della tragedia. In tal modo Fatmir Mediu riuscirebbe ad aggirare facilmente le accuse grazie alla riacquisita immunità politica. Alla domanda dei giornalisti su tale inauspicabile ritorno al potere dell’ex ministro, il premier Berisha ha risposto freddamente: "I miei ministri non hanno immunità" rispolverando il suo slogan di mani pulite di qualche anno fa.

Sono rimasti scontenti il neoformato partito della comunità çam che ha regalato il suo unico deputato alla risicata maggioranza di Berisha; e il partito rappresentante della minoranza greca che anche quest’anno ha trovato modo di schierarsi dalla parte dei vincitori. Ma a causa delle scarse risorse e della grave crisi economica che affligge il paese, il prossimo governo non sarà arricchito di nuove cariche governative inventate ad hoc come puntualmente avvenuto in passato. "Non ci sono solo i ministri nel governo – ha tranquillizzato Berisha – esistono anche altre cariche altrettanto appetibili nei ministeri".

La novità di questa legislatura è proprio, per la prima volta, la formazione di un partito che mira a farsi portavoce della comunità çam, popolazione albanese proveniente dalla Grecia settentrionale, rifugiatasi in Albania dopo i massacri per opera di estremisti greci durante la Seconda guerra mondiale. Il Partito per la giustizia e l’integrazione (PDI) ha cercato di accogliere attorno a sé i politici di origine çam attivi in altre formazioni politiche. Ma dopo lunghi dibattiti, il risultato è stata la formazione di un secondo partito che si fa altresì portavoce della comunità çam, fondato da un socialista di origine çam Shpetim Idrizi. Anche il secondo partito çam, il Partito per la democrazia e l’unità (PDU) ha scelto di schierarsi dalla parte di Berisha, per poter in tal modo ottenere un ruolo chiave nella politica estera albanese e rendere finalmente pubbliche le rivendicazioni della comunità çam in Albania, per lo più incentrate sui diritti di proprietà nel territorio ellenico e di cittadinanza greca.

La comunità çam accusa puntualmente la politica estera albanese di trascurare tale questione e di mostrare posizioni eccessivamente remissive nei confronti del vicino meridionale. Nonostante la motivazione politica dei due partiti çam, è difficile prevedere un’affermazione ufficiale delle rivendicazioni di tale comunità in politica estera, dato le negative conseguenze che ciò comporterebbe nei rapporti tra Grecia e Albania, senza escludere il rallentamento della già difficile integrazione europea del paese. Per ora, di sicuro, rimane la partecipazione di alcuni politici di origine çam nella spartizione delle cariche governative per i prossimi quattro anni.

Le elezioni dello scorso 28 giugno si sono tradotte in un duro colpo per la sinistra albanese. Presentatasi alle urne divisa, proprio come nel 2005, la crisi è degenerata persino tra le fila del Partito Socialista. All’interno del PS in seguito alla perdita delle elezioni è venuto a formarsi un gruppo di membri che ritenevano responsabile della perdita il leader Edi Rama. Il gruppo, con a capo principalmente Ben Blushi e Arben Malaj, ha chiesto le dimissioni di Rama e l’elezione di un nuovo leader.

Il congresso straordinario del partito e le primarie hanno però riconfermato alla carica l’attuale sindaco di Tirana, Edi Rama, mentre i due principali rivali si sono ritirati prima ancora che avessero luogo le primarie del partito. Rama ha vinto con una maggioranza schiacciante, di più del 90%, anche se si è verificata l’astensione dal voto di una parte non irrisoria dei membri del partito. Nonostante la crisi che ha indiscutibilmente afflitto il partito socialista, incapace per ora di rimettersi in discussione e di correggere le strategie con cui si è presentato alle scorse elezioni, non è emersa nessuna personalità politica, dall’allontanamento di Fatos Nano, in grado di poter oscurare il carismatico leader.

Fatos Nano si è tradotto in un fantasma ingombrante. Nonostante lo scredito politico subito con le elezioni del 2005, ormai rimasto senza alcuna carica nella politica albanese, Nano appare saltuariamente in pubblico lanciando messaggi estremamente negativi per il Partito Socialista. In due lunghe interviste rilasciate per la trasmissione "Opionon" del giornalista Blendi Fevziu su TvKlan, prima e dopo le elezioni, l’ex leader socialista non nasconde le sue ambizioni di ritorno in politica esprimendo apertamente la sua avversione nei confronti di Edi Rama. Di fatti erano note da tempo le sue intenzioni di rimettersi in ballo, candidandosi alla presidenza della Repubblica anche al costo di scendere a patti con l’ex rivale, Sali Berisha. Ma di recente Nano non ha esitato ad affermare che avrebbe intenzione di candidarsi persino alle elezioni locali di Tirana, mirando esclusivamente a mandare a casa Edi Rama. Non sono pochi gli analisti albanesi che attribuiscono all’ex leader le divisioni che sono sorte nel PS negli ultimi mesi.

Tre mesi dopo la chiusura delle urne, la regolarità delle elezioni rimane un problema irrisolto per l’opposizione. Il Partito Socialista ha stilato e reso pubblico un lungo rapporto in cui venivano denunciate numerose irregolarità verificatesi durante lo svolgimento delle elezioni e lo spoglio dei voti. Il PS ha deciso di boicottare il parlamento non ritenendo regolari le elezioni e non riconoscendo legittima la vittoria della formazione di Berisha.

In enorme ritardo è arrivata anche la valutazione degli osservatori internazionali, che in maniera laconica hanno riconosciuto il fatto che si sarebbero verificate delle irregolarità ma che nel complesso le elezioni costituiscono un passo avanti per il paese. Le denunce da parte dell’opposizione non sembrano aver colto l’attesa attenzione da parte degli osservatori internazionali, considerati in Albania quale unica autorità credibile e imparziale. La reazione risultata alquanto deludente, ha provocato per la prima volta una sorta di demistificazione della figura degli internazionali agli occhi dell’opinione pubblica albanese.

Sulla stessa scia è stato interpretato dagli analisti di Tirana la presa di distanza da parte dei rappresentanti internazionali dalla decisione di Edi Rama di non prendere parte ai lavori parlamentari. Ma il PS è deciso a porre resistenza, e oltre a non entrare in parlamento, programma di scendere in piazza.

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